L’Iss pubblica il quarto report di fila in cui, nella fascia 12-39 anni, risultano più ospedalizzati (anche in terapia intensiva) tra quelli che hanno fatto il richiamo che tra i vaccinati con due dosi da oltre 4 mesi. I dubbi dei medici: «Ai sani, troppe iniezioni ravvicinate».
L’Iss pubblica il quarto report di fila in cui, nella fascia 12-39 anni, risultano più ospedalizzati (anche in terapia intensiva) tra quelli che hanno fatto il richiamo che tra i vaccinati con due dosi da oltre 4 mesi. I dubbi dei medici: «Ai sani, troppe iniezioni ravvicinate».Se tre indizi fanno una prova, quattro report consecutivi dell’Istituto superiore di sanità dovrebbero almeno indurre le autorità politiche e sanitarie a rispondere a un pesante dubbio al quale da tempo ha dato voce il professor Francesco Broccolo (microbiologo, Università Milano Bicocca).Ricorderete che, sia su questo giornale sia nel programma Quarta Repubblica di Nicola Porro, Broccolo aveva fatto notare una significativa anomalia: «Nella fascia 12-39 anni, si osserva che i boosterizzati si ospedalizzano di più rispetto alle persone vaccinate solo con due dosi». Ancora sei giorni fa, intervenendo in tv da Porro e riferendosi agli ultimi tre report Iss, Broccolo aveva evidenziato una questione tutt’altro che da sottovalutare: nei dati relativi ai mesi di dicembre e gennaio, su 100.000 soggetti con terza dose, ne finivano in ospedale 27-28, mentre per quelli con due dosi da oltre quattro mesi, solo 24-26 erano stati ospedalizzati. Per l’esattezza nel report in quel momento più recente il dato delle ospedalizzazioni era di 27,1 (boosterizati) contro 26,5 (bivaccinati), mentre in quello precedente le cifre erano 28,3 (boosterizzati) contro 24,2 (bivaccinati). Tendenza chiara e ripetuta, come si vede.La novità delle ultime ore è che anche il report Iss appena uscito (quindi il quarto consecutivo) conferma questo trend. Se consideriamo sempre la fascia tra i 12 e i 39 anni, su 100.000 individui con terza dose gli ospedalizzati sono 24,4, mentre tra i vaccinati con due dosi da più di 4 mesi gli ospedalizzati sono 23,2. Non va meglio (sia pure con numeri ovviamente più piccoli) rispetto alle terapie intensive: tra i boosterizzati, questa sorte è toccata a 0,6 soggetti, mentre tra i bivaccinati a 0,5. E perfino sui decessi il dato è pari: 0,3 in entrambi i casi. Insomma, emerge un dubbio che pesa come un macigno sull’opportunità di un booster indiscriminato e generalizzato per quella fascia di età, se questo è l’esito in termini di ospedalizzazioni, terapie intensive e decessi. Per carità: su terapie intensive e decessi si tratta di numeri piccolissimi, di unità, e quindi la cosa può essere casuale; ma per le ospedalizzazioni in generale, su numeri ben più consistenti, non può essere una coincidenza. Ciò che i dati attestano per la quarta volta consecutiva - in altre parole - è che la terza dose non sembra produrre un beneficio per i più giovani. Una prima interpretazione fornita in tv da Broccolo è che «i ragazzi sono quelli che hanno fatto delle vaccinazioni più ravvicinate rispetto ai 60-70enni e la letteratura di quest’ultima settimana ci dice che il booster non ha un’efficacia nella protezione dall’infezione, ma anche dalla malattia, nel paziente naïve, che cioè non è stato infettato».Intendiamoci bene. Non si tratta - qui - di fare una polemica generica o ideologica su vaccinazione e non vaccinazione. Ma di guardare laicamente i dati suddivisi per fasce di età, e di non negare a priori ciò che le cifre suggeriscono. Ha avuto senso un campagna indiscriminata per la terza dose per tutte le età, anche per i più giovani? Ha avuto senso il fatto che la stretta sul green pass abbia indotto anche le persone di fascia di età non elevata a correre a fare il booster? Le cifre - in modo eloquente - non inducono a rispondere positivamente a queste domande. Broccolo ha anche evocato a più riprese il concetto di «anergia»: «La letteratura ci dice che dosi ravvicinate portano a un fenomeno di anergia. In sostanza il sistema immunitario entra in un meccanismo di tolleranza e continuando ad essere stimolato inizia a non rispondere a quell’antigene: tre dosi ravvicinate non si erano mai fatte nella storia della vaccinazione».E allora cosa si sarebbe dovuto fare? In primo luogo, a nostro avviso, essere cauti, adottare il principio di precauzione, anziché correre in modo generalizzato verso gli obblighi surrettizi (tramite green pass). In secondo luogo, e qui vale la pena di ridare la parola al professor Broccolo, differenziare le risposte: «Nella fascia 12-39 (il booster, ndr) l’avrei fatto solo ai pazienti fragili. Francamente, vi sto dando una risposta molto sincera. È uscita una ricerca che dimostra proprio questo: il booster non ha senso fatto nei guariti (guariti sia prima sia dopo la vaccinazione, ndr). Questa è un’altra popolazione che non prendiamo mai in considerazione: il guarito deve essere selezionato per un booster, dobbiamo valutare chi vaccinare, praticare la medicina di precisione, cioè selezionare chi boosterizzare, e non boosterizzare ad occhi chiusi che è quello che invece stiamo facendo in questo momento». Interpellata dalla Verità, la professoressa Maria Rita Gismondo (Ospedale Sacco, Milano) conferma e rilancia: «Mai sono state fatte tre vaccinazioni in un arco temporale così contenuto». E, quanto alla fascia 12-39, la microbiologa aggiunge: «Già per quella fascia di età il calcolo costi-benefici della vaccinazione propende sul lato dei costi: a maggior ragione sarebbe stato opportuno limitare il booster ai fragili». Il che produce una conseguenza ancora più deflagrante: con che coraggio alcuni parlano con tanta leggerezza di quarta dose se, almeno per una significativa fascia anagrafica, la terza non ha prodotto beneficio? Perché non se ne discute? E perché non si discute nemmeno sulla tempistica ravvicinata delle tre somministrazioni, fattore che sembra aver prodotto un esito tutt’altro che soddisfacente rispetto alle persone più giovani?Le autorità politiche e sanitarie avrebbero il dovere di rispondere.
Gertrude O'Brady.Il chiosco, s.d./LaM, Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut de Lille Métropole, Villeneuve d’Ascq© Philip Bernard
Dal Cubismo all’Art Brut, a Palazzo Zabarella di Padova in mostra (sino al 25 gennaio 2026) oltre 60 opere di 30 diversi artisti delle avanguardie del primo e del secondo dopoguerra, tutti provenienti dal LaM di Lille. Fra capolavori noti e meno conosciuti, anche cinque dipinti di Pablo Picasso e sei straordinarie tele di Amedeo Modigliani.
Susanna Tamaro (Getty Images)
La scrittrice Susanna Tamaro: «La società dimentica che la vita non ci appartiene, ma la morte non si affronta con le carte bollate. La lotta con il destino è essenziale perché dalla fragilità dell’esistenza è impossibile scappare».
Il punto di vista di Susanna Tamaro sul tempo presente è sempre originale. Nell’ultimo saggio, intitolato La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita (Solferino), sulla scorta dell’inventore dell’etologia, Konrad Lorenz, utilizza le osservazioni sulla natura e gli animali per studiare la società contemporanea. A ben guardare, però, questo memoir può essere letto anche come una lunga preghiera per lo stato del pianeta. «È così», ammette la scrittrice, «non condivido la tendenza all’angelicazione dell’uomo o a vederlo come frutto dell’evoluzione».
Il principale operatore della rete elettrica nazionale registra ricavi pari a 2,88 miliardi (l’8,9% in più rispetto al 2024) e accelera nei progetti Tyrrhenian Link e Adriatic Link, al centro della strategia per la decarbonizzazione. Aumenta il peso delle rinnovabili.
Nei primi nove mesi del 2025 Terna, principale gestore della rete elettrica nazionale, ha consolidato la propria posizione strategica nel settore, segnando un’intensa crescita economico-finanziaria e un’accelerazione significativa degli investimenti a supporto della transizione energetica. Il consiglio di amministrazione, guidato da Igor De Biasio e con la presentazione dell’amministratore delegato Giuseppina Di Foggia, ha approvato risultati che provano la solidità del gruppo e il suo ruolo determinante nel percorso di decarbonizzazione del Paese.
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
L’operazione Southern Spear lanciata da Washington fa salire il rischio di escalation. Maduro mobilita 200.000 militari, denuncia provocazioni Usa e chiede l’intervento dell’Onu, mentre l’opposizione parla di arruolamenti forzati e fuga imminente del regime.
Nel Mar dei Caraibi la tensione fra Venezuela e Stati Uniti resta altissima e Washington, per bocca del suo Segretario alla Guerra Pete Hegseth, ha appena lanciato l’operazione Southern Spear. Questa nuova azione militare è stata voluta per colpire quelli che l’amministrazione Trump ha definito come i narco-terroristi del continente sudamericano ed ha il dichiarato obiettivo di difendere gli Stati Uniti dall’invasione di droga portata avanti da questi alleati di Maduro. Intanto è stata colpita la 21ª imbarcazione, accusata di trasportare droga verso il territorio statunitense, facendo arrivare a circa 80 il numero delle vittime.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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