2023-04-13
Due missioni per frenare la fuga dalla Tunisia
Giancarlo Giorgetti e Antonio Tajani cercano di stabilizzare Saïed ed evitare l’assalto alla nostre coste. Dopo anni, Roma torna a riacquistare un ruolo nel Mediterraneo. Si tratta poi di convincere Biden sul prestito Fmi da 1,9 miliardi a Tunisi, scongiurando intese con Mosca e Pechino.Non si ferma l’impegno del governo italiano nel tentativo di stabilizzare la Tunisia. Ieri è arrivato a Roma il ministro degli Esteri tunisino, Nabil Ammar, che avrà oggi un bilaterale e una conferenza stampa congiunta con il titolare della Farnesina, Antonio Tajani. Era gennaio, quando quest’ultimo si era a sua volta recato a Tunisi, in compagnia del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, per incontrare il presidente tunisino, Kaïs Saïed. Non solo. Secondo Agenzia Nova, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha avuto ieri un bilaterale a Washington con l’omologo tunisino, Samir Saïed, mentre domani avrà un colloquio con il segretario al Tesoro americano, Janet Yellen. E proprio durante questo colloquio il titolare del dicastero di via XX Settembre affronterà probabilmente anche la questione del prestito da 1,9 miliardi di dollari del Fmi a Tunisi: prestito su cui l’amministrazione Biden, pur non dicendosi contraria, ha tuttavia finora posto dei paletti forse un po’ troppo stringenti. La buona notizia tuttavia è che, dopo anni, Roma sta finalmente tornando ad attuare una strategia organica per riacquistare un ruolo centrale nel Mediterraneo, affrontando sistematicamente il nodo migratorio sia sotto il profilo economico sia sotto quello geopolitico. Si tratta di un approccio fondamentale davanti a un quadro al momento tutt’altro che roseo. La Tunisia è attraversata da una grave crisi politica, sociale ed economica. L’inflazione è considerevole e i generi di prima necessità scarseggiano. Tutto questo, mentre lo scontro tra il presidente Saïed e il principale partito d’opposizione, Ennahda, si sta facendo sempre più aspro. Insomma, l’instabilità è elevata e ciò favorisce ingenti flussi migratori diretti verso le nostre coste. Questo spiega l’estrema attenzione del governo, guidato da Giorgia Meloni, al dossier tunisino e al tentativo di portare stabilizzazione nell’area. È anche per questo che l’Italia sta cercando di convincere gli Stati Uniti ad avere un approccio più morbido in sede di Fmi. Finora la freddezza americana sul prestito è stata dettata sia dalla volontà che Tunisi approvasse prima determinate riforme sia dal fatto che l’amministrazione Biden guarda con preoccupazione a Saïed. Ora, se è vero che l’attuale presidente tunisino presenta tratti tendenti all’autoritarismo (tratti che bisogna quindi attentamente monitorare), è altrettanto vero che Ennahda è un partito che ha legami con la Fratellanza musulmana. Quella stessa Fratellanza musulmana che fu di fatto spalleggiata dall’amministrazione Obama ai tempi delle cosiddette primavere arabe, che infiammarono il Nord Africa nel 2011. Un elemento, questo, piuttosto pericoloso. «Non possiamo abbandonare la Tunisia, altrimenti rischiamo di avere i Fratelli musulmani che rischiano di creare instabilità. Non ci possiamo permettere l’islamizzazione del Mediterraneo», ha non a caso dichiarato Tajani a fine marzo. Joe Biden e i dem americani dovrebbero capire in fretta che una Tunisia destabilizzata costituisce un rischio non solo per l’Italia, ma anche per la Nato e per gli stessi Usa. Proprio ieri, è stato annunciato che Damasco riaprirà la propria ambasciata in Tunisia, dopo che, a inizio aprile, Saïed aveva dato istruzioni per nominare un nuovo ambasciatore in Siria. Ricordiamo che la crisi diplomatica tra i due Paesi risaliva al 2012. È in questo quadro che, nei prossimi giorni, il ministro degli Esteri siriano, Faisal al Miqdad, dovrebbe recarsi in visita in Tunisia. Va ricordato, sotto questo aspetto, che la Siria è uno dei principali alleati mediorientali della Russia: una Russia che sta quindi aumentando indirettamente la propria influenza sulla Tunisia. Non solo. Pechino e Mosca stanno spingendo, affinché Tunisi aderisca ai Brics. Era inoltre lo scorso febbraio, quando Saïed, incontrando il locale ambasciatore cinese Wan Li, ha auspicato un rafforzamento della cooperazione con la Repubblica popolare. Se Pechino e Mosca dovessero consolidare la propria influenza sul Paese nordafricano, potrebbero ricorrere ai flussi migratori come strumento di pressione sul fianco meridionale della Nato. Ecco che dunque, al di là della crisi migratoria che già sta affrontando, l’Italia ha ottime ragioni per convincere Biden a promuovere una celere stabilizzazione della Tunisia. In questo senso, è verosimile che Giorgetti possa far presente tale urgenza alla Yellen domani. L’attuale Casa Bianca dovrebbe infine comprendere che lasciare il nostro Paese solo davanti alla presente crisi migratoria può rappresentare un problema per la Nato nel Mediterraneo. Washington non può fidarsi della Turchia di Recep Tayyip Erdogan, che sta rafforzando i suoi rapporti con Mosca. E non può contare neanche sulla Francia di Emmanuel Macron, che nel 2019 ha strizzato l’occhio al filorusso Khalifa Haftar in Libia e che, appena pochi giorni fa, ha scoperto definitivamente le carte sulle proprie posizioni filocinesi. Nel Mediterraneo, insomma, gli interessi dell’Italia e degli Usa sono legati a doppio filo. Speriamo solo che Biden lo capisca. E che lo faccia in fretta.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)