Se Mosca avesse voluto carpire notizie dal Centro di ricerche di Ispra avrebbe usato satelliti. Dubbi sul modello. La Procura apre un fascicolo. L’Ue: nessuna violazione.
Se Mosca avesse voluto carpire notizie dal Centro di ricerche di Ispra avrebbe usato satelliti. Dubbi sul modello. La Procura apre un fascicolo. L’Ue: nessuna violazione.Ci sono diverse cose che non tornano riguardo la notizia di un drone (velivolo a pilotaggio remoto), dichiarato essere di costruzione russa - in base a che cosa non si sa - che avrebbe volato ben cinque volte sul territorio italiano sopra il Centro europeo di ricerche di Ispra, nel Varesotto, poco lontano dagli stabilimenti di Leonardo. La notizia appare sul Corriere della Sera, ma prima ancora sui media svizzeri. Si scatena quindi una corsa nel riprendere e ripubblicare la notizia senza però aggiungere dettagli significativi. Le parole chiave sono «fabbricazione» e «russa», anche se nessuno ha una foto che mostri l’oggetto in volo, salvo qualche testata che si prende la briga di mettere in pagina un’immagine di un drone Zala, appunto di costruzione russa, con la sua tipica configurazione a «X» delle ali. Ma se i russi volessero proprio spiare l’ex Euratom di Ispra, con tutti i satelliti che hanno a disposizione, compresi quelli degli alleati cinesi e nordcoreani, che bisogno avrebbero di un drone? Domanda che ne fa sorgere una seconda: se a rilevare il drone è stato - come riportato - un sistema sperimentale presente nel centro di ricerche congiunte dell’Ue che però dopo cinque voli ancora non è riuscito a localizzare il pilota - che giocoforza trovarsi a poca distanza - se ne deduce che o i nostri sistemi anti-drone sono scarsi, oppure l’oggetto volante non usa canali radio per orientarsi ed essere pilotato. Oppure, che qualcuno sta cercando di creare l’esigenza di acquisire tali sistemi, come avvenne all’aeroporto londinese di Heathrow qualche anno fa, creando ad hoc l’emergenza. Intanto la Procura di Milano, coordinata dal procuratore Marcello Viola, ha aperto un fascicolo d’indagine: diversi i reati ipotizzati ma certamente quello di violazione di spazio aereo. Anche se l’Ue nega: «Non ci risultano violazioni». Un ulteriore mistero riguarda il tipo di drone: uno Zala è ad ala fissa, ovvero simile a un aeroplano, è relativamente veloce e può percorrere decine di chilometri. Ma per essere trasportato e schierato abbisogna di un sistema di controllo grande almeno quanto una valigia. E se questo fosse il caso, non si comprende come possa essere stato trasportato dalla Russia fino al punto di decollo senza essere stato trovato dai controlli doganali. Il costruttore Zala produce anche munizioni volanti, ovvero droni che oltre a una videocamera trasportano esplosivo e possono essere lanciati contro obiettivi terrestri. Ma che cosa ci sarebbe da distruggere o da mappare a Ispra? Al contrario, un multicottero - per intenderci, sembrano ragni e hanno diverse eliche - è molto lento e non può essere comandato da grandi distanze, ma è più facilmente trasportabile. Tornando alla pista svizzera, non è un segreto che la Confederazione abbia forti legami finanziari con la Russia, avendo, anche nel recente passato, attratto capitali e progetti, fino a essere luogo per la triangolazione di assetti significativi. In attesa dell’esito delle indagini, augurandoci che si tratti di uno sciagurato bontempone, c’è da chiedersi perché mai ci sia tutto tale interesse in un centro di ricerche europeo, a meno che lo scopo sia seguire «qualcuno» e non qualcosa. Infine, non sarebbe neppure la prima volta che il volo di un drone viene usato per ottenere una «stretta» sull’accesso allo spazio aereo che, guarda caso, in quella zona del Varesotto è molto ambito. Ma Euratom e il suo divieto di sorvolo esistono da oltre mezzo secolo. Nel frattempo interviene la politica, con la richiesta di interrogazioni parlamentari da parte di +Europa, di Italia Viva e Forza Italia. E in Europa, con l’eurodeputato Salvatore De Meo, membro della commissione Sicurezza e difesa del Parlamento europeo. Cercando di essere realisti: pensiamo davvero che dalla Guerra Fredda a oggi i russi non conoscano tale struttura? Peraltro essa è poco lontana dalla sede del Nato Rapid Deployable Corp Italy di Solbiate Olona (Va), dell’Alleanza Atlantica. Organizzazione che ha il suo sito web dedicato che ne descrive posizione e operazioni. E poi c’è sempre Google Maps, dove sia il Jrc di Ispra, sia il Nato Nrdc non sono neppure oscurati.
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