2021-05-23
Draghi ha in mente un’altra riforma e cercherà sponde nel centrodestra
Più che a nuovi tributi, il premier pensa ad alleggerire il carico fiscale ispirandosi al modello danese, citato a febbraio nel discorso in Aula. La Lega rilancia la flat tax.«Dopo Berlusconi e la timidezza del centrosinistra del passato, l'Italia sulla successione è diventata una sorta di paradiso fiscale. E questo ha contribuito a rendere la nostra società quella con il più alto grado di disuguaglianza e la più bassa mobilità sociale», ha detto a Repubblica il vicesegretario del Pd, Peppe Provenzano. Ma al netto delle sue dichiarazioni surreali, restano una certezza e un interrogativo. La prima è che Enrico Letta, con la proposta di finanziare una dote per i giovani tassando fino al 20% le eredità immobiliari che valgono 5 milioni, ha sbattuto contro la porta di Mario Draghi e si è scavato la fossa da solo anche all'interno del suo partito, ormai schiacciato nel ruolo di «tassatore». Non è passata inosservata la posizione di Andrea Marcucci, di Base riformista (l'area del Pd che fa riferimento a Lorenzo Guerini e Luca Lotti), che critica anche «tempi e modi» della proposta: «Ipotizzare nuovi ritocchi alla tassa di successione, nella fase di uscita della pandemia, è semplicemente un errore. In questo periodo dobbiamo lavorare tutti per far ripartire i consumi ed il turismo», ha detto venerdì. E non è l'unico nel partito a pensarla così. Letta però insiste. «Mi si chiede perché non finanziare la dote per i diciottenni coi tanti soldi che abbiamo ora. Perché ora finanziamo soprattutto a debito e quel debito, domani, lo pagheranno gli stessi giovani di oggi. Assurdo. Meglio la tassa di successione sui patrimoni alti, di ora», ha scritto ieri su Twitter il segretario del Pd, che stasera sarà ospite in tv da Fabio Fazio.Draghi resta invece convinto che prima si debba disegnare una riforma complessiva «nel segno della progressività» e dello stimolo alla crescita. Che non sia questo il momento di «prendere» ai cittadini ma di «dare», il premier lo ha ripetuto più volte. Nessuno, però, ha ancora chiaro cosa abbia in mente il presidente del Consiglio e chi, in Parlamento, possa votare cosa. E questo ci fa arrivare all'interrogativo: come sarà la vera riforma fiscale che verrà messa in campo? Un indizio sta nel discorso programmatico fatto dal presidente del Consiglio davanti al Senato il 17 febbraio. In quell'occasione, Draghi aveva invocato il modello della Danimarca, che nel 2008 nominò una commissione di esperti in materia fiscale. La commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e solo dopo presentò la sua relazione al Parlamento. Il progetto prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. «L'aliquota marginale massima dell'imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata», aveva sottolineato il premier, ricordando anche che «un metodo simile fu seguito in Italia all'inizio degli anni Settanta, quando il governo affidò ad una commissione di esperti, fra i quali Bruno Visentini e Cesare Cosciani, il compito di ridisegnare il nostro sistema tributario, che non era stato più modificato dai tempi della riforma Vanoni del 1951». In Danimarca hanno fatto una riforma ascoltando tutti i pezzi della società. Il rimodellamento fiscale degli anni Cinquanta ha poi consentito la nascita della borghesia e della vera progressività erariale. Il riordino è la riforma fiscale che evidentemente ha in mente Draghi, che giovedì ha messo a verbale: fermi gli obiettivi di progressività e crescita, bisogna disegnare un «pacchetto» coerente e solo in quell'ambito si potranno poi definire i parametri. Di certo, la riforma fiscale che adesso sta facendo i primi passi in Commissione sarà il vero banco di prova del governo prima della manovra. Ma «una riforma come quella del fisco non si può fare senza il Parlamento e senza i partiti perché servono i voti. E se poi in Parlamento i numeri non li hai vai a casa e si torna a votare», ha detto l'ex ministro Giulio Tremonti. Cosa pensano al momento i partiti? La Lega continua a puntare alla flat tax e Matteo Salvini propone di tassare piuttosto i giganti del Web, Forza Italia indica l'obiettivo di abbassare le tasse, Giorgia Meloni (Fdi) plaude a Draghi per la risposta data a Letta e sembra così aprire a una collaborazione con l'esecutivo sul tema del fisco, il M5s punta a ridurre gli scaglioni e il Pd, prima della sparata di Letta, si stava preparando a proporre un sistema tedesco senza scaglioni ma con aliquote tarate sul reddito.Ieri, intanto, a smontare la patrimoniale lettiana ci ha pensato anche uno che di tasse se ne intende, ovvero Vincenzo Visco. Sulla Stampa, l'ex ministro nei governi Prodi, D'Alema e Amato, chiede di fare attenzione a non tornare indietro di qualche decennio, «quando ad essere colpiti erano soltanto i ceti medi proprietari di una casa in città e di una casa al mare. Quelli devono star fuori». Bisognerebbe mantenere gli attuali livelli di esenzione e poi mettere degli incentivi per redistribuire il patrimonio anche fuori del nucleo familiare e fare in modo che la gente sia aiutata a lasciare i soldi magari ad un ospedale o ad un ente benefico». Secondo Visco, Draghi ha «voluto dare il segnale che occorre una riforma organica imponendola in qualche modo ai partiti. Io non credo che ci riuscirà».
Buchi nella sicurezza, errori di pianificazione e forse una o più talpe interne. Questi i fattori che hanno sfruttato i ladri che hanno colpito al Louvre di Parigi. Ma dove sono i gioielli e chi sono i responsabili?