2022-05-15
Draghi atteso in Aula. Sul voto per le armi i dem tentano il bluff per calmare il M5s
Sullo sfondo, Enrico Letta. In primo piano, Giuseppe Conte (Imagoeconomica)
Enrico Letta apre a Giuseppe Conte sul coinvolgimento del Parlamento, sapendo che quella del premier è un’informativa. Le elezioni sono vicine.In sole 48 ore, la posizione del Pd è cambiata in modo significativo, non chiudendo più - almeno a parole - rispetto alla possibilità di un ulteriore voto parlamentare sulle forniture militari all’Ucraina. Ancora giovedì sera, se Giuseppe Conte, a Piazzapulita su La7, aveva reclamato un nuovo voto («È giusto che ci sia un aggiornamento sullo stato della guerra e un passaggio con un voto. Dopo due mesi e mezzo gli scenari stanno cambiando»), poco dopo, nella stessa trasmissione, Enrico Letta era sembrato abbastanza tranchant nel dire no. Lo scenario, aveva sostenuto Letta, «è lo stesso di due mesi fa, e l’unica cosa che dobbiamo evitare è quella di interpretare un cambiamento come legato a noi stessi. Siccome ci siamo stancati della guerra allora cambiamo atteggiamento». Morale? Il segretario del Pd aveva tenuto la porta quasi chiusa alla richiesta grillina: «Noi pensiamo che ci sia stato un voto in Parlamento, all’inizio di un percorso, chiaro, netto e che ha trovato un consenso largo». Due giorni dopo, cioè ieri, parlando al forum «Verso Sud», Letta è sembrato mettere le cose in modo diverso, ben più vicino alle richieste di Conte: «Il Pd è pronto a tornare in Parlamento sulla questione dell’invio delle armi all’Ucraina, e anche a un voto». E ancora: «Per quello in cui credo, per la mia formazione e per il mio partito, l’ultima cosa della quale abbiamo paura è quella di andare in Parlamento. […] Saremo in Parlamento giovedì prossimo, ascolteremo il presidente del Consiglio, diremo la nostra rispetto a quanto dirà. Se poi ci sarà bisogno di ulteriori passaggi, con ulteriori voti, non ci sottrarremo». Un’apertura decisa, dunque, anche se qualcuno potrebbe osservare che si tratti più che altro di un furbesco impegno solo per il futuro, essendo già chiaro che giovedì, quando Mario Draghi sarà in Aula, la sua sarà una mera informativa, cioè un intervento seguito da dibattito ma senza voto (su questo i presidenti delle Camera hanno tenuto il punto). Morale: Letta mostra una disponibilità verso i grillini - diciamo - differita nel tempo. E forse ciò che il segretario dem ha soprattutto in mente, a maggior ragione alla vigilia delle amministrative, è tenere vivo il rapporto politico-elettorale con il M5s, derubricando i distinguo di Conte a normale dialettica politica: «Non sono minimamente infastidito. Siamo in una fase di dibattito e di discussione, ritengo naturale che ci siano posizioni diverse, con sfumature diverse, o anche posizioni più marcatamente diverse. È un momento in cui è naturale che si discuta e ci siano espressioni anche di punti di vista differenti. Sta capitando in tutto il mondo. L’importante è che siamo in grado poi di mantenere l’unità di intenti sulle scelte che dobbiamo fare».Ora, in termini strettamente formali e in punto di diritto, è vero che i tre decreti ministeriali finora varati per l’invio di armi trovano una piena copertura nel voto parlamentare già espresso, il primo marzo scorso, sia alla Camera sia al Senato, su una risoluzione unanime (presentata e sostenuta da tutte le forze di maggioranza e pure dall’opposizione di Fratelli d’Italia). Quella risoluzione impegnava il governo (punto 1) a lavorare per il ritiro della Russia e la cessazione delle operazioni militari, (punto 2) a sostenere iniziative negoziali, e (punto 3) «ad assicurare sostegno e solidarietà al popolo ucraino e alle sue istituzioni attivando, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie a fornire assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di ogni altra natura, nonché - tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei e alleati - la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione». Tuttavia, in termini di sostanza e di opportunità, nonché in termini di trasparenza davanti all’opinione pubblica e di corretto rapporto di indirizzo politico tra Parlamento e governo, appare imprudente usare troppo a lungo solo la copertura di quella risoluzione. È vero che essa richiama l’esigenza che il Parlamento sia «costantemente informato» dall’esecutivo, ma il rischio è che si tratti di comunicazioni governative ex post rispetto a ciò che è già avvenuto e non anche di un adeguato dibattito preventivo su ciò che si deve ancora fare. A ben vedere, in primo luogo chi ha posizioni nettamente atlantiste e pro Occidente farebbe bene a non mettere mai tra parentesi l’esigenza di un coinvolgimento costante del Parlamento. È quella la strada maestra: dentro l’Aula, per verificare formalmente le posizioni delle forze politiche, evitando che tutto si riduca a un puro dibattito televisivo, cioè a propaganda; fuori dall’Aula, per garantire ai cittadini massima trasparenza, a maggior ragione mentre le preoccupazioni - comprensibilmente - crescono nell’opinione pubblica.Va anche ricordato che altri momenti di voto ci saranno comunque da qui all’estate in materia di sicurezza e difesa: sulle richieste di adesione alla Nato di Finlandia e Svezia, e sul provvedimento di rifinanziamento complessivo di tutte le missioni militari italiane all’estero.