2021-05-06
Doveroso un intervento sul rapper. Lo scandalo se mai è che sia fallito
È la convenzione con il Mise che impone alla tv di Stato di preservare l’imparzialitàPresidente di sezione a riposo della Corte di cassazioneSe volete fare una prepotenza senza poi doverne pagare le conseguenze non c’è metodo migliore di quello che consiste nel farvi passare per vittima di un’ingiustizia altrui. A quest’aurea regola si è puntualmente attenuto, ultimamente, Fedez, il quale, invece di essere chiamato a rispondere della prepotenza da lui messa in atto con l’attaccare pesantemente, dal palco del «concertone» del primo maggio, tutti gli oppositori del disegno di legge Zan contro la cosiddetta «omotransfobia», senza che gli stessi potessero in alcun modo difendersi, ha ottenuto, presentandosi come vittima del preteso tentativo di «censura» da parte della Rai, che fosse quest’ultima, in persona di suoi vari dirigenti, a doversi difendere da tale accusa. Ed il vantaggio da lui così ottenuto è stato tanto maggiore quanto più grottesca e maldestra si è rivelata tale difesa, essendo essa consistita, essenzialmente, nell’aver negato che si fosse mai avuta l’intenzione di limitare la libertà di espressione del personaggio in questione, laddove si sarebbe invece dovuta rivendicare come legittima e, anzi, doverosa tale limitazione, rifiutando espressamente e decisamente la sua qualificabilità come «censura» e facendo pubblica ammenda, semmai, del fatto che essa non aveva avuto successo.Molti, a questo punto, potrebbero essere tentati di stracciarsi le vesti come Caifa, a fronte di una tale apparente bestemmia. Prima di farlo, abbiano però la pazienza di leggere le considerazioni che seguono, a cominciare da quella, di fondamentale importanza, che il diritto costituzionalmente garantito della libertà di espressione «con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» presuppone che quest’ultimo sia nella legittima ed esclusiva disponibilità di chi intende adoperarlo; condizione, questa, che nel caso in questione era insussistente, dal momento che il mezzo di comunicazione non era nella disponibilità di Fedez ma era quello offerto dalla Rai, sulla base di un contratto tra essa e gli organizzatori dell’evento. Ora, la Rai, in quanto concessionaria del servizio pubblico, è tenuta, in base alla convenzione con il ministero dello Sviluppo economico stipulata il 27 luglio 2017, «a garantire un’informazione completa e imparziale» e, quindi, ad «ispirarsi ai principi di pluralismo, obiettività, completezza e imparzialità propri del servizio pubblico, chiamato a contribuire al corretto svolgimento della vita democratica, anche attraverso l’apertura alle diverse opinioni politiche, sociali, culturali e religiose e alle tendenze di natura generazionale»; il che - si aggiunge ancora - le impone l’obbligo di garantire «la presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, nonché l’obiettività e l’imparzialità dei dati forniti, in modo da offrire ai cittadini informazioni idonee a favorire la libera formazione delle opinioni».Questo significa una cosa molto semplice, e cioè che la Rai, una volta messa preventivamente a conoscenza (come sembra potersi dare per accertato) di quelle che sarebbero state le dichiarazioni «politiche» a senso unico di Fedez nel corso della trasmissione di un evento da considerare, in sé e per sé, di semplice intrattenimento, non si sarebbe dovuta limitare al patetico e maldestro tentativo (se così è stato) di indurre lo stesso Fedez a rinunciarvi o a modificarle, ma avrebbe dovuto, una volta preso atto del rifiuto da lui opposto a tale richiesta, recedere puramente e semplicemente dal contratto. Il non farlo, infatti, avrebbe comportato - e ha, in effetti, comportato - la violazione degli obblighi che, come si è visto, la stessa Rai era tenuta ad osservare in forza della convenzione con il ministero; obblighi che, d’altra parte, l’altro contraente era tenuto a conoscere ed a considerare, quindi, come implicito presupposto di validità del contratto stesso, per cui in nessun modo avrebbe potuto ritenere ingiustificato il recesso della controparte. Il fatto, poi, che il «concertone» del primo maggio fosse un evento di indubbia rilevanza mediatica non significa che la Rai, nella sua qualità di concessionaria del servizio pubblico, fosse, per ciò solo, tenuta in ogni caso a «coprirlo», non sussistendo alcuna delle condizioni che, sempre in base alla convenzione, rendessero obbligatoria tale copertura.In alternativa al recesso dal contratto la Rai, per tener fede agli obblighi imposti dalla convenzione, avrebbe quanto meno dovuto allestire con immediatezza una trasmissione nella quale gli oppositori al disegno di legge Zan potessero ribattere alle accuse ed alle offese di cui erano stati destinatari da parte di Fedez. Ma nulla del genere risulta che sia stato neppure lontanamente prospettato.Diverso sarebbe stato, naturalmente, il caso che il contenuto delle dichiarazioni in questione non fosse stato reso noto in anticipo alla Rai. In tal caso, infatti, quest’ultima non avrebbe potuto essere ritenuta responsabile di violazione degli obblighi derivanti dalla convenzione, essendo stata inopinatamente messa di fronte al fatto compiuto avvenuto nel corso di un evento che legittimamente aveva ritenuto, in sé e per sé, degno di «copertura». È da ritenere che sarebbe stata però ugualmente tenuta ad adottare l’iniziativa della trasmissione «riparatoria» di cui si è detto.Certo, il recedere della Rai dal contratto per il rifiuto opposto da Fedez alla rinuncia o alla modifica delle sue progettate dichiarazioni a favore del disegno di legge Zan avrebbe dato luogo ad un subisso di critiche, polemiche, contestazioni ed anatemi, per affrontare i quali sarebbe stato necessario un coraggio da leoni. Ed una certa dose di coraggio, nell’attuale contesto politico in cui si colloca la Rai, sarebbe stata pure necessaria per organizzare almeno la suaccennata alternativa della trasmissione che consentisse la manifestazione di opinioni contrarie a quelle che Fedez aveva così «vivacemente» espresso. Ma il coraggio, poco o molto che sia, come ben diceva don Abbondio, se uno proprio non ce l’ha, non se lo può dare.