2018-09-20
Giallini: «Dopo il Me too, non si parla più di donne»
«Per colpire i bastardi che allungano le mani abbiamo avvelenato i rapporti tra i sessi. Una battuta e ti accusano di molestie». Il grande attore si racconta: «Devo tutto alla maschera di un teatro che convinse Risi a vedermi. Il primo applauso? Dalle suore».1998. In sala vidi due film, L'ultimo capodanno di Marco Risi e L'odore della notte di Claudio Caligari. Me li gustai. Ma al botteghino fecero flop. In entrambi compariva un attore, conversare con il quale è come guardare in un caleidoscopio. Mentre si è su un ottovolante. Dopo aver assunto sostanze psicotrope. Con mezza bottiglia di vodka in corpo. Marco Giallini, 55 anni, una carriera ventennale costruita passo dopo passo («Trentennale, prego. Non sia approssimativo anche lei come tutti: io ho cominciato nell'88, ho fatto l'Adelchi a teatro con Arnoldo Foà, per dire»), è come una pallina da flipper che rimbalza tra amarcord, idiomi dialettali, confessioni inedite, invettive, smoccolamenti vari, sarcasmi su donne e colleghi, discorsi affrontati e poi lasciati cadere senza alcun apparente filo logico. Non a caso, per gli amici è il «Dottor Divago». L'impasto è tuttavia accattivante, perché la cortina nebbiogena dei fuochi d'artificio nasconde in realtà una persona di solide letture e di grandi capacità introspettive. Lontano dall'immagine un po' caricaturale del romano che si esprime in vernacolo restituita da talune interviste. Semplicemente, Giallini - autentico e genuino - non fa nulla per apparire diverso da quello che è. Giallini, lei non se la tira, non si atteggia a grande attore che si macera nelle sue interpretazioni, non monopolizza le cronache mondane, vive in borgata dove è nato.«Facciamo una premessa: non è che lei vuole ritirare fuori il tormentone per cui amo il rock, sono un rider, di umili origini, ho fatto mille lavori, che gli inizi non sono stati semplici, che nel 2011 mi è morta improvvisamente e tragicamente la moglie con cui stavo da 25 anni, che ho cresciuto due figli da solo, che tifo per la Roma...».Il richiamo a episodi di vita vissuta serve al lettore per inquadrare l'intervistato. Il fatto ad esempio che sia stato un «bibitaro», distribuendo bibite con il furgone, è tutt'altro che disdicevole, e l'accomuna addirittura a un vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio...«Piroso, nelle sue trappole non casco. Vuole farmi parlare di politica? Non sono neanche andato alle urne. L'ultima volta che l'ho fatto ho votato per il “Signor Hood"».Cioè Marco Pannella come da canzone di Francesco De Gregori intitolata così. Radicale, quindi, con un'anima rock. A partire dai Clash.«Che vidi a Bologna a piazza Maggiore, nel 1980. E l'anno dopo al Vigorelli di Milano. Ma ascolto tutto, dagli Arctic Monkeys ai Sex Pistols, dagli Ac/Dc agli Eagles of Death Metal, che altro non sono che una costola dei Queen of the Stone Age. Con la mia piccola band di gioventù, i Monitors, facevamo le cover dei Joy Division».Tutti gruppi, e neanche una donna, che so, Patti Smith.«Per carità. Una che sputa per terra mi fa orrore. Lo so che non pare, ma tengo a una certa forma, e sono pure schizzinoso. Lo chieda a Valerio Mastrandrea, Edoardo Leo e Rolando Ravello con cui in tournée dividevamo la stanza».Embè?«Mi mettevano i loro calzini sporchi e puzzolenti sotto il cuscino, quei bastardi».Carini. D'accordo, facciamo così. Me lo dica lei: di cosa vorrebbe parlare?«Di donne? (qui in realtà Giallini provoca, ridendo, con una sineddoche: per riferirsi alla donna, indica una sua parte per il tutto, ndr). Ha presente la serie tv Boris?».Quando il regista sogna che, dopo aver presentato un progetto alla Rai, si sente rispondere - in romanesco - che manca un ingrediente fondamentale...«La “donna", appunto».Giallini, lei è matto se pensa di poter affrontare con ironia un tema del genere in tempi di #metoo e di maccartismo sessuale. «Bel capolavoro abbiamo fatto. Per colpire gli uomini di m... che approfittando del loro ruolo allungano le mani o peggio, abbiamo avvelenato i pozzi dei rapporti tra uomini e donne. Io le donne le ho sempre rispettate, e ci mancherebbe altro. Ma ora se fai una battuta a una donna, devi stare attento perché potresti essere accusato di molestie. Se è vero, come è vero, che ci sono uomini laidi, ci sono pure alcune donne che si sono fatte pochi scrupoli pur di arrivare. Perché se non vuoi, basta dirlo. E se uno insiste, lo metti in riga con un paio di sberle. Ma l'ha mai visto il video in cui Serge Gainsbourg, ubriaco in diretta alla tv francese, dice a una stranita Withney Houston: “I want to fuck you"? Un pazzo geniale».La sapevo fan dei polar, i film polizieschi e noir del cinema francese, non anche di chansonniers.«Scherza? Sono perfino amico di Benjamin Biolay, l'ex di Chiara Mastroianni. Tornando però al tema delle violenze, mi sono rifiutato di incontrare Agostino Panetta».Prego?«L'ex poliziotto capo della banda di Arancia Meccanica che agli inizi degli anni 80 fece centinaia di rapine nelle ville della Roma bene. Ha presente? Quando con Mastrandrea abbiamo girato L'odore della notte, film che in qualche modo ricostruiva le sue gesta criminali, lui si propose per venire a spiegarci le sua storia, le sue logiche. Ma che c'era da approfondire? Quello era un bandito. In più di un'occasione stuprava le donne che trovava, magari davanti al marito o ai figli. Che essere schifoso sei se fai una cosa del genere? Uno così deve morire».Nel film c'era un momento esilarante che è diventato di culto: quando durante una rapina incontrate Little Tony.«Gli punto la pistola alla testa e gli intimo di cantare Un cuore matto facendo l'effetto del basso, tututututututu... “Canta, 'a Little, canta!". Fu bravissimo, buona la prima».In qualche caso affidarsi alla consulenza del diretto interessato nella costruzione del personaggio può aiutare a calarsi di più nella parte.«Sì, come no, il metodo Stanislavskij, l'immedesimazione psicologica e fisica. Mi dica una cosa: Marcello Mastroianni era un grandissimo attore, oppure no?».Ovvio.«Sa che diceva Mastroianni a proposito degli attori americani e di Stanislavkij? “Io, boh, non li capisco. Tutta quella fatica. Io vado sul set e chiedo al regista: che devo fa'? Recito e poi torno sul camper". In fondo, il segreto è tutto qui».Detta così, sembra facile.«Ma fare l'attore è facile. È essere un bravo attore che è complicato. Quello per cui la gente ti vede sullo schermo e fa: “Oh, non pare che reciti, sembri vero". Ma tu, dentro di te, già lo sai se quel dono ce l'hai o no. Il problema è avere l'occasione di tirarlo fuori. A tutto tondo: con cuore, cervello, pancia, viscere».Quaranta film in 30 anni, 21 negli ultimi 10. Se non è un'accelerazione da divo, questa. «Di certo sono grato alla mia tigna perché ho tenuto duro quando tutti mi dicevano “domani vedrai che svolti", e poi il domani non arrivava mai. Poi se non ci fosse stato Marco Risi, forse sarei rimasto a fare teatro, chissà. Ma più di tutti devo molto a Carletto». Verdone?«Ma che Verdone, Verdone è arrivato dopo, e gli sono più che debitore perché ha intuito le potenzialità che avevo come attore brillante, io che fino a Io, loro e Lara avevo fatto solo parti da duro, compreso “Er Teribbile" nella serie Romanzo Criminale. No. Carletto era la “maschera" del localino, in centro a Roma, al vicolo del Fico, dove recitavo in Casamatta vendesi di Angelo Orlando. Mastrandrea consigliò a Risi di venirmi a vedere. Solo che sulla porta Francesca D'Aloja, che allora stava con Risi, cercava di convincerlo ad andare in pizzeria. Fu Carletto a puntarli e a fare da buttadentro».«Er Terribile» le ha regalato grande popolarità.«Pure troppa. C'hanno fatto gli accendini, con la mia faccia. L'ho vista pure sulla maglietta di uno che stava scendendo da una Porsche, giuro: mi sono sentito così in imbarazzo che ho cambiato marciapiede».Anche con Rocco Schiavone grandi ascolti tv, ma polemiche a non finire: un vicequestore che si fa le canne.«Sapevamo che alcuni aspetti del personaggio sarebbero risultati controversi, ma così è descritto nei libri di Antonio Manzini. Ma è lui a fumare erba, non io. Io ho smesso per non pensare».Ma lo scopo non è quello?«Quando fumavo, mi fissavo su mia moglie, sul futuro dei miei figli. Molto meglio il vivere lucidamente piuttosto che le paranoie».Da Romanzo Criminale a Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, una bella progressione.«Quando Paolo me lo propose sulla spiaggia al Circeo, replicai: “Maddai, Paolo, un'altra storia intimista con otto persone chiuse in casa intorno a un tavolo". Poi quando capii che il soggetto era l'uovo di Colombo, perché tutti abbiamo qualcosa da nascondere, entrai nella parte, e mentre giravamo mi dissi: “Questo può diventare davvero un grande film"».Ancora niente premio David, però.«Peggio per loro (ride). Che le devo dire? Non ne faccio un dramma, e non ci perdo il sonno».Il primo applauso se lo ricorda? A teatro, immagino.«Macchè. Me lo fecero le suore. Avevo quattro anni, e non volevo fare il riposino pomeridiano, così scappai dall'asilo calandomi dalla finestra. Mi riacciuffò un poliziotto, Piero Ciampolini, che mi riportò all'ovile sulla sua Lambretta. Poi, chissà, la mia passione per le moto è nata lì».Rock e due ruote, una passionaccia che cementa la sua amicizia con Ringo, direttore artistico di Virgin Radio. «Un fratello, anche se dicono sia di destra. Ma va capito: ha solo la terza media... Oh, non scriverla, ché non è vero, la mia è solo una battuta. Il problema è che lui non la capirebbe».
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