2024-09-30
«Oggi le donne sono minacciate da islam e ideologia trans»
Nel riquadro Marguerite Stern (iStock)
L’ex militante delle Femen, Marguerite Stern, ha parlato alla scuola di Marion Maréchal: la sera prima c’è stato un attentato incendiario. «A sinistra derive violente, questo si chiama terrorismo».Avreste mai pensato che un’ex attivista delle Femen potesse finire nel mirino dei gruppi Lgbt? È il bizzarro destino capitato a Marguerite Stern, trentatreenne francese, che dopo anni di militanza nella famosa organizzazione femminista, viene ora accusata di transfobia. Nemmeno due settimane fa, era stata invitata a Lione, alla scuola di formazione politica di Marion Maréchal, per presentare Transmania, il libro che ha scritto con Dora Moutot, autrice anche lei femminista. La sera prima dell’evento, i collettivi hanno tentato di dare fuoco all’edificio.Stern, sarà mica che in Occidente cominciamo ad avere qualche problema con la libertà d’espressione?«Sì. E il problema viene da sinistra. Sono quasi cinque anni che parlo di questioni trans e ho avuto parecchi problemi».Di che tipo?«Sono stata assalita a un corteo delle famiglie per aver detto che solo chi nasce femmina è una donna. Alcune nostre conferenze sono state cancellate. La sinistra ci attacca in modo violento: minacce, insulti quotidiani. Ho perso persino delle opportunità di lavoro. È una forma di terrorismo».Terrorismo?«Se qualcuno prova a bruciare una scuola perché non vuole che qualcun altro vada a parlarci, io lo chiamo terrorismo».Lei ce l’ha con la sinistra di piazza, o anche con i partiti?«La violenza viene dai militanti della sinistra radicale, ma costoro sono sostenuti da alcuni partiti. Per esempio, prima dell’atto intimidatorio a Lione, c’era stato un appello a protestare contro la conferenza lanciato dal Nuovo partito anticapitalista e da La France insoumise (la formazione di Jean-Luc Mélenchon, ndr). Di fronte a tutto questo, c’è chi mi domanda perché io continui a parlare della questione transgender».E lei cosa risponde?«Che il motivo è proprio questo: perché c’è qualcuno che vuole impedirmi di farlo».Ma davvero lei è una transfobica?«Ovviamente no. Non sono contro le persone trans. Le rispetto, come rispetto chiunque. E non credo che sarebbe rispettoso dar loro ragione a prescindere. Devono accettare che ci può essere qualcuno, come me, che non è d’accordo con loro».Ormai le danno anche della maschilista.(Sbuffa) «Cercano di appiccicarmi un’etichetta usando parole - “transfobica”, “maschilista”, “di estrema destra” - che possono spaventare la gente. Ma io non ho più paura di quelle parole: sono parole vuote, usate per creare una specie di aura negativa».Lei com’è passata dal femminismo delle Femen alle sue posizioni di oggi?«È stata centrale proprio la questione trans. Ma in realtà non sono cambiata molto».Ci spieghi.«Intanto, anche quando ero nelle Femen, non sono mai stata una femminista queer né una femminista intersezionale. Ero una femminista universalista. E per me è sempre stato centrale il problema della violenza maschile contro le donne. Ho cambiato idea solo su una cosa: la Chiesa».In che senso?«Ai tempi delle Femen, credevamo di dover lottare contro tutte le religioni. Ora credo che solo una religione sia un problema per il mondo: l’islam. Certo, alcuni cattolici sono contrari all’aborto. Ma io vivo in un Paese meraviglioso, la cui cultura, come quella italiana, è basta sul cattolicesimo. E questa cultura ha costruito cose bellissime. Sono felice che sia esistita».Una ex Femen che considera bellissima la cultura cattolica è già un bel cambiamento…«In realtà, ho cambiato idea anche su altri temi. Ad esempio, la maternità. Adesso ritengo che avere figli sia qualcosa di importante per le donne, anche se io non ne ho e forse non ne avrò, perché non mi sento pronta. Ma penso che il femminismo si sbagliasse su questo».A cosa si riferisce?«Per anni, il femminismo ha raccontato alle donne che avere figli è una forma di schiavitù. Ma questo era un modo per disconnettere le donne dai loro corpi. E l’ho capito confrontandomi con l’ideologia transgender, che predica proprio questa disconnessione. Molte donne che iniziano la transizione, ad esempio, lo fanno perché non riescono più ad accettare il legame con il loro corpo, magari in seguito a violenze sessuali e traumi. Ma non si può mai essere liberi rigettando il proprio corpo. È una forma di odio verso sé stessi. No, bisogna accettarsi e amarsi per ciò che si è».Ma davvero lei è ancora una femminista?«Forse oggi sono una femminista conservatrice».Quindi, cosa significa per lei essere femminista?«Intanto, non si può essere femminista senza prima sapere cos’è una donna. Bisogna riconoscere che donna è solo chi nasce femmina, non un maschio che inizia a indossare una gonna. Poi, bisogna combattere contro ogni tipo di violenza perpetrata da alcuni uomini - non tutti gli uomini - sulle donne. Ed è importante spiegare alle donne che devono connettersi profondamente ai loro corpi femminili: voi siete i vostri corpi. La vostra persona è i vostri corpi; la vostra anima è nei vostri corpi. Per questo la più grande minaccia nei confronti delle donne è l’ideologia trans - insieme all’islam».Le sembrerà strano, però le chiedo di spiegare perché chi nasce maschio non può diventare donna.«In effetti, è sorprendente che si debbano spiegare certe cose: che le donne hanno i cromosomi sessuali XX e gli uomini XY. Sui cromosomi ci sono geni che trasmettono informazioni al corpo, come quelle riguardanti la produzione di ormoni. Quando i cromosomi funzionano, danno alle donne l’istruzione di produrre più estrogeni e agli uomini l’istruzione di produrre più testosterone. Tutto questo non si può cambiare ed è determinante. Gli attivisti trans provano a confonderci distinguendo sesso e genere, che sarebbe solo un costrutto sociale».Sbagliano?«Anche in ciò che appare socialmente o culturalmente costruito c’è un fondamento che si potrebbe definire naturale».E gli interventi di riassegnazione di genere?«La “riassegnazione” non esiste. Ciò che avviene è una castrazione. Si prende un uomo sano, si costruisce qualcosa che sembra una donna, che non potrà mai funzionare bene. Ci sono molte complicazioni dopo gli interventi, il piacere sessuale quasi non esiste. L’unica cosa che si può fare è mentire: mettere un falso seno, intervenire per far apparire più femminile il viso di un uomo. Ma, appunto, è una menzogna».Alle Olimpiadi francesi ha tenuto banco la polemica su Imane Khelif. Con gli intersex come la mettiamo?«Gli intersex presentano anomalie cromosomiche che rendono la loro condizione fisica molto differente da quella di una donna. Khelif e l’altra pugile di Taiwan, Lin Yu-ting, sono donne? No. Allora sono uomini? Un uomo non può avere la vagina. Meritano di essere trattate come i 600 uomini che si dichiarano donne e che hanno rubato il podio ad atlete donne? No».Che si fa?«Non lo so. Di sicuro, si deve fare attenzione a non danneggiare la maggioranza delle donne con la scusa di “includere” una minoranza».Questa è l’era di Onlyfans. Il «sex work» è una fonte di liberazione per le donne?«Non l’ho mai pensato e non l’ho mai chiamato “sex work”. È meglio parlare di prostituzione o schiavitù sessuale. Anche quando ero nelle Femen ero ostile ai papponi e ai clienti. In Francia, gli sfruttatori reclutano donne africane, prendono i loro documenti, le stuprano finché non accettano di prostituirsi e intanto si rifiutano di restituire loro i permessi di soggiorno, minacciando le loro famiglie nei Paesi d’origine».Però, siamo onesti: un conto è una nigeriana in mano a una banda criminale; un conto è una ragazza che sceglie di fare quel mestiere. O no?«Sicuramente ci sono prostitute che si dicono libere, che parlano di una loro “scelta”. Mi chiedo se possa essere veramente una scelta, quando è l’unico modo per guadagnare e portare a casa il pane. Mi chiedo anche se sia veramente una scelta, quando - e capita spesso a queste donne - sei stata vittima di abusi da bambina e rimetti in scena quello che hai vissuto: cioè, pensare che sei buona solo a fare quello, dato che, in fondo, gli uomini ti hanno sempre usata a quello scopo».E se non ci fosse dietro una storia di abusi? Se fosse sul serio una libera scelta?«Io credo sia una mancanza di rispetto verso sé stessi fare sesso con una persona che non si desidera. E non capisco cosa passi per la testa agli uomini che comprano una donna. Non capisco nemmeno come facciano a eccitarsi con una donna di cui sanno che non ha nessuna voglia di loro».A proposito di frizioni tra uomini e donne, non crede che il femminismo le abbia accentuate?«Sì, è vero, il femminismo ha contribuito a creare un muro. Il femminismo è una reazione alla violenza subita e spesso la reazione è troppo aggressiva. Però è importante rendersi conto che le donne soffrono molto. Io stessa sono stata una femminista radicale perché ho subito abusi sessuali e molte altre forme di violenza da parte degli uomini. Non ne potevo più. Poi, quando mi sono ripresa, ho iniziato a capire che non tutti gli uomini sono violenti. Credo che il problema del femminismo sia proprio questo».Che viene usato come una medicina?«Molte delle attiviste sono come me: donne traumatizzate, che cercano di guarire sé stesse nel posto sbagliato. La soluzione non è l’attivismo, ma la terapia. Se avessimo più luoghi con degli specialisti in grado di trattare i traumi specifici provocati dalle violenze sessuali, avremmo donne funzionali, che non odiano, che sono capaci di vivere serenamente. Se aiutassimo davvero le donne, forse anche il femminismo diventerebbe più ragionevole e meno aggressivo».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.