2024-10-11
Domenico Lombardi: «Con Francia e Germania in affanno Roma è l’ancora di stabilità nella Ue»
Domenico Lombardi (Imagoeconomica)
L’economista: «La prudenza fiscale sta pagando, ma va sciolto il nodo investimenti».«Bisogna dar atto al governo di aver operato a favore di una stabilità economica oltre che politica, in un quadro straordinariamente difficile per almeno tre ragioni: l’eredità del Superbonus che ha messo sotto stress i conti pubblici, lo scenario internazionale difficile con i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente, e una politica monetaria così restrittiva come mai dall’origine dell’euro. Ora però bisogna continuare su questo percorso». A parlare è l’economista Domenico Lombardi, professore di politiche economiche e governance dell’Eurozona alla Luiss, oggi tra i relatori agli Stati generali dell’economia di Fratelli d’Italia dal titolo «Far crescere insieme l’Italia»: all’evento di Milano sono attesi tra gli altri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e l’ad di Eni Claudio Descalzi.In che situazione si innesta la prossima manovra?«Nel piano pluriennale di bilancio è stimato tra quest’anno e il 2027, un miglioramento del saldo primario di bilancio dallo 0,1% previsto per l’anno in corso al 2,5% nel 2027. Quindi, anche in condizioni particolarmente sfidanti, si mantiene una politica fiscale prudenziale». Come stanno reagendo i mercati?«Il merito creditizio dell’Italia ne ha guadagnato, gli investitori hanno registrato questo cambio di passo comprimendo lo spread mentre i Cds (Credit default swap, ovvero i titoli che proteggono dal rischio che si verifichi una condizione avversa, ndr) hanno toccato il minimo da oltre un decennio. Questo indica la credibilità che il governo Meloni si è guadagnato sui mercati internazionali. La stabilità macro fiscale ha fornito condizioni propizie al sistema bancario per rafforzarsi, con indicatori che, per alcuni istituti, oggi sono addirittura superiori alla media europea». Quali dovrebbero essere i prossimi passi?«Il governo dovrebbe stimolare le fonti di crescita dell’economia, agevolando, in particolare, la cinghia di trasmissione tra capitali e giovani imprese innovative. Ad oggi il finanziamento delle start up ha una dimensione minima in Italia rispetto ad altri Paesi». Gli investitori sono restii a scommettere sulle nuove imprese?«Soprattutto gli investitori istituzionali, come i fondi pensione e le casse previdenziali, finanziano poco le start up. Se ci fosse maggiore interesse da parte di queste categorie, l’erogazione di fondi a vantaggio delle giovani imprese potrebbe facilmente triplicarsi. Il governo potrebbe esercitare una moral suasion su queste categorie di investitori, così da creare una massa critica, una sorta di Silicon Valley italiana. Anche le grandi imprese a capo delle rispettive filiere possono svolgere un ruolo di mentoring delle giovani aziende innovative. Mi riferisco soprattutto a quelle a partecipazione statale». La debolezza economica di Francia e Germania ci avvantaggia o ci penalizza?«Le prospettive economiche della Germania sono assai incerte e la sua economia sconta un biennio di stagnazione. La Francia, invece, è penalizzata dall’incertezza politica e dalla necessità di stabilizzare la sua politica fiscale. In questo quadro, l’Italia rappresenta un’ancora di stabilità in Europa. Le prospettive di crescita, come confermate dalle organizzazioni internazionali rimangono soddisfacenti, anche se la loro sostenibilità nel tempo dipende da come evolveranno le altre economie dell’Eurozona. Ora si tratta di tradurre questa stabilità in elementi di attrattiva per gli investimenti esteri. Mancano però alcuni tasselli che sono disincentivanti per gli investitori».Quali?«Per esempio, la lentezza della giustizia mentre il sistema di risoluzione delle dispute dovrebbe essere più in linea con le aspettative degli investitori internazionali».Cosa ci si deve aspettare dalla legge di bilancio?«La legge di bilancio è l’occasione per confermare il sentiero prudente della politica fiscale. Le aspettative favorevoli di mercato vanno alimentate e confermate tempo per tempo. Non si possono rischiare passi più lunghi della gamba anche alla luce dell’incertezza europea e internazionale».Il Green deal è un fattore frenante dello sviluppo economico?«Le imprese italiane hanno subito un doppio shock: da un lato, quello energetico dovuto ai conflitti geopolitici e, dall’altro, l’iper regolamentazione e l’approccio irrealistico e ideologico del Green deal che sta penalizzando la base manifatturiera italiana. È un elemento che rischia di compromettere le prospettive di crescita dell’Europa senza necessariamente contribuire alla decarbonizzazione del pianeta, in assenza di maggiore cooperazione dalle altre grandi economie, per esempio Cina e India».
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