2023-05-31
Domani si vota sui proiettili per Kiev. Ma le aziende non si fidano dell’Ue
Verso l’ok dell’Europarlamento ai fondi per le munizioni: dem contro l’uso dei soldi del Pnrr. Dubbi dal settore della Difesa: «Così Bruxelles avrebbe troppi dati sensibili». Intanto, al Copasir arriva il settimo decreto armi.Domani, la plenaria del Parlamento europeo voterà l’Act in support of ammunition production (Asap). Si tratta della norma, promossa dal commissario al Mercato interno, Thierry Breton, che con un finanziamento da 500 milioni punta ad aumentare il potenziale dell’industria della Difesa continentale. Obiettivo: arrivare a fabbricare un milione di proiettili l’anno per l’Ucraina. Un progetto che, se da un lato conferma le difficoltà delle forze Nato nell’approvvigionare Kiev, in un contesto in cui persino gli arsenali occidentali rischiano di rimanere sguarniti, dall’altro dimostra che, a Bruxelles, nessuno considera seriamente l’ipotesi di una fine delle ostilità a breve. Ormai, l’orizzonte mentale delle nostre élite è tarato sulla prospettiva di combattimenti di lunga durata. La filosofia è quella che ha già esposto, giorni fa, l’Alto rappresentante Ue, Josep Borell: «Questo non è il momento di conversazioni diplomatiche sulla pace. È il momento di sostenere militarmente la guerra». Il fatto che il dogma bellicista sia affidato alla faciloneria di un burocrate che non conosce Belgorod, la città russa spesso teatro delle rappresaglie ucraine, è l’emblema della banalità con la quale stiamo correndo il pericolo di precipitare nell’abisso. Ma questa è un’altra storia. L’assemblea di domani, dopo l’ok alla procedura d’urgenza per arrivare alla chiama finale sul provvedimento, potrebbe non essere priva di sorprese. A destra, qualche dubbio sull’Asap è serpeggiato tra gli europarlamentari della Lega, nella famiglia di Identità e democrazia. Sul fronte opposto, s’erano registrati mal di pancia tra i dem, con un paio astenuti sull’iter accelerato e il voto contrario di Massimiliano Smeriglio. Ciò che agita il Pd è la possibilità, prevista dalla norma proposta dalla Commissione, che si adottino modifiche ai piani di resilienza per dirottare denaro verso il comparto della Difesa. Insomma, diventerebbe legittimo spendere i soldi del Pnrr in armi e munizioni. È della linea da adottare sulla questione, che ieri ha parlato Elly Schlein alle sue truppe, in videoconferenza. Il tracollo elettorale del partito ha fatto saltare la sua trasferta a Bruxelles, dove la segretaria piddina avrebbe dovuto incontrare la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, e il gruppo dei socialisti europei, al quale proporre un emendamento per abrogare i riferimenti al Recovery fund. Tra i dem si è fatta strada l’idea di abbandonare l’Aula, qualora la normativa non venisse corretta. Il governo italiano ha già escluso revisioni del Pnrr per le finalità dell’Asap. Ieri, però, il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha illustrato al Copasir il settimo decreto per l’invio di armi a Kiev, i cui contenuti, come i precedenti, sono secretati.Intanto, a manifestare disagio per il «terzo pilastro» degli aiuti all’Ucraina - dopo i miliardi stanziati, con ironia orwelliana, dal Fondo per la pace - adesso è l’industria.Euractiv ha riferito di colloqui con diplomatici dell’Ue, secondo i quali le aziende mal digeriscono sia la richiesta di condividere con l’esecutivo comunitario informazioni sensibili, sia la facoltà, che la Commissione riserverebbe a sé stessa, di definire le priorità negli ordinativi, quantunque in accordo con gli Stati membri nei quali operano le singole compagnie.Il timore dei produttori riguarda il modo in cui verrebbero utilizzate certe «indiscrezioni» che l’Ue sarebbe autorizzata a raccogliere: parliamo di dati su capacità produttiva, previsioni su eventuali colli di bottiglia, elementi della supply chain, scorte e difficoltà a reperire materiali. E poi c’è il tema della garanzia che i dettagli top secret vengano adeguatamente protetti dai concorrenti e dai Paesi esteri. Già: alla faccia della cooperazione, la Difesa rimane un affare di Stato. Com’è evidente, in ballo ci sono questioni delicatissime. La legge, i cui tempi di approvazione sono stati tagliati drasticamente, altererebbe gli equilibri di un settore strategico nel quale, per ovvi motivi, si opera in strettissima collaborazione con i governi nazionali. Bruxelles, da questo punto di vista, sta ricascando nella stessa trappola dell’euro: anteporre, all’integrazione politica (in tal caso, la costituzione di una Difesa e di un’agenda internazionale autenticamente comuni), l’integrazione economica (ditte che fabbricano equipaggiamento militare, le quali dovrebbero lavorare in sinergia, come in un vero mercato unico). La questione si è fatta ancor più grossa quando, pochi giorni fa, un funzionario della Casa Bianca, citato dall’Ansa, ha manifestato l’interesse di Washington per «l’apertura del processo di approvvigionamento e di acquisto alle industrie esterne all’Unione europea», che faciliterebbe le consegne all’Ucraina. Gli Usa, in pratica, hanno fiutato l’affare. E vuole tuffarcisi. Perché i russi saranno «orsi». Ma pure gli americani sono famelici.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)