2024-01-10
Il dogmatismo di sinistra ha tradito Bobbio
Norberto Bobbio (Getty Images)
In questi giorni, da Gustavo Zagrebelsky in giù, è un fluire di celebrazioni del filosofo torinese, indicato come massimo teorico del dubbio. Peccato che i progressisti di oggi predichino l’esatto contrario: la verità è unica (la loro), il confronto è sterile e il dissenso è criminale.Va riconosciuto che Gustavo Zagrebelsky, quando ci si mette, sa davvero risultate affascinante. Ieri, parlando alla Stampa, è riuscito a sintetizzare con incredibile efficacia il pensiero - pur complesso - del suo maestro Norberto Bobbio, e ha regalato al lettore una pagina di puro piacere intellettuale. È stato capace di svelare il cuore della riflessione del pensatore piemontese, teorico del «socialismo liberale». E ne ha toccato con maestria i punti principali, fornendo una lezione che è educativo riprendere. «Bobbio, in quanto studioso, era homo dicotomicus», spiega Zagrebelsky. «Ma sapeva che le dicotomie, spostate dal piano teorico in quello pratico si trasformano facilmente in ideologie intolleranti, in dogmi chiusi. E “i dogmatici” non si parlano, ma si fanno la guerra». Tale approccio conduce inevitabilmente «al dialogo tra persone non intolleranti. Il dialogo onesto e produttivo ha una sua etica stringente. Innanzitutto», continua il giurista, «deve esistere un interesse comune, cioè intendersi e non sopraffarsi, convivere e non cercare di tagliarsi la testa. Questo è il fine superiore. Bobbio, che sul piano teorico è un separatore di concetti, sul piano pratico è piuttosto un mediatore, nei limiti del possibile».In effetti, Bobbio ripeteva di detestare gli intolleranti, e al centro del suo lavoro intellettuale teneva saldo il dubbio, ne faceva una pratica, una sorta di percorso di crescita morale e persino spirituale. «II senso del mistero lo distingueva dai razionalisti puri, totali, cioè da coloro che confidano illimitatamente nella ragione e nella scienza che è sua figlia, e credono ch’essa, nel suo cammino, raggiungerà il suo fine: la conoscenza e la spiegazione integrale delle grandi domande finora senza risposta», racconta Zagrebelsky. «Diceva scherzando: non credo nel lume della ragione, ma nel suo lumicino. Flebile ottimismo, contro l’orgoglio illimitato degli “scientisti”». Pur con tutte le riserve e le legittime perplessità che si possono avere sul pensiero di Bobbio, è indubbio che sia stato uno dei grandi intellettuali italiani, e certo meriterebbe oggi d’essere riletto come si deve, specialmente a sinistra. Zagrebelsky ne ha tratteggiato un profilo abbastanza esaustivo ed è proprio la sua affascinante presentazione a suscitare un filo di sconcerto. Egli non è stato il solo (ci ha pensato nei giorni scorsi anche Marco Revelli) a rimarcare l’importanza del dubbio e dell’antidogmatismo nella lezione del filosofo torinese. Ci si chiede dunque: ma i progressisti che uso hanno fatto di tutto ciò? A giudicare dal comportamento della sinistra negli ultimi anni, si direbbe proprio che Bobbio sia stato totalmente obliato o comunque dimenticato. Da qualche tempo, infatti, il fulcro della azione politica dei progressisti italiani (e più in generale occidentali) consiste essenzialmente nella eliminazione del dubbio e nella imposizione di una fede cieca e a tratti ferocemente intollerante. Un esempio su tutti: se Bobbio guardava con sospetto allo scientismo, ecco che la sinistra nostrana si pone come quella che «vota la scienza». Quante prevaricazioni ha approvato giustificandole con la formula «lo dice la scienza"? Il dubbio è stato bandito, a ogni livello. Non si possono avere dubbi sulle politiche sanitarie, sulle guerre, sul clima, sulla proliferazione di presunti diritti, su niente. Il dibattito pubblico è stato appunto ridotto a confronto tra dogmatici che si fanno la guerra, la tolleranza è scomparsa dalla scena, il senso del mistero è stato totalmente sradicato. Se Bobbio si scaldava al lumicino della ragione, i suoi sedicenti eredi hanno gettato benzina sulla fiamma di una Ragione granitica e crudele come una dea capricciosa. Il rispetto per l’avversario è svanito, l’odio trionfa, il semplice ascolto è stigmatizzato, nulla è concesso che non sia sottomissione al pensiero prevalente. Di socialista, l’attuale sinistra, ha solo i vizi capitali del più brutale socialismo scientifico e reale. Di liberale ha solo la degenerazione dissacrante e ciecamente progressista del liberalismo ideologico, l’ottimismo eccessivo che diventa arroganza. Da Bobbio pare che i progressisti di oggi abbiano tratto solo la passione per le dicotomie, ma spinta all’estremo e mai temperata dalla prudenza e dalla curiosità intellettuale. Se il maestro piemontese si poneva a suo tempo come antidoto dialogante e problematizzante a un certo feticismo politico rosso, oggi i suoi pallidi epigoni non mostrano la metà del suo coraggio. Ne sventolano l’icona e lo pongono nel pantheon soltanto per aumentare il proprio mal riposto senso di superiorità morale, e nei fatti ne pervertono l’eredità. Forse Bobbio non era un gigante del pensiero, ma gli ipocriti che oggi lo stracitano non ambiscono nemmeno alla statura di nani.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)