
Il colosso vuole un piano per usare le macchine; a Hollywood prosegue la protesta.La Disney ha creato una task force finalizzata a studiare l’intelligenza artificiale e a capire come possa essere utilizzata. A rivelarlo è stata ieri Reuters, citando tre fonti a conoscenza della questione. «A riprova del suo interesse, Disney ha attualmente undici posizioni aperte alla ricerca di candidati con esperienza in intelligenza artificiale o apprendimento automatico», ha precisato l’agenzia di stampa. In particolare, secondo una delle fonti, il colosso californiano starebbe valutando di ricorrere all’intelligenza artificiale per contenere i costi della produzione cinematografica e televisiva. Non solo. La nuova tecnologia potrebbe essere utilizzata anche per «migliorare l’assistenza clienti o creare nuove interazioni» nei parchi a tema. Queste indiscrezioni sono emerse mentre prosegue lo sciopero degli sceneggiatori di Hollywood che, dallo scorso maggio, stanno protestando, tra le altre cose, proprio contro l’uso eccessivo dell’intelligenze artificiale nei processi di sceneggiatura: uno sciopero a cui da luglio si è aggiunto quello degli attori. Va detto che, come notato da Reuters, la task force di Disney è stata creata all’inizio di quest’anno, quindi alcuni mesi prima che gli scioperi iniziassero. Tuttavia questa notizia potrebbe attirare delle notevoli critiche al colosso dell’intrattenimento. Forse non a caso, almeno per ora, Disney si è rifiutata di rilasciare un commento ufficiale sulla questione. Resta comunque il paradosso di una multinazionale che, impegnata ormai da tempo (almeno a parole) in ogni sorta di causa progressista, sta valutando la possibilità di ricorrere all’intelligenza artificiale per ridurre i costi di produzione: un’eventualità che, come dimostrato dagli scioperi di Hollywood, rischia seriamente di compromettere il lavoro di numerosi professionisti. Evidentemente i diritti sociali non vengono percepiti alla fine come eccessivamente «cool». Non è d’altronde la prima volta che l’attuale amministratore delegato di Disney, Bob Iger, si trova in situazioni simili. Nel 2016, il senatore del Vermont (e all’epoca candidato alle primarie presidenziali dem), Bernie Sanders, aveva attaccato il gigante dell’intrattenimento sul fronte salariale. «Qualcuno si guadagna da vivere lavorando per la Disney?», chiese ai suoi sostenitori durante un comizio. «È un esempio di ciò di cui stiamo parlando quando parliamo di un’economia truccata», aggiunse. Iger, che nello stesso 2016 ospitò un evento di fundraising a favore della campagna presidenziale di Hillary Clinton, non la prese affatto bene e replicò: «Dico a Bernie Sanders: abbiamo creato 11.000 nuovi posti di lavoro a Disneyland nell’ultimo decennio e la nostra azienda ne ha creati 18.000 negli Stati Uniti negli ultimi cinque anni. Quanti posti di lavoro hai creato tu?» Tuttavia, a marzo 2017, il Los Angeles Times riportò quanto segue: «La Walt Disney Co. ha raggiunto un accordo con il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, in base a cui fornirà 3,8 milioni di dollari di salari arretrati ai lavoratori della Disney». La stessa testata riferì infatti che «la divisione ’retribuzione oraria’ del Dipartimento ha riscontrato violazioni del salario minimo, degli straordinari e delle disposizioni sulla tenuta dei registri». Inutile specificare infine che, secondo il sito Open Secrets, la maggioranza dei contributi di Disney nei cicli elettorali del 2020 e del 2022 è andata al Partito democratico. Insomma, sembra proprio che Disney incarni oggi il paradigma di tanta parte del capitalismo liberal americano (e anche nostrano). Ci si riempie la bocca di astrazioni ideologiche, ma i lavoratori alla fine sono spesso considerati meri costi da tagliare. Né più né meno.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)
L’aggressore è un gambiano con una lunga fila di precedenti, però si era visto accordare la protezione speciale per restare in Italia. I clandestini sono 50 volte più pericolosi, ma sinistra e magistrati legano le mani agli agenti.
Vittime sacrificali di criminali senza pietà o effetti collaterali della «inevitabile» migrazione di massa? In questo caso il grande abbraccio che tanto intenerisce la Cei si concretizza con un pugno, una bottigliata, un tentativo di strangolamento, qualche calcione mentre era a terra, sputi, insulti. «Mi diceva che mi avrebbe ammazzata», scrive sui social Stephanie A., modella di origini brasiliane, aggredita lunedì sera nello scompartimento di un treno regionale Trenord della linea Ponte San Pietro-Milano Garibaldi, nella zona di Arcore. La giovane ha postato gli scatti dei colpi subìti ma anche alcune foto che ritraggono l’aggressore, fondamentali per identificarlo. Il suo appello non è caduto nel vuoto.





