2020-10-01
Diritti tv, arma a doppio taglio per la Serie A
Claudio Lotito e Adriano Galliani (Ansa)
Di fronte alla crisi finanziaria dei club, che il Covid-19 ha aggravato, l'offerta dei fondi speculativi è allettante: una pioggia di miliardi subito in cambio di una quota. Però andando in quella direzione la governance del pallone rischierebbe di ritrovarsi fuorilegge.Tra veline, veleni e virus di ritorno, «una tegola a ciel sereno» per il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, con una variante meteorologica del modo di dire. Il mondo del calcio è alle prese con un derby (finanziario) dall'esito incerto. In palio: la sopravvivenza economica, visto l'indebitamento complessivo. Basti pensare che il blog di finanza sportiva Swiss Ramble, sulla base del report della società di revisione Deloitte, ha assegnato il quarto posto in Europa - dopo Tottenham, Manchester United e Barcellona (tutte in «rosso» per più di 1 miliardo di sterline) - alla Juventus come prima delle italiane, con 880 milioni di euro, a seguire: Inter, Roma e Napoli.Stato comatoso aggravato dalla pandemia: «Mancano più di 500.000.000 di ricavi per la Serie A», ha rilevato Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega.Quindi: accettare o meno i doni dei Re Magi, i fondi d'investimento pronti a pompare miliardi nella massima serie? In cambio chiedono di diventare soci - pluridecennali - dei presidenti delle società, in una costituenda media company con una partecipazione al 10%, che si tradurrebbe in una tranche immediata per i club che balla intorno al miliardo e mezzo di euro, una manna per chi è alla canna del gas.Manco per niente, replica un interlocutore che pretende l'anonimato: «Noi gli diamo un dito su 10, ma quelli si prenderanno mani e braccia; facciamo cassa, ma ipotechiamo il futuro del calcio italiano». Per questo è in atto una dura battaglia, anche a colpi di velenose «veline».Per capirci: Marco Bogarelli, da sempre dipinto come «l'anima nera» dietro al business del calcio tricolore, ha dovuto ricordare, tramite avvocati, di non aver mai subito un processo, ma solo un'indagine della Procura di Milano archiviata nel 2018 (su richiesta della stessa accusa). E che quando lui era a capo di Infront - la società che commercializzava i diritti tv del calcio - in qualità di advisor della Lega ha contribuito, dal 2009 al 2019, all'incremento del 91% dei suoi incassi, da 720.000.000 di euro a 1.370.000.000.Perché allora l'hanno messo in mezzo?Perché Bogarelli era schierato - in occasione del precedente rinnovo dei diritti di sfruttamento tv delle partite- con gli spagnoli di Mediapro, che finirono tagliati fuori (l'esclusiva andò a Sky e a Dazn) e per questo hanno in piedi un contenzioso con la Lega.E quindi? Semplice. A prescindere dal patron della Lazio Claudio Lotito, che sta facendo di tutto per opporsi all'ingresso dei «mercanti nel tempio» (da ultimo starebbe ragionando sulla proposta di un'associazione temporanea d'impresa), all'operazione sono favorevoli sia i vertici della Lega, De Siervo e il presidente Paolo Dal Pino, sia tre società di peso come Juventus, Inter e Milan. Sul tavolo sono rimaste le proposte di due cordate di private equity: da un lato Cvc-Advent-Fsi, dall'altro Bain Capital con Neuberger Berman, soggetti questi ultimi in rapporti proprio con Mediapro, e quindi, si suppone, con Bogarelli. Da qui la disinformatija, con annessi schizzi di fango.In realtà, c'è una cornice legale da cui non si può prescindere, tanto che - a quanto consta alla Verità - Dal Pino e De Siervo avrebbero richiesto un parere allo studio dell'eminente avvocato Guido Alpa (mentore in passato dell'attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ma trattasi di dettaglio sicuramente ininfluente).Anche il fronte avverso allo sbarco dei fondi, però, si è rivolto a prestigiosi legali, che hanno predisposto un «documento riservato e confidenziale» da noi letto, che ricorda come la Federcalcio (il campionato dipende dalla Lega, ma su delega della Figc) abbia per statuto il diritto-dovere di valutare se il progetto «è conforme alle norme di legge e di regolamento». In particolare alla cosiddetta «legge Melandri» del 2008, che regola la cessione dei diritti audiovisivi sul calcio.Ora, come non vedere - è questa la tesi - che la nascita di una media company partecipata dai fondi provocherebbe «la spoliazione, il decremento o la sterilizzazione dei poteri e delle prerogative» dell'assemblea dei presidenti di Lega, cui la legge riserva competenza esclusiva in materia?Anche perché i fondi non sarebbero partner afoni, vorrebbero influire sulla governance. Ma la nota segnala che se ad essi, in forza del loro 10%, fosse assegnato un controllo «congiunto» sulla nuova società, essa di fatto si trasformerebbe in «un soggetto terzo che commercializzerebbe i diritti di cui la serie A è contitolare» (con le società), il che non è consentito dalla legge Melandri.Infine, last but not least, l'operazione sarebbe macchiata dalle finalità speculative, proprie dei fondi, che nulla hanno a che vedere con il tema della cosiddetta «mutualità», principio cardine statuito sempre dalla Melandri (negli anni variamente modulato: la serie A «aiuta» economicamente la serie B, i club più ricchi quelli meno blasonati), che passerebbe in cavalleria come effetto collaterale. Perché il nuovo soggetto giuridico finirebbe per disporre «illimitatamente di un bene la cui titolarità non è cristallizzata», dato che la fisionomia del campionato cambia ogni anno per il meccanismo di promozioni e retrocessioni.È quanto sostenuto da Adriano Galliani, amministratore delegato del Monza in serie B, che annuncia le barricate: «La Serie A è una lega aperta, non chiusa all'americana. La media company è al 100% di proprietà della Lega, quindi se vende una quota i ricavi se li tiene in pancia e non può ripartirli tra le singole società come fa per quelli dai diritti tv. I club della stagione 2020-2021 sembrano invece convinti che sia cosa loro».Si sbagliano? «Sì, non possono cedere una quota di una società che ogni anno, tra promosse e retrocesse, cambia il 15% dei soci e spartire il prezzo fra i club che quest'anno si trovano per caso a militare in Serie A». Fischio al 90°: «I club di Serie A pensano di aver vinto alla lotteria, ma è una follia che sarà stoppata in ogni sede». Si va ai supplementari.
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