2022-07-04
Di Maio teme le elezioni dall’alto del suo 2,5%
In due interviste a «Repubblica» e «Corriere», il ministro degli Esteri assume il tono accorato del padre della patria. E tutto per mandare il messaggio: «Mario Draghi o il diluvio».«Il presidente Mattarella continua a essere una guida indispensabile e non smetteremo mai di ringraziarlo». Così disse colui che appena quattro anni fa propose di mettere in stato d’accusa il presidente della Repubblica per non aver assecondato i suoi desideri durante la formazione del governo Conte. Ma questo è solo uno dei passaggi esilaranti dell’intervista concessa ieri da Luigi Di Maio al Corriere della Sera. Il ministro degli Esteri, nel colloquio con il quotidiano milanese, pare essersi calato nella parte dello statista e come ogni statista non ha solo progetti ambiziosi, ma si preoccupa per il bene della patria. Dunque, l’ex capo politico dei 5 stelle, movimento che oggi ha rinnegato per dare vita a un gruppo che si chiama Insieme per il futuro e che i sondaggisti accreditano del 2,5 per cento alle elezioni, esterna i propri timori. «Tutti ci ricordiamo del Papeete, ho paura che qualcuno voglia emulare quel gesto. Andare al voto adesso significherebbe bruciare i fondi del Pnrr e rischiare di andare in esercizio provvisorio perché non potremmo approvare la legge di bilancio. Invece di trasformare questa fase in un momento di ripresa, porteremmo il Paese nel baratro». Insomma, siamo alle solite, a un refrain che ci sentiamo dire da più di dieci anni: non si può votare perché sarebbe una catastrofe. Concetto ribadito anche in un’altra intervista che Di Maio ha concesso sempre ieri a Repubblica. In questo caso, il quotidiano romano ha preferito parlare di costi devastanti per tutti qualora l’esecutivo di cui l’ex capo grillino è ministro degli Esteri si dimettesse: «In questo momento, se il governo cade, non so a quali livelli può schizzare lo spread: vecchia e temibile creatura con cui abbiamo già fatto i conti». Come ai tempi di Mario Monti (ma non di Mario Draghi), con il divieto di votare rispunta dunque anche il differenziale sui titoli di Stato: «Per le famiglie i costi continueranno ad aumentare e i tassi sui mutui a salire, l’impatto sarà devastante. Perché nel mondo c’è grande fiducia in questo governo, nel premier Draghi e nel nostro capo dello Stato Mattarella. Ed è un dato da cui non possiamo prescindere». Allo statista di Pomigliano ovviamente sfuggono alcune questioni. La prima è che alle elezioni politiche non vota il mondo, ma gli italiani, e dunque, a prescindere da quale sia il gradimento di questo o quell’uomo politico a Washington o a Bruxelles, sono gli elettori a dovere decidere da chi essere governati. So che è dura da mandare giù per chi abbia il 2,5 per cento, ma questa si chiama democrazia. Seconda faccenda: i mutui, le bollette, l’inflazione e pure lo spread crescono a prescindere che ci sia la crisi di governo oppure no. È sufficiente guardare gli indicatori dell’ultimo anno per comprendere che la presenza di un uomo del calibro di Mario Draghi non abbia fatto da scudo al rincaro dei prezzi e dei tassi. Dunque, non si capisce da che cosa derivi la certezza di Di Maio sulle garanzie che verrebbero offerte dall’attuale governo. Terza ed ultima questione: in Israele negli ultimi tre anni e mezzo il Parlamento è stato sciolto cinque volte, l’ultima proprio pochi giorni fa e tuttavia questo non ha impedito al Pil di crescere. Nel 2018, il Prodotto interno lordo di Gerusalemme superava di poco i 370 miliardi di dollari, oggi le stime per il 2022 prevedono più 440 miliardi. Capisco che un ministro degli Esteri non può conoscere nei dettagli che cosa accade in un altro Paese, ma almeno potrebbe sapere che nulla dimostra una correlazione fra voto e Pil. Ah, dimenticavo: l’inflazione in Israele è stimata intorno al 4 per cento, la metà di quella italiana. Ma anche questo Di Maio non lo sa. L’unica cosa che gli è nota è che la legislatura è agli sgoccioli e il terzo mandato è tutto da conquistare. Dunque, meglio allontanare il calice amaro delle elezioni.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)