L’obiettivo è riempirli al 90% in vista del prossimo inverno, ma al momento agli operatori non conviene acquistare. Roberto Cingolani ammette il problema mentre Giavazzi minimizza: «Andiamo verso i mesi migliori».
L’obiettivo è riempirli al 90% in vista del prossimo inverno, ma al momento agli operatori non conviene acquistare. Roberto Cingolani ammette il problema mentre Giavazzi minimizza: «Andiamo verso i mesi migliori».Vanno deserte le aste per aggiudicare lo spazio negli stoccaggi di gas in vista del prossimo inverno. Nonostante il governo abbia imposto, quale timido incentivo, l’azzeramento dei costi per usufruire del servizio, gli operatori disertano le procedure di asta per lo stoccaggio stagionale indette da Stogit per l’anno 2022-2023. Il fallimento delle aste pone un serio inciampo sulla via tracciata dallo stesso governo, che prevede di arrivare all’inizio della prossima stagione invernale con gli stoccaggi pieni almeno al 90%. Nella prima asta Stogit ha offerto il prodotto di modulazione uniforme pluriennale per 1 miliardo di metri cubi: ne sono stati assegnati 0,05 miliardi. La seconda asta per il prodotto di modulazione di punta stagionale per complessivi 6,76 miliardi di metri cubi ha visto l’assegnazione di appena 0,21 miliardi di metri cubi. Infine, l’asta di ieri per la modulazione uniforme stagionale ove erano offerti poco più di 4 miliardi di metri cubi di spazio ha visto l’aggiudicazione di soli 10 milioni di metri cubi. Davvero non un grande risultato.Mercoledì alla Camera il ministro Roberto Cingolani ha ammesso che la difficoltà è seria: «L’esito delle prime aste dopo l’emanazione del dm stoccaggio (a seguito dei risultati di bassa partecipazione) dimostra che le criticità sono reali e che occorrerà intervenire per il riempimento con una regolazione ad hoc, che solleciti la risposta da parte degli operatori e, in mancanza, con un soggetto di ultima istanza». C’è però da chiedersi per quale motivo bandire le aste e attenderne l’esito fallimentare per ammettere che le «criticità» sono reali, quando ciò è noto da molti mesi.Il problema, infatti, è che sul mercato il prezzo del gas con consegna in estate è uguale o superiore a quello del gas con consegna invernale, già dal settembre dello scorso anno. Comprare gas a prezzo alto oggi per tenerlo in stoccaggio e venderlo poi il prossimo inverno a prezzo uguale o più basso è un’operazione non conveniente. L’acquisto di gas da mettere a stoccaggio, poi, rappresenta un grosso onere finanziario, poiché richiede l’immobilizzazione di cifre ingenti, che incide sulla liquidità e sul monte garanzie degli operatori. Normalmente, perché l’uso degli stoccaggi non si traduca in una perdita economica, sono necessari circa 2 o 3 euro/megawattora di spread tra le quotazioni del gas invernale e quelle del gas estivo. Ma a causa della situazione di backwardation in cui si trovano i prezzi (il gas con consegna più vicina nel tempo costa più di quello a consegna differita, a causa dei timori di carenza) oggi questo spread è addirittura negativo, pari a -7 euro/megawattora, dopo aver toccato una punta di -66 euro/megawattora a inizio marzo. Gli operatori non hanno oggi motivo di acquisire capacità di stoccaggio e procedere al suo riempimento: in una logica di mercato non gli si può dare torto.Se l’esigenza è la sicurezza del sistema, cosa che oggi il mercato non può garantire da solo, il governo deve intervenire incentivando gli operatori o provvedendo direttamente con un soggetto di ultima istanza, che agisca con processi extramercato. È possibile introdurre correttivi nelle prossime aste mensili, che consentano agli operatori di avere condizioni economiche sostenibili, ma il tempo stringe.Giungono intanto le sconcertanti dichiarazioni di Francesco Giavazzi, consigliere economico di Mario Draghi, che ieri ha affermato: «Andiamo verso i due mesi migliori dell’anno, aprile e maggio, quando l’Italia ha abbastanza energica idroelettrica e rinnovabile per ridurre a zero l’import di gas dalla Russia. Naturalmente se lo facessimo smetteremmo di riempire gli stoccaggi necessari per l’inverno».Come è noto, la fine della stagione fredda non diminuisce il fabbisogno di gas del nostro Paese. Infatti, il gas importato che nei mesi estivi non viene consumato per il riscaldamento viene indirizzato agli stoccaggi, per essere reso disponibile in seguito durante l’inverno successivo. Nei sei mesi caldi, dunque, il nostro Paese ha un fabbisogno mensile di 6,5 miliardi di metri cubi, di cui circa 4 per il consumo e circa 2,5 per l’accantonamento. Nei mesi freddi, il fabbisogno sale a 8 e poi 10 miliardi di metri cubi, tutti di consumo, coperti in media per 2,5 miliardi dall’erogazione e per il rimanente da import. Dunque, poiché con la stagione temperata non viene meno la necessità di acquistare gas dall’estero, le parole di Giavazzi gettano più di un’ombra sulla sicurezza energetica del prossimo inverno, anche perché la siccità degli ultimi mesi ha impoverito l’idroelettrico.Ieri la Commissione europea ha diffuso una proposta di regolamento e una comunicazione sui prezzi dell’energia. La proposta di regolamento contiene l’obbligo di riempimento degli stoccaggi all’80% (al 90% dall’anno prossimo) secondo una certa progressione. Ma la novità più importante riguarda i soggetti che operano nel settore degli stoccaggi, i quali dovranno acquisire una sorta di certificazione relativa alla sicurezza e all’assenza di influenze straniere. Nel caso in cui il soggetto non superi il processo di certificazione, dovrà obbligatoriamente cedere la proprietà o la gestione allo Stato membro in cui sono collocati i siti di stoccaggio. A livello europeo si va dunque strutturando una cornice regolatoria in cui possa funzionare senza intoppi il nuovo paradigma, quello dell’economia di guerra.
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