2025-05-20
Il progetto del guru di J.D. Vance per una nuova classe conservatrice
Nel suo «Cambio di regime», Deneen non si limita a criticare il liberalismo (di destra e di sinistra) ma auspica un rovesciamento, pacifico ma rigoroso, di un modello basato su globalizzazione e individualismo senza limiti. In tanti si chiedono che cosa abbiano in mente Donald Trump e il suo circolo di collaboratori. Decrittare le strategie del presidente americano al di sotto della coltre di caos, in effetti, non è impresa facile. Un filo più semplice è invece l’analisi del pensiero politico del vice J.D.Vance, e non solo perché ha illustrato parte delle sue convinzioni nel bestseller Elegia americana. Viene in aiuto uno splendido saggio che arriva ora in libreria grazie all’editore Giubilei Regnani: si intitola Cambio di regime. Verso un futuro post liberale e lo firma Patrick J. Deneen, professore di Scienza politica alla prestigiosa università di Notre Dame e amico di vecchia data di Vance. Nel 2018 si è fatto conoscere al grande pubblico con un saggio intitolato Why Liberalism Failed (Perché il liberalismo ha fallito), che colpì anche Barack Obama. Ora ha affinato la sua proposta, rendendola estremamente interessante e, soprattutto, decisamente realistica. Dalle nostre parti, Deneen sarebbe probabilmente svilito come un rossobruno, maltrattato come di solito si maltrattano qui i populisti. Tuttavia, il professore americano è la dimostrazione vivente non solo della nobiltà del populismo teorico, ma anche della necessità di superare o comunque rivedere le categorie di destra e sinistra. I suoi numi tutelari sono mostri sacri difficilmente etichettabili come Christopher Lasch e Benjamin Barber: «Sotto la loro influenza», ha detto in una intervista recente al Corriere della Sera, «mi sono sempre considerato di sinistra. Ciò che è cambiato non sono le mie idee ma la natura della sinistra. Per pensatori come Lasch la famiglia e la religione avevano un ruolo nel combattere la liquefazione delle relazioni umane e la tendenza liberale a un crescente individualismo. Ma la sinistra ha portato avanti forme estreme di liberazione personale, e oggi sono più a mio agio nel definirmi conservatore». Il suo libro è molto di più della consueta critica al liberalismo (di destra e di sinistra): è appunto un piano per il cambiamento di regime. «Quello a cui assistiamo in America è la visione di un regime esausto», attacca Deneen. «Il liberalismo non solo ha fallito, come ho sostenuto nel mio ultimo libro, ma il suo duplice abbraccio al “progresso” economico e sociale ha generato una forma particolarmente virulenta di quell’antica divisione che contrappone “i pochi” ai “molti”». Secondo il professore, non c’è poi molta differenza fra i liberali classici e quelli che li hanno seguiti, ovvero i progressisti. Questi ultimi hanno denunciato la disuguaglianza economica, «ma hanno mantenuto la convinzione che il progresso alla fine avrebbe portato alla riconciliazione delle classi. Se da un lato chiedevano una maggiore uguaglianza economica, dall’altro esigevano un dinamismo nell’ordine sociale per eliminare non solo i resti della vecchia aristocrazia, ma anche il conservatorismo istintivo dei cittadini. Questo imperativo è stato perseguito soprattutto attraverso le trasformazioni operate nella sfera sociale, e negli ultimi anni è culminato nella rivoluzione sessuale e nel relativo sforzo di eliminare le forme “tradizionali” di matrimonio, famiglia e identità sessuale basate sulla natura, sostituendole con un progetto sociale e tecnologico che avrebbe liberato gli esseri umani da quest’ultima. Il liberalismo progressista ha sostenuto che attraverso il superamento di tutte le forme di credenze e pratiche parrocchiali e tradizionali, le antiche divisioni e i limiti potevano essere superati e sostituiti da un’empatia universale. Con l’avanzare del progresso, le vecchie divisioni un tempo basate sulla classe, ma sempre più definite nei termini dell’identità sessuale - sarebbero svanite e avrebbero dato origine alla nascita di una nuova umanità».Conosciamo tutti gli esiti di questi esperimenti di ingegneria sociale. Deneen li sintetizza molto bene: «Che si tratti di liberali classici o progressisti, la loro intrinseca paura e diffidenza nei confronti del popolo si è espressa e si esprime tuttora in un panico condiviso per l’ascesa del populismo. Oggi si impegnano strenuamente per evitare un riallineamento politico che porterebbe a un partito popolare opposto al progetto liberale progressista. Nella destra fittizia dello spettro liberale, sforzi estremamente ben finanziati attaccano incessantemente l’autoritarismo, l’ignoranza anti-esperta e il socialismo economico del populismo; nella sinistra liberale progressista, sforzi incessanti dipingono ogni opposizione conservatrice al progressismo sociale e sessuale come razzista, bigotta e fascista. Le due opposizioni liberali si sono coalizzate nella forma del Capitalismo Woke, il matrimonio perfetto tra la destra economica progressista e la sinistra sociale, una combinazione che mira a produrre una popolazione che si accontenta di svago, consumo ed edonismo e, soprattutto, non disturba le benedizioni del progresso. E se questo non funziona, rimane l’uso delle leve del potere politico e aziendale per sopprimere le minacce populiste. Tuttavia, questi sforzi si stanno rivelando inadeguati perché le conseguenze di un progresso senza limiti non sono più accettabili per il demos, ovvero il popolo». Che cosa serve, allora? Un cambio di regime, un rovesciamento «pacifico ma vigoroso» delle élite liberali che porti alla creazione di un «ordine post liberale» basato sul «conservatorismo del bene Comune». Una visione che si ispira non solo a Lasch ma pure a San Tommaso d’Aquino, Aristotele, Tocqueville. E che punta a mettere in campo azioni «di destra» e «di sinistra». Il nuovo conservatorismo rifiuta il liberismo sfrenato in economia, cerca di temperarlo per proteggere la working class. «È favorevole ai lavoratori, sostenendo politiche che proteggono i posti di lavoro e le industrie all’interno delle nazioni, sollecitando politiche di immigrazione più controllate, sostenendo i sindacati del settore privato e facendo appello al potere dello Stato per garantire reti di sicurezza sociale mirate a sostenere la sicurezza della classe media». Allo stesso tempo, questo conservatorismo si oppone ai succitati tentativi di ingegneria sociale tipici dei liberal: «Rifiuta l’impegno progressista per la politica dell’identità, in cui l’essenza umana si riflette nelle identità razziali o sessuali. È socialmente conservatore, preferisce il matrimonio “tradizionale”, rifiuta l’idea che il genere sia elastico, si oppone alla sessualizzazione dilagante nella cultura moderna e soprattutto a quella rivolta ai bambini piccoli. È sempre più favorevole all’incoraggiamento pubblico e al mantenimento della famiglia e in alcuni Paesi, come l’Ungheria, ha attuato una legislazione per incoraggiare e sostenere il matrimonio, la formazione della famiglia, il sostegno pubblico ai bambini e l’aumento dei tassi di natalità». Certo, si potrebbe pensare che anche questa sia una chimera, una utopia di segno diverso. Ma con tutta evidenza il progetto di Deneen è in accordo con il buon senso e con i sentimenti che i popoli occidentali, con sfumature differenti, stanno dimostrando da un po'. C’è solo da sperare che J.D. Vance continui ad ascoltare il suo brillante amico. E magari ne trasmetta le suggestioni al suo spumeggiante comandante in capo.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)