2022-08-10
I dem nel panico rivogliono Giuseppi. Pressing su Letta per tornare alleati
Scottato da Carlo Calenda, il segretario del Partito democratico teme altri rifiuti. Ma gli ultimi sondaggi sono da incubo.Enrico Letta è spalle al muro: la stragrande maggioranza dei dirigenti e dei militanti dem gli chiedono di tentare la carta dell’apertura a un’alleanza in extremis con il M5s. Lo studio diffuso ieri dall’Istituto Cattaneo parla chiaro, dopo la rottura tra Letta e Carlo Calenda, il centrodestra con il 46% dei voti otterrebbe il 61% dei seggi alla Camera e il 64% al Senato. La soglia dei due terzi, quella necessaria per cambiare la Costituzione, è a un passo. L’unico modo per evitare questa catastrofe, ragionano i dirigenti del Pd, è provare a ricucire i rapporti con Giuseppe Conte: un accordo elettorale giallorosso modificherebbe radicalmente i rapporti di forza, rendendo contendibili praticamente tutti i collegi uninominali al Centro e al Sud. Dalla disfatta, si passerebbe alla possibilità di un pareggio. «Siamo tutti d’accordo», dice alla Verità un esponente di peso del Pd, «un tentativo va fatto. Siamo letteralmente sommersi da messaggi e mail di militanti che non vogliono regalare la vittoria alla destra. Gli unici a resistere sono Stefano Bonaccini e Giorgio Gori, gli stessi che hanno spinto per l’accordo con Calenda, con i risultati che tutti conoscono. Bonaccini continua a parlare di Calenda, dandogli ancora visibilità: sembra quasi che lavori per perdere. Letta? Dice che ha paura di prendere una sportellata in faccia da Conte, ma una più una meno…». La nostra fonte ci disegna una mappa precisa della situazione all’interno del partito: «La sinistra interna spinge da sempre per l’intesa con il M5s. Gli ex renziani», spiega il nostro interlocutore, «sono divisi: quelli del Nord non insistono perché lì i grillini sono inesistenti, quelli del Sud invece premono perché il tentativo venga fatto. Parliamo di decine di collegi uninominali che dal centrodestra passerebbero al centrosinistra». Il quadro è chiarissimo a tutti, la divisione tra Pd e M5s, considerato il meccanismo della legge elettorale, è un suicidio politico. «Letta», ci rivela un’altra fonte molto autorevole dei dem, «da un lato ha paura di lanciare un segnale a Conte e ricevere un rifiuto, dall’altra sta approfittando della rottura con Calenda per piazzare nei collegi rimasti liberi quelli che lui chiama moderati, ma in realtà sono semplicemente i suoi fedelissimi. Il segretario si è incartato, tra l’agenda Draghi, Calenda, gli slogan sulla difesa della Costituzione che sono un’ammissione di aver già perso. Una rovina. Dovrebbe ascoltare la base», continua il nostro interlocutore, «gli elettori, ma continua a ripetere che non vede le condizioni e si appella al fatto che un’apertura potrebbe non trovare nessuna sponda da Conte. Dopo quello che è successo con Calenda, che valeva il 2%, come stiamo vedendo, sembra più una scusa». La direzione nazionale del Pd, in programma tra oggi e domani, è stata spostata al fine settimana: un altro indizio della discussione in corso nel partito. Ma il M5s? Manderebbe davvero a quel paese Enrico Letta? Dal quartier generale pentastellato trapela fortissimo scetticismo su un’intesa in extremis: «Faremmo ridere», ci dicono fonti autorevoli. A Giuseppi, del resto, poco importa perdere qualche decina di uninominali, oltre alle elezioni: avendo blindato i capolista al proporzionale - gli unici ad avere possibilità di elezione (solo al Centro e al Sud), scelti direttamente da lui - e correndo in solitaria porterebbe in Parlamento una pattuglia ridotta ma costituita da soli fedelissimi. Inoltre, il Pd è ormai allo sbando, i temi sociali sono rimasti appannaggio del M5s, e dunque per certi versi andare da solo conviene a Giuseppi, pure in termini politici. Detto ciò, però, c’è da sottolineare che le non candidature di Alessandro Di Battista e Virginia Raggi, due personaggi politici certamente ingombranti in ottica giallorossa, hanno già risolto un problema. Luigi Di Maio, da parte sua, sta lavorando alla sua lista Impegno civico: ieri Giggino ha ufficializzato la candidatura di Federica Gasbarro, 27 anni, attivista contro i cambiamenti climatici, scrittrice e rappresentante dei giovani italiani ai negoziati sul clima delle Nazioni unite di Cop26. Di Maio sta anche per stringere un accordo con il Partito animalista, il 3% è alla portata del suo movimento, ed è completamente disinteressato a cosa farà il M5s. Dunque, tra un tracollo elettorale sicuro e una possibilità di giocarsi la partita, anche piccola, c’è solo il timore del segretario dei dem di ricevere un «no» da Conte e fare butta figura e la speranza di far eleggere qualche suo scudiero. Sembra una barzelletta, invece è una barzel-Letta.
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