
Il governatore Ron DeSantis blocca un corso per le superiori intriso di ideologia e teorie queer. I progressisti insorgono ma proprio un democratico concorda: «È spazzatura». Prosegue lo scontro tra il governatore repubblicano della Florida, Ron DeSantis, e l’ideologia woke. Il dipartimento dell’Istruzione dello Stato ha recentemente stabilito di bloccare un corso avanzato per le scuole superiori dedicato agli studi afroamericani. Una decisione presa in ragione del fatto che, secondo DeSantis, tale corso risulterebbe null’altro che uno strumento per veicolare indottrinamento liberal all’interno degli istituti scolastici. In particolare, secondo lo Stato della Florida, esso conterrebbe materie dedicate a Black lives matter e al femminismo afroamericano. DeSantis ha anche affermato che include lo studio della «teoria queer». «Crediamo nell’insegnare ai bambini i fatti e come pensare, ma non crediamo che dovrebbero avere un’agenda imposta loro. Quando provi a usare la storia afroamericana per far passare la teoria queer, stai chiaramente cercando di usarla per scopi politici», aveva dichiarato il governatore a fine gennaio. DeSantis, neanche a dirlo, si è subito attirato gli strali di gran parte del mondo liberal. Un mondo che tuttavia non si è mostrato eccessivamente compatto sulla questione. Il commissario della contea di Leon, il democratico afroamericano Bill Proctor, si è per esempio schierato a favore del governatore. «Penso che sia spazzatura», ha dichiarato a proposito del corso finito nella bufera. «Non è storia afroamericana. È ideologia. Ho insegnato storia afroamericana, ho strutturato programmi per la storia afroamericana», ha proseguito. Come che sia, la linea dura del governatore sembra aver dato i suoi frutti. Il College Board della Florida ha infatti inserito dei cambiamenti nel corso incriminato, ridimensionando o espungendo vari degli insegnamenti criticati da DeSantis. La nuova versione del corso è attualmente al vaglio del locale dipartimento dell’Istruzione, mentre le modifiche hanno già scatenato l’ira di varie organizzazioni progressiste. La battaglia del governatore repubblicano contro l’indottrinamento scolastico non è nuova. A giugno del 2021, la Florida aveva vietato l’insegnamento della cosiddetta «Critical race theory»: un insieme di teorie sociologiche, spesso di matrice marxista, volte a reinterpretare la storia attraverso le categorie dell’oppressione razziale. Una linea ribadita lo scorso aprile, quando DeSantis ha siglato una legge statale specificamente dedicata al contrasto dell’indottrinamento liberal nelle scuole. Infine, martedì scorso, ha anche annunciato di voler bloccare i finanziamenti ai programmi dei college statali, incentrati su diversità e inclusione. «Penso che le persone vogliono vedere veri accademici e vogliono sbarazzarsi di alcune delle vetrine politiche che sembrano accompagnare tutto questo», ha tuonato. Il governatore della Florida sta sempre più emergendo come punto di riferimento per vari settori dell’elettorato conservatore statunitense. Un’immagine che DeSantis sta cercando di consolidare in vista di una sua probabile candidatura presidenziale, prevista tra la primavera e l’estate di quest’anno. Il processo delle primarie repubblicane si sta infatti pian piano mettendo in moto. Donald Trump è già sceso ufficialmente in campo lo scorso 15 novembre, mentre altrettanto dovrebbe fare l’ex ambasciatrice americana all’Onu, Nikki Haley, il prossimo 15 febbraio. Del resto, proprio il tema del contrasto all’indottrinamento scolastico si avvia a rivelarsi centrale nella sfida per la nomination presidenziale repubblicana. L’altro ieri, il sito Axios riferiva che, oltre a DeSantis, si stanno concentrando sulla questione anche Trump e Glenn Youngkin (altro papabile candidato che, nel novembre del 2021, vinse le elezioni governatoriali in Virginia puntando proprio sui temi dell’istruzione).
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.