2020-06-06
Conte mette i nostri figli in una teca di plastica
La maratona d'aula prosegue durante la notte, oggi voto finale I deputati di Lega e Fdi danno battaglia a colpi di emendamenti. Genitori e associazioni chiedono chiarezza: « È un potenziale veicolo di infezione». Mentre le scuole cadono a pezzi, dal ministero arriva l'idea di chiudere in campane di plexiglass gli alunni. Così i ragazzi perderanno l'esperienza della condivisione e ci si arrenderà alla paura della pandemia. Lo speciale contiene tre articoli. Giornata caldissima quella di ieri alla Camera. La maggioranza ha assolutamente bisogno di convertire entro domani il decreto legge sulla scuola, per evitare che decada, ma le opposizioni danno battaglia a colpi di emendamenti, e per il ministro alla Pubblica istruzione, Lucia Azzolina, è notte fonda. L'altro ieri la Camera ha votato, con 305 voti favorevoli e 221 voti contrari, la questione di fiducia posta dal governo sul provvedimento, identico a quello approvato dal Senato, ma il regolamento di Montecitorio prevede comunque un voto finale. Lega e Fratelli d'Italia adottano la tattica dell'ostruzionismo parlamentare, come da manuale, per allungare a dismisura i tempi dell'approvazione e far decadere il decreto. Polemiche a raffica, con il centrodestra che contesta la decisione dei giallorossi di mettere ai voti la «seduta fiume», cioè senza interruzioni. Ben 193 ordini del giorno, dei quali circa 150 presentati dall'opposizione, da proporre e votare allungano i tempi della discussione mentre per le dichiarazioni di voto finali si iscrivono a parlare 172 deputati, in maggioranza leghisti e in parte di Fdi, ciascuno dei quali ha dieci minuti a disposizione. Intorno a mezzogiorno, in aula fa capolino la Azzolina. Alle 14 e 30, i lavori vengono sospesi per la sanificazione dell'aula, e riprendono alle 17 e 30. La seduta è stata sspesa anche durante la serata a causa della bagarre scppiata in Aula: i deputati della Lega hanno alzato uno striscione con la scritta «Azzolina bocciata». Tra le proposte illustrate in videoconferenza ai sindacati dalla Azzolina e dal premier Giuseppe Conte, c'è quella di utilizzare visiere al posto delle mascherine per mantenere la socialità e garantire gli studenti disabili, ma anche l'installazione di pannelli di plexiglass per mantenere il distanziamento tra i banchi. Mentre alla Camera prosegue il dibattito, le organizzazioni sindacali della scuola, Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, attaccano il governo e confermano lo sciopero per lunedì prossimo 8 giugno: «Riunione inconcludente», scrivono i sindacati, «voluta dalla ministra Azzolina con la presenza del presidente del Consiglio. Un incontro che ha messo in evidenza la sostanziale inconsistenza dell'azione di governo sulla scuola; a oggi non si va oltre alle generiche intenzioni di tornare alle attività in presenza, ma senza alcun progetto definito e concretamente praticabile. Certamente», aggiungono i sindacati, «non poteva scaturire dalla conferenza che ha visto oltre 50 partecipanti, espressione variamente articolata di rappresentanze del mondo civile e della scuola. Non sono emerse idee risolutive rispetto al lungo elenco di problemi ancora una volta prodotto». Alle 18, Vito Crimi, reggente del M5s, nervosissimo, attacca l'opposizione su Facebook: «Irresponsabili. E capaci di danneggiare pesantemente studenti, famiglie e mondo della scuola per fare propaganda politica. È inconcepibile», scrive Crimi, «l'atteggiamento di Lega e Fratelli d'Italia che alla Camera dei Deputati cercano di far saltare la conversione in legge del decreto scuola. È questo il senso di responsabilità di cui tanto si vantano?». Crimi però rimedia una figuraccia: «È una grande panzana», replica il senatore Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura a palazzo Madama e responsabile Istruzione della Lega, «che in caso di mancata approvazione del decreto scuola salti l'assunzione di 16.000 docenti. È infatti il decreto rilancio a prevedere l'assegnazione di ulteriori 16.000 posti alle procedure ordinarie e straordinarie bandite ai sensi della legge 159/2019. «Pensare di chiudere i bimbi in classi differenziate e distanziati con il plexiglass è follia», attacca il leader della Lega, Matteo Salvini. «Abbiamo un ministro dell'Istruzione non all'altezza», aggiunge Salvini, «e prima se ne va, magari a lavorare per un'industria di plexiglass, meglio è. Siamo l'unico Paese che non sa ancora quando riapre la scuola, e stiamo discutendo un decreto che è una follia, come anche solo pensare di chiudere i bambini nel plexiglass, che è roba da tso». Con un post su Facebook, anche l'assessore all'Edilizia scolastica del Comune di Milano, Paolo Limonta, si schiera contro l'idea della Azzolina: «Sento cose che noi maestre e maestri non possiamo sentire. Sento e leggo proposte che prefigurano una scuola in presenza, ma distante. Una scuola», argomenta Limonta, «dove bambini e ragazzi, ancora una volta, sono spettatori passivi e non protagonisti. Io non ci sto. Io continuo a lottare per una scuola aperta, centro vitale dei territori, ricca di cuore e passione. Io voglio una scuola sconfinata. Io non mi farò rinchiudere in un contenitore di plexiglass». Intanto, alcune scuole di Bergamo si preparano alle nuove regole del distanziamento: tra queste il liceo artistico Giacomo e Pio Manzù, dove sono stati già collocati dei divisori chiari in plexiglass attorno a ciascun banco. Il voto finale avverrà stamattina alle 11.30. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/decreto-a-rischio-il-governo-non-riesce-a-riaprire-le-scuole-2646155982.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="l-obbligo-di-mascherina-per-i-bimbi-puo-produrre-anche-effetti-nocivi" data-post-id="2646155982" data-published-at="1591385785" data-use-pagination="False"> L'obbligo di mascherina per i bimbi può produrre anche effetti nocivi <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/decreto-a-rischio-il-governo-non-riesce-a-riaprire-le-scuole-2646155982.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="ingabbiare-gli-studenti-nelle-teche-fara-loro-piu-danni-del-contagio" data-post-id="2646155982" data-published-at="1591385785" data-use-pagination="False"> Ingabbiare gli studenti nelle teche farà loro più danni del contagio Ma voi pensate sul serio che dovremo comprare 10 milioni di campane di vetroresina per metterci dentro gli studenti? Ma siete cretini, fate i cretini o ci credete cretini? E voi pappagalli, che nei media riferite seri e precisi i dettagli della gigantesca operazione di tumulazione in massa degli studenti in bare trasparenti, siete dementi, lavorate per dementi o considerate dementi i vostri lettori e spettatori, anzi i cittadini tutti? Ma avete pensato solo un attimo a quel che state dicendo e scrivendo, illustrandolo perfino con foto, progetti e disegni di queste cabine per immunostudenti; non avvertite l'ala sovrana dell'imbecillità avvolgere voi tutti, la scuola, il governo, i commissari, il ministro Lucia Azzolina e l'Italia intera? Pensate, solo un attimo, per favore, non vi nuocerà alla salute farlo, almeno per un istante. Un paese che in tre mesi non è stato in grado di coprire il fabbisogno (a pagamento) di mascherine, cioè della cosa più piccola e banale che si potesse produrre, dovrebbe ora in un lasso di tempo uguale se non inferiore, dotare tutte le scuole italiane - le fatiscenti scuole italiane dove non si trovano i soldi per riparare un tubo - di una decina di milioni di campane di vetro, e della relativa manutenzione, sanificazione quotidiana. Anche il milione d'insegnanti sarà ricoverato in un astuccio di plexiglass e si muoverà tra gli studenti dentro una navicella trasparente che dovrà essere disinfettata a ogni cambio d'ora. Il sottinteso inquietante di tutto questo investimento massiccio e marziano è che quelle campane di plexiglass dovranno essere usate in permanenza nella scuola di oggi e di domani. Non sarebbe infatti pensabile allestire questi cimiteri viventi in tutte le scuole di ogni ordine e grado, intubare milioni di ragazzi e docenti sani, compiere un'operazione finanziaria e strutturale così gigantesca, solo per fronteggiare l'eventuale rischio stagionale che il virus torni in autunno. No, evidentemente si sta pensando di convivere stabilmente con la paura della pandemia e la sua profilassi; i ragazzi verranno confezionati in barattolo come i cetriolini sottaceto e i carciofini sottolio, per tutto il loro corso di studi. Altrimenti dovrei dire che si pensa a questo investimento pazzesco e fugace solo per dare soldi a qualcuno e riceverli sottobanco - è il caso di dire - da qualcuno... Ora ricapitoliamo i dati per tornare alla realtà e per rassicurarci che non stiamo in qualche film comico di fantascienza. Stanno pensando di riaprire le scuole in presenza e in sicurezza. Per realizzare questo progetto si mettono al lavoro imponenti comitati tecnico-scientifici, task force, aziende di consulenza che producono prototipi, sciami di amministratori e commissari governativi, più la ministra dalle labbra rosse, evoluzione hard della maestrina dalla penna rossa. Si studiano le proposte più strane, caschi permanenti o perlomeno visiere, pannelli parafiato e parasputi in plexiglass, corridoi umanitari per accedere alle scuole in sicurezza, tunnel di vetroresina come quelli che collegano gli spogliatoi ai campi da gioco, grembiulini per alieni, cabine come ai tempi dei telefoni a gettoni... L'unico precedente che io ricordi di una cosa del genere è Rischiatutto, il quiz di Mike Bongiorno degli anni Settanta, dove i concorrenti dovevano entrare in una campana di vetro per rispondere al quiz. La definizione di Rischiatutto mi pare peraltro la più appropriata per descrivere il rischio sanitario e la sua profilassi. Qui però non si vince niente, non sono in gioco i soldi ma solo la salute; soprattutto mentale. Naturalmente la storia dei concorrenti televisivi sotto vetro risale agli albori della televisione, da Lascia o Raddoppia a Campanile sera. La realtà, la scuola, sta diventando un'imitazione tardona della televisione. La cosa più bella della scuola di ieri erano i banchi condivisi con un compagno, poi quello davanti, quello di dietro, quello di fianco con cui trescare, chiacchierare, scambiarsi informazioni e compiti; la cosa più bella era alzarsi, incontrarsi, toccarsi, avvicinarsi alla cattedra, senza essere respinti come appestati, vivere insieme l'avventura quotidiana della scuola. Guardarsi negli occhi, parlarsi viso a viso senza sentirsi nel parlatorio dei carcerati o allo sportello delle poste. Non si può andare a scuola equipaggiati da astronauti, da sommozzatori, da contagiati. Non si può andare a scuola pensando che la priorità non sia studiare, sapere, capire, ma proteggersi dal prossimo, tenersi a distanza, temere il docente più per il contagio che per il giudizio. Scansare non le interrogazioni ma gli sputi della docente e dei compagni di vetro-classe. Non si può insegnare, imparare, vivere, comunicare, in quelle condizioni. Per favore, diteci che ci state prendendo in giro, che avete allestito uno scherzo per coglionarci in massa, per prendervi gioco di noi. Perché non si può pensare davvero che un Paese, un governo, un intero sistema scolastico, un ministero della pubblica istruzione possano con serietà occuparsi di queste costosissime minchiate (lo dico a scopo didattico nel gergo originario della ministra sicula). Perché poi alla fine, dopo aver distrutto la società, i rapporti umani, il lavoro, l'economia, la scuola, l'istruzione, uno è costretto a dire che il rischio eventuale di un virus diventa a questo punto il minore dei mali, e comunque solo ipotetico. Mentre tutti gli altri mali elencati sono reali, effettivi e decisamente più incurabili. Nelle campane di vetro lasciateci santi e madonne.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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