
Il primo giorno di consiglio Ue trascorre nell’attesa di una decisione sull’immigrazione, che impegna i leader nella notte. E anche la giornata odierna potrebbe registrare qualche passo in più. Sull’annosa questione del patto di stabilità i membri del consiglio si sono limitati a prendere atto di quanto deciso lo scorso 14 marzo in occasione dell’Ecofin. Una sorta di linee guida, comprese di paletti targati Berlino, e l’impegno di concludere i lavori entro la fine di dicembre con molta calma. Sull’immigrazione l’agenda di ieri pure non ha brillato.
Nella lettera di invito ai leader, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha scritto che ci sarebbe stato un «breve aggiornamento» (short debrief) da parte della Commissione sul tema migranti. Eppure ci si aspettava già ieri un messaggio concreto. Non a caso mercoledì, il premier aveva sollevato il tema in Aula. «Dal 2013 al 2023 secondo i dati Unhcr», ha ricordato Meloni alla Camera, «nel Mediterraneo sono morte complessivamente 25.692 persone: sappiamo che il rischio che qualcosa vada storto è insito nelle partenze in sé e infatti è accaduto con tutti i governi. Sono andata a guardare quale era la percentuale di quanti non si è riusciti a salvare rispetto alle partenze e i dati di questo governo sono i più bassi. Noi siamo quelli che in rapporto agli sbarchi sono riusciti potenzialmente a salvare più persone». Il Consiglio Europeo straordinario del 9 febbraio aveva delineato un primo cambio di approccio sul piano europeo riguardo alla migrazione. Per l’Italia è fondamentale un «preciso impegno a dare rapida attuazione» alle soluzioni europee individuate nelle conclusioni del Consiglio europeo di febbraio. L’obiettivo sarebbe «prevenire le partenze irregolari, arginare il traffico di esseri umani, dedicare adeguate risorse finanziarie, collaborare con i principali Paesi di origine e transito dei migranti, aumentare i rimpatri, incentivare la migrazione legale e i corridoi umanitari». I presidenti von der Leyen e Michel nelle loro lettere in risposta a quella della presidente del Consiglio dopo la tragedia di Cutro, hanno confermato la «sintonia» con l’approccio italiano volto a un cambio di prospettiva (superando Dublino e la dicotomia tra movimenti primari e movimenti secondari) e a non dare tregua alle organizzazioni criminali che trafficano esseri umani. Parimenti importante è la gestione delle frontiere esterne, rispetto alle quali sono state riconosciute dall’Europa la specificità di quelle marittime e l’esigenza di un maggior coordinamento sui salvataggi.
In particolare l’attenzione dell’Italia sarebbe rivolta alla frontiera meridionale marittima dell’Europa (Tunisia e Libia), dove si registrano oltre 20.000 sbarchi dall’inizio dell’anno, oltre 3 volte di più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Nella direzione di una gestione europea della migrazione, apparentemente va anche la lettera della presidente von der Leyen del 20 marzo scorso, indirizzata ai leader europei. Una missiva che «riconosce l’urgenza di una risposta europea» e che «richiama numerose priorità del governo italiano». Per l’Italia, infatti, un nuovo approccio europeo non può prescindere da un necessario «bilanciamento complessivo tra solidarietà ed equa ripartizione» della responsabilità tra Stati membri. È chiaro che dietro le moine della von der Leyen, il rischio è quello di vedere avviati corridoi umanitari che in realtà esistono solo sulla carta. Staremo a vedere. Così come c’è attesa su altri due temi bollenti. Sull’energia e la transizione verde, Roma ha una posizione critica rispetto alle proposte di Bruxelles, in particolare su temi come lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035 e sulla direttiva sulle case green. L’Italia condivide gli obiettivi della transizione ma il percorso verso un’economia verde «deve essere sostenibile dal punto di vista sociale ed economico». «Quello che ha prodotto un certo approccio ideologico è una situazione che sul piano ambientale non sta benissimo e soprattutto dopo quello che ci ha insegnato l’aggressione russa all’Ucraina il rischio di passare dalla dipendenza dal gas russo alla dipendenza dall'elettrico cinese: non mi sembra una cosa intelligente, credo che», ha affermato Meloni, «l’Europa debba lavorare sulla propria sovranità tecnologica». Sulle case green, ha sottolineato sempre il premier, «porre dei target in assenza di contributi specifici rischia di risolvere questa fattispecie in un ulteriore onere molto complesso in un momento molto difficile». C’è un terzo tema all’ordine del giorno del Consiglio di stamane, con l’Italia schierata sul fronte contrario a un semplice e ampio allentamento dei vincoli agli aiuti di Stato. La posizione ribadita è che serve «flessibilità nell’uso dei fondi esistenti», «compreso il Pnrr», con aiuti di Stato «circoscritti e temporanei». Insomma, la carne al fuoco resta tanta. Nel frattempo a Meloni tocca un’altra sfida. Dopo abboccamenti tra le rispettive squadre è stato deciso un incontro bilaterale con Emmanuel Macron. Possibile dopo l’ora di invio alle rotative di questo articolo, ma più facilmente questa mattina. Il primo faccia a faccia dopo gli scontri sulla distribuzione dei migranti.






