- Emmanuel Macron: «La solidarietà è un dovere». Il mediatore europeo però chiede conto dei diritti umani nell’intesa con Tunisi.
- Il presidente Giorgia Meloni: «Non escludiamo l’impegno via nave». Antonio Tajani andrà a Parigi e a Berlino.
Lo speciale contiene due articoli.
Questione migranti sempre più al centro in Europa, e non per il volume degli arrivi, sia chiaro, ma per l’avvicinarsi delle elezioni europee. A finire nel ciclone è il memorandum d’Intesa tra Unione Europea e Tunisia sottoscritto, per cercare di arginare gli sbarchi in Italia. La Commissione europea ha comunicato di rimanere impegnata nella sua attuazione, ma di fatto all’interno dell’esecutivo è iniziato il fuoco incrociato dei socialisti. Al presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sono arrivate dure critiche, l’accusa più forte mossa all’esecutivo Ue è quella di aver chiuso un occhio sulle sempre più sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate in Tunisia ai danni dei migranti subsahariani. La capogruppo dei Socialisti e democratici, Iratxe Garcia Perez, ha chiesto di «sospendere immediatamente un’intesa illegale». La situazione si è fatta ancora più difficile dopo il divieto di ingresso in Tunisia imposto alla delegazione dell’Europarlamento.
E adesso arriva anche la richiesta della Mediatrice europea, Emily O’Reilly, di fornire risposte su «come l’esecutivo Ue intende garantire il rispetto dei diritti umani nelle azioni legate alla migrazione» in Tunisia. In una lettera indirizzata a Von der Leyen, O’Reilly ha chiesto alla Commissione Ue di rispondere entro il 13 dicembre a tre quesiti specifici. Il presidente dell’esecutivo comunitario dovrà confermare di aver condotto una valutazione d’impatto sui diritti umani prima della firma del memorandum e di aver preso in considerazione misure per «mitigare i rischi di violazioni dei diritti umani». La mediatrice Ue ha chiesto di rendere pubblica tale valutazione o, nel caso questa non esistesse, di spiegare le motivazioni. Il secondo quesito riguarda l’intenzione di portare avanti valutazioni d’impatto sui diritti umani «sistematiche ed effettive» durante l’implementazione dell’accordo, e in che modo assicurerà che siano condotte in modo «trasparente e inclusivo».
Infine, ricorda che i finanziamenti europei «non possono supportare azioni o misure che causino violazioni dei diritti umani nei Paesi partner», con riferimento ai 105 milioni di euro destinati alla Tunisia per rafforzare il controllo alle frontiere. La portavoce della Commissione europea, Ana Pisonero, ha confermato la ricezione della lettera e ha garantito che l’esecutivo Ue «coopererà con l’Ombudsman e risponderà prima della scadenza». La vice capoportavoce, Dana Spinant, ha rivendicato la «piena trasparenza» sul dialogo con la Tunisia, dimostrata dall’aver pubblicato immediatamente il testo integrale dell’accordo. A oggi, neanche un euro dei 105 milioni previsti per la migrazione e dei 150 milioni per rimpinguare le casse del Paese, sono ancora stati mossi.
Oltre allo scontro politico su questo tema in Europa regna la solita ipocrisia. Inutile girarci intorno: le persone che migrano non vogliono venire in Italia, ma è qui che rimangono bloccate perché i nostri partner europei non intendono accoglierli. Nonostante i fatti siano questi, Lampedusa in questi giorni è sulla bocca di tutti. I leader europei a parole insistono nel dire che l’Italia non può essere lasciata sola, ma intanto chiudono le porte. L’esempio più eclatante è Emmanuel Macron. Il presidente francese non si è fatto scrupoli ad abbandonare l’Italia al suo destino. Eppure ieri ha dichiarato: «Su Lampedusa c’è un dovere di solidarietà europea». Il suo ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin - in contatto con l’omologo italiano, Matteo Piantedosi - ha riunito i suoi ufficialmente per parlare della «situazione migratoria» a Lampedusa. Non è chiaro se la Francia intende seguire la decisione della Germania di sospendere l’accoglienza volontaria dei richiedenti asilo provenienti dall’Italia, ma va ricordato che Darmanin all’inizio della settimana ha annunciato un ingente rafforzamento del dispositivo di polizia al confine con l’Italia. Non solo, perché adesso anche l’Austria ha deciso di intensificare il monitoraggio al confine del Brennero.
Anche la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha voluto dare un segnale, a parole, sentendo Giorgia Meloni: «Lampedusa è Europa, la sfida è comune». Ma è la premier a fare la mossa a sorpresa. Palazzo Chigi ha infatti invitato Ursula von der Leyen proprio a Lampedusa. D’altra parte nell’Unione ognuno ha pensato solo a sé stesso ed è il momento di guardare in faccia la realtà: la Grecia per proteggersi dalla Turchia ha eretto un muro, così come l’Ungheria poco prima. I Paesi del Nord hanno inasprito le loro leggi, in Danimarca anche la sinistra propone la lotta all’immigrazione. Per non parlare di Francia e Germania.
Il premier vuole la svolta dall’Unione: «Missione Ue per fermare gli arrivi»
Giorgia Meloni ha risposto allo «strappo» di Matteo Salvini sul contrasto all’immigrazione illegale. Come è noto, il vicepremier e leader della Lega aveva due giorni fa attaccato a testa bassa le istituzioni europee e le cancellerie di Germania e Francia, accusandole di mettere scientemente in atto una strategia per mandare al collasso le strutture di accoglienza del nostro Paese e creare il caos anche a livello di sicurezza nazionale. Un «atto di guerra», lo aveva definito Salvini, e ieri sera il premier ha diffuso un video di circa sei minuti in cui, dopo avere premesso che la pressione migratoria sull’Italia e la situazione delle strutture di accoglienza è insostenibile, ha annunciato delle misure straordinarie che verranno assunte dal governo già dal Consiglio dei ministri di lunedì prossimo. «Il governo», ha affermato il premier, «intende adottare nell’immediato misure straordinarie per far fronte agli sbarchi». La prima che sarà licenziata già lunedì sarà la possibilità di trattenere i migranti nei centri per i rimpatri «fino al massimo consentito dalla normativa Ue», e cioè fino a 18 mesi. Poi il premier ha aggiunto che nelle prossime settimane ci saranno altre misure, tra cui la costruzione di nuove e numerose strutture di trattenimento per i migranti «in zone a bassissima densità abitativa». Al di là delle misure annunciate, il significato politico dell’iniziativa del premier di ieri sera è stato chiarissimo: dare un segnale al proprio elettorato e agli italiani sul fatto che la linea in materia di contrasto all’immigrazione non è cambiata. «Non abbiamo cambiato idea», ha detto alla fine del suo messaggio, proprio nelle ore in cui imperversavano i retroscena su presunti attriti tra Fdi e Lega sulle politiche migratorie. Meloni ha anche rivendicato la bontà del memorandum di intesa con la Tunisia, ma ha accusato alcuni settori dell’Ue di sabotarlo, appellandosi ai diritti civili nel Paese nordafricano, bloccando l’arrivo delle risorse a Tunisi, determinando così un tacito via libera al lavoro dei trafficanti umani. E non a caso l’elemento su cui il premier ha insistito, mostrando di volere la linea dura data l’urgenza della situazione, è proprio il contenimento di partenze e sbarchi: «Noi abbiamo chiesto», ha detto, «un totale cambio di paradigma. Fermare a monte i trafficanti di essere umani e l’immigrazione illegale di massa. E come si realizza? Come è scritto nei nostri programmi: con una missione europea, anche navale se necessario, in accordo con le autorità del Nord Africa per fermare la partenza dei barconi. Verificare in Africa chi ha diritto all'asilo e accogliere in Europa solo chi ne ha effettivamente diritto, secondo le convenzioni internazionali». Dopo aver accusato una parte delle istituzioni Ue, Meloni non ha mancato di accusare anche i loro referenti nella politica italiana (Pd in primis), quando ha fatto riferimento «al quotidiano tentativo di alcune forze politiche e influenti realtà di sostenere che la Tunisia sarebbe un regime oppressivo con il quale non si possono fare accordi, di dichiarare persino che la Tunisia non sarebbe un porto sicuro e quindi dove non è possibile rimpatriare gli immigrati irregolari o impedire la partenza dei migranti da quelle coste».Il messaggio del presidente del Consiglio è arrivato al termine di un’altra giornata convulsa, nella quale il ministro leghista Roberto Calderoli aveva ripetuto le parole di Salvini, affermando che «c’è una regia» contro l'Italia dietro l’impennata degli sbarchi», che «in assenza di una qualunque risposta da parte dell’Europa, l’Italia dovrà fare da sola» e che «quando Matteo Salvini era ministro dell’Interno tutto ciò non si verificava». A margine dell’Assemblea di Confindustria, inoltre, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva annunciato che al ritorno del viaggio in Usa si recherà a Parigi e a Berlino per mettere sul tavolo la questione dei ricollocamenti. Successivamente, Tajani aveva avuto una conversazione telefonica con la sua omologa francese, Catherine Colonna.




