
Uccisi due comandanti della milizia. La Bbc: «Suicidi tra i superstiti del rave». Parigi chiede sanzioni per i coloni violenti. Bibi Netanyahu: «Se Hezbollah attacca, farà la fine di Gaza».Mentre siamo arrivati al sessantatreesimo giorno di guerra a Gaza, in Israele si aggrava ulteriormente il bilancio delle vittime degli attacchi del 7 ottobre. Alla Bbc, un membro dell’equipe medica di aiuto a coloro che sono sopravvissuti all’attacco di Hamas al festival Nova, presso il kibbutz Beeri, ha affermato che «alcuni si sono già suicidati». L’emittente britannica ha poi riportando una dichiarazione di Yaacov Shabtai, commissario della polizia israeliana secondo il quale «in 18, tra giovani uomini e donne, sono stati ricoverati in ospedali psichiatrici perché non stanno più bene». Un peso enorme che questi ragazzi non riescono a portare, come ci conferma la dottoressa Cristina Brasi, psicologa, criminologa e analista comportamentale: «Le vittime di rapimento, dopo la liberazione, potrebbero soffrire di disturbo post-traumatico da stress e disturbo depressivo maggiore. Il riprendere possesso della propria quotidianità e riconquistare la possibilità di vivere nelle ore e nei tempi antecedenti la prigionia sono elementi di stress. Le persone rapite si sarebbero adattate a vivere in un tempo e in uno spazio quasi irreali. I tempi della prigionia e le caratteristiche temperamentali giocano un ruolo determinante nella possibilità di superare l’esperienza traumatica e, quando questa viene vissuta come insostenibile, l’unica risposta per alcune persone è quella del suicidio». L’esercito israeliano (Idf) ieri ha pubblicato sui suoi canali una serie di foto e video nei quali si vedono decine di prigionieri ripresi in mutande, in ginocchio, uno accanto all’altro. Secondo i media israeliani sarebbero miliziani di Hamas arresisi, proprio come aveva chiesto Benjamin Netanyahu «in modo da avere salva la vita». L’Idf ha poi colpito in maniera pesante siti di lancio di razzi, posti di osservazione e altre infrastrutture di Hezbollah al di là del confine, dopo che contro Israele sono lanciati razzi dal Libano. Lo stesso Netanyahu a margine di una riunione svoltasi col ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo di Stato maggiore dell’esercito Herzi Halevi, a proposito di Hezbollah ha affermato: «Se cominciasse una guerra con Israele trasformerebbe Beirut e il Libano meridionale, non lontano da qui, in Gaza City e Khan Yunis». A Gaza, secondo il ministero della Sanità di Hamas, in due mesi di guerra, i bombardamenti israeliani nella Striscia hanno ucciso 17.177 persone, il 70% delle quali donne, bambini e minorenni. Secondo il ministero, nelle ultime 24 ore, in un momento in cui le operazioni si stanno estendendo al territorio dell’intera enclave, sono morte 350 persone. Il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, durante una telefonata con il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman, secondo l’agenzia Irna avrebbe affermato che «la resistenza islamica finora ha risposto con forza agli atti di aggressione e, continuando così, i prossimi giorni saranno veramente terribili per il regime israeliano». Mentre da Mosca dove ha incontrato Vladimir Putin, il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha accusato l’Occidente «di sostenere il genocidio di Israele contro i palestinesi di Gaza». Il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Abdullah bin Zayed al-Nahyan, ha scritto su X: «Abbiamo presentato un progetto di risoluzione al Consiglio di sicurezza chiedendo un cessate il fuoco immediato a Gaza per motivi umanitari in risposta alla situazione catastrofica nella Striscia». La Francia invece ha annunciato sanzioni contro quei coloni israeliani responsabili di violenze contro cittadini palestinesi in Cisgiordania, mentre l’egiziano Diaa Rashwan, capo del Servizio informazioni di Stato, ha affermato che «l’Egitto non permetterà mai lo svuotamento della Striscia di Gaza dei suoi residenti e le operazioni dell’Idf in Cisgiordania mirano a costringere i residenti palestinesi verso la Giordania». Infine, in serata si è appreso che Gal Eisenkot, figlio del ministro ed ex capo di Stato Maggiore dell’Idf, Gadi Eisenkot, è morto in battaglia.
Donald Trump e Sanae Takaichi (Ansa)
Il leader Usa apre all’espulsione di chi non si integra. E la premier giapponese preferisce una nazione vecchia a una invasa. L’Inps conferma: non ci pagheranno loro le pensioni.
A voler far caso a certi messaggi ed ai loro ritorni, all’allineamento degli agenti di validazione che li emanano e ai media che li ripetono, sembrerebbe quasi esista una sorta di coordinamento, un’«agenda» nella quale sono scritte le cadenze delle ripetizioni in modo tale che il pubblico non solo non dimentichi ma si consolidi nella propria convinzione che certi principi non sono discutibili e che ciò che è fuori dal menù non si può proprio ordinare. Uno dei messaggi più classici, che viene emanato sia in occasione di eventi che ne evocano la ripetizione, sia più in generale in maniera ciclica come certe prediche dei parroci di una volta, consiste nella conferma dell’idea di immigrazione come necessaria, utile ed inevitabile.
Adolfo Urso (Imagoeconomica)
Il titolare del Mimit: «La lettera di Merz è un buon segno, dimostra che la nostra linea ha fatto breccia. La presenza dell’Italia emerge in tutte le istituzioni europee. Ora via i diktat verdi o diventeremo un museo. Chi frena è Madrid, Parigi si sta ravvedendo».
Giorni decisivi per il futuro del Green Deal europeo ma soprattutto di imprese e lavoratori, già massacrati da regole asfissianti e concorrenza extra Ue sempre più sofisticata. A partire dall’auto, dossier sul quale il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha dedicato centinaia di riunioni.
Gigi De Palo (Ansa)
Su «Avvenire», il presidente della Fondazione per la natalità, Gigi De Palo, contraddice la ragion d’essere del suo ente chiedendo più nuclei familiari immigrati. L’esito di politiche del genere è visibile in Scozia.
Intervistato dal quotidiano della Conferenza episcopale italiana, Avvenire, il presidente della Fondazione per la natalità, Gigi De Palo, ha rilasciato alcune dichiarazioni a pochi giorni dalla chiusura della quinta edizione degli Stati generali della natalità, indicando quelle che a suo dire potrebbero essere ricette valide per contrastare la costante riduzione delle nascite da cui l’Italia è drammaticamente afflitta (nel solo mese di agosto del 2025 il calo è stato del 5,4% rispetto ai già deprimenti dati dello stesso mese del 2024: in cifre, 230.000 neonati in meno).
Ursula Von Der Leyen e Kaja Kallas (Ansa)
L’esperto: «Tengono in vita il conflitto per salvare la poltrona. L’alternativa è tra una vittoria di Putin oggi o l’esplosione dell’Ucraina (e anche dell’Europa) domani. Senza più industria e con il caro energia, il riarmo voluto da Bruxelles è un piano da Sturmtruppen...».
«Siamo disposti a prendere atto che la Russia ha vinto, il che però ci consente di assicurare all’Ucraina la sovranità nazionale, o vogliamo portare Vladimir Putin al trionfo con la concreta opportunità che l’Ucraina esploda? Siamo lungimiranti da capire che se ci si ferma qui, concedendo alla Russia ciò si è già presa – a torto o a ragione non è questione – l’Europa si salva o vogliamo condurre l’Ue al rischio di dissoluzione?»






