2021-02-05
Le idee di Mr Bce sono l’opposto dei pastrocchi targati dem-Grillo
L'ex governatore ha esposto il suo «programma» in un articolo di marzo. Francoforte striglia l'Italia sullo stop ai licenziamentiA marzo del 2020, nel momento in cui tutti i cittadini italiani ed europei hanno avuto modo di prendere coscienza della pandemia, il quasi presidente del Consiglio Mario Draghi ha scritto una lunga articolessa sul Financial Times. Ha avuto grande eco, ma pochissimo ascolto. In Italia nessun seguito. In sintesi, l'ex governatore della Bce ha spiegato che cosa ci saremmo dovuti aspettare nei mesi successivi all'arrivo del virus. Una tragedia umana mista di morti, fallimenti aziendali e disoccupazione in grado di sommare alla recessione un lungo periodo di depressione. Lo scenario economico più vicino è quello della seconda guerra mondiale, al quale, ha spiegato Draghi, la gran parte delle nazioni ha cercato di reagire facendo debito. Il settore privato è semplicemente vittima (vale per le bombe così come per il Covid) e quindi le perdite delle aziende devono necessariamente essere riassorbite dentro il debito pubblico. Solo così si potrà garantire a chi produce Pil di ripartire dopo il lockdown imposto per rallentare la diffusione della pandemia. Alcuni Paesi sono usciti dalla guerra usando le tasse, altri risistemando il loro debito. La seconda strada è quella suggerita per superare il mostro della pandemia. La liquidità e la velocità nel fornirla, ha concluso Draghi, sono la chiave del successo della ripartenza. Purtroppo il governo giallorosso non ha seguito i consigli di Draghi. O meglio nel primo momento li ha seguito a parole e nell'ultimo trimestre del 2020 non ha nemmeno più ritenuto necessario fingere di seguirli. Il velo del fallimento è calato. La liquidità non è arrivata alle aziende. I famosi 400 miliardi di aiuti si sono rivelati poco più di 150, ma soprattutto si sono rivelati debito privato. È vero che si tratta di prestiti bancari garantiti dallo Stato, ma prima o poi andranno restituiti e quelle voci non finiranno mai a bilancio come capitale. Inoltre, i bonus, cioè le agevolazioni dirette, sono stati irrilevanti rispetto all'ammontare delle perdite. Ci riferiamo a interi settori come quello della ristorazione o dei business più tradizionali. Non solo. I soldi in molti casi sono arrivati con ritardi di mesi e ciò ha comportato altra erosione di cassa e facile collasso. La compagine giallorosso su spinta dei 5 stelle ha così deciso di mettere tutti i problemi sotto il tappeto. Immaginando di non dover mai camminarci sopra. Giuseppe Conte e il suo ministro del Lavoro grillino, Nunzia Catalfo, hanno imposto il divieto di licenziare a partire dal febbraio 2020. Dopo un primo semestre di divieto totale, hanno fatto piccole e inutili modifiche. Hanno permesso di licenziare solo in caso di fallimento o messa in liquidazione e hanno reso la cassaintegrazione più onerosa. Nonostante l'ufficio parlamentare di bilancio, assieme ai tecnici del Senato, li avessero avvertiti dell'errore di tiraggio. È un gergo tecnico. Dimostra che i miliardi stanziati per la Cig erano troppi per le necessità del Paese. In pratica, già a novembre ballavano in eccesso quasi 4 miliardi. Con il risultato paradossale che parte della cassaintegrazione è andata a chi non ne aveva bisogno e altra è rimasta nei cassetti drenando risorse fondamentali per altri interventi. A quel punto, in occasione della manovra, i giallorossi invece di ravvedersi hanno prolungato il divieto di licenziamento fino al 31 marzo. Promettendo (pochi giorni prima della crisi di governo) di voler estendere ancora di più il divieto. Ieri per la seconda volta di fila sul tema è intervenuta la Bce. I regimi di sostegno al calo delle ore lavorative, ha scritto Francoforte, «mirano a prevenire la perdita di capitale umano e a stabilizzare i consumi di coloro che, altrimenti, avrebbero perso il proprio impiego». Tuttavia, l'esperienza passata mostra che «durante la ripresa, l'ampio ricorso ai regimi di sostegno può ostacolare la riallocazione dei lavoratori nel caso si verifichino cambiamenti strutturali, influenzando negativamente la creazione di occupazione». La Bce insite e il messaggio diretto all'Italia è di porre un limite temporale ai blocchi. Non solo perché una volta tolto il tappo esploderà la disoccupazione, ma anche perché nel medio periodo sarà più difficile ricollocare le professionalità. Un governo Draghi sostenuto da Pd e 5 stelle, gli stessi partiti che hanno avviato tali scempi economici, come si muoverà di fronte al lavoro e all'uso dell'indebitamento? Una domanda che dovrebbe essere retorica. Draghi lo scorso marzo è stato chiaro. Ha parlato di liquidità e assorbimento celere del debito. Nel suo discorso al Colle, minuti dopo aver incontrato Sergio Mattarella, ha aggiunto chiaro e tondo che la sua responsabilità va alle giovani generazioni. Anche qui l'esatto opposto di quanto han fatto Conte, la Catalfo e pure Roberto Gualtieri. Servirà fare altro debito ma non buttarlo al vento come è stato fatto nel 2020, mettere in chiaro che non si può tornare ai parametri Ue, finanziare con liquidità vera le imprese e con tagli drastici delle tasse e infine rimettere in pista il mercato del lavoro. Draghi dovrà in pratica smontare tutto. Buffo se lo farà al fianco dei distruttori.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)