2025-02-28
De Bortoli trasmette il contrordine. «Su woke e green si è esagerato»
Ferruccio de Bortoli (Ansa)
Dopo aver sposato ogni follia ideologica progressista e aver diffamato chi sollevava dubbi, i commentatori dei grandi media iniziano a riposizionarsi. L’ex direttore del «Corriere»: «Ci sono stati eccessi e ipocrisie».L’ingrato compito lo hanno affidato a Ferruccio de Bortoli, che è uomo di grande classe e di inattaccabile professionalità, nonché una delle firme più celebri di via Solferino. In effetti, per il Corriere della Sera, si tratta di una retromarcia non proprio facile da spiegare, e ci voleva una penna sufficientemente felpata e avvolgente per far digerire ai lettori l’amaro boccone. Il succo è: abbiamo scherzato. Vi abbiamo propinato - assieme alla quasi totalità della grande stampa occidentale - le più angoscianti tirate apocalittiche dell’ecologismo modaiolo, vi abbiamo sottilmente (e nemmeno troppo) sdoganato le idiozie woke sul razzismo e le minoranze, ma adesso è il momento di tornare indietro e ammettere che si trattava di stupidaggini. De Bortoli ha accennato la questione lunedì sul supplemento economico del Corriere: «Anche nel governo delle società si percepisce che l’aria è cambiata», ha scritto. «La prima conseguenza, nella governance societaria, da quando Donald Trump è alla Casa Bianca, è una visibile inversione di tendenza sui temi della sostenibilità, della finanza verde e della cosiddetta diversity. Così repentina da farci sospettare che molti propositi fossero del tutto insinceri e strumentali. Sulle politiche inclusive, anche nelle aziende di cultura più solida, si assiste a una prudente pausa di riflessione». Tradotto: abbiamo capito che il cosiddetto capitalismo woke era, appunto, capitalismo. Mirava cioè a fare soldi, anche se si avvoltolava con piacere nella retorica sui diritti e il riscatto degli oppressi. Lo dimostra il fatto che le compagnie americane, non appena il vento è mutato, si sono rapidamente adattate buttano nel cestino il dirittismo e altre menate progressiste. Fin qui si tratta di una ragionevole presa d’atto. Ma c’è di più, perché De Bortoli ieri è tornato sull’argomento, e lo ha fatto sulle pagine di Pianeta20.30, inserto del giornale di via Solferino nato proprio per cavalcare l’onda verde dei timori sul riscaldamento globale e portare acqua alla famigerata Agenda 2030. Stavolta Ferruccio ci è andato pesante. Ribadisce, per cominciare, che dall’arrivo di Trump si è registrata una brusca frenata sulle politiche (presunte) ambientali oltre che su quelle riguardanti «diversità e inclusione». Segue l’affondo: «Poi c’è un errore, assai diffuso. Quello di pensare che questa stagione, parzialmente revisionista, abbia come causa solo la svolta politica americana. Trump», dice De Bortoli, «è stato il detonatore che ha portato alla superficie superficie del dibattito pubblico tanti dubbi rimasti inespressi. Ha contribuito a frenare slanci verdi del tutto apparenti e a smascherare conformismi di circostanza. Diciamo che ha squarciato un velo di ipocrisia collettiva. Lo si può constatare, per esempio, nella marcia indietro di molte società, non soltanto americane, sul temi di diversity, equality and inclusion (Dei) con uno spiacevole corollario di atteggiamenti di vendetta (soprattutto nei confronti delle donne) per alcune scelte o eccessi che prima non si aveva il coraggio di contrastare. Il revisionismo anti-woke e quello ecologico sono parenti stretti, nonostante la lontananza abissale tra le due materie. Perché il vento conservatore e sovranista soffia contro l’eccesso di tutte quelle regole che andrebbero contro la libertà di scelta dei cittadini. Non senza qualche ragione». A quanto pare, ora si può ammettere che qualcosa non andava, che i sostenitori dell’ecologismo e del woke forse non erano poi così buoni e disinteressati. «Gli eccessi ci sono stati», continua De Bortoli. «Per esempio la posizione intransigente sul Green Deal dell’ex vicepresidente della Commissione europea, l’olandese Frans Timmermans, che poi ha perso le elezioni nel suo Paese, è risultata ideologica e impopolare. Ogni esagerazione ha la sua controspinta. Il ripensamento è in atto soprattutto sul versante della mobilità privata che, tra l’altro, è soltanto una parte minoritaria delle cause di inquinamento (del trasporto merci si parla assai poco). La probabile cancellazione delle multe alle case automobilistiche europee, in ritardo nel passaggio dall’endotermico all’elettrico, porterà a rivedere la data fatidica del 2035 come fine della produzione del motore tradizionale. O perlomeno a una diversa interpretazione di quel passaggio biblico che tanto spaventa l’industria e non solo, lasciando maggiore spazio a combustibili verdi o sintetici. Un alto livello di emissioni di gas serra appare oggi un male minore di fronte al rischio di una desertificazione industriale». Secondo l’ex direttore del Corriere, «la transizione energetica è di per sé socialmente iniqua. Questo è il punto dolente. Le compensazioni a favore dei ceti più deboli non appaiono al momento convincenti. E in una democrazia (per fortuna) le persone votano. E oggi il voto non va nella direzione di una decarbonizzazione accelerata. Tutt’altro». I cittadini, a quanto pare, rispondono negativamente a chi vuole imporre cambiamenti pesanti dello stile di vita e sono stanchi dell’ingegneria sociale. Tutto ciò - De Bortoli lo riconosce - non avviene a causa di Trump. Anzi, semmai Trump è (anche) il prodotto dall’avversione per gli eccessi politicamente corretti. Il fatto, però, è che non si tratta certo di una novità. Le esondazioni, le esagerazioni e le falsità erano visibili e individuabili facilmente. L’ipocrisia woke e i conformismi ecologisti che l’editorialista oggi depreca sono stati la cifra del giornalismo italico per quasi un decennio, e si sarebbero potuti evitare. Ma i nostri media, al solito, hanno preferito adeguarsi e alimentare la narrazione prevalente. E ora si trovano nella spiacevole necessità di riposizionarsi, e di adattarsi ai tempi nuovi. Questi sì sono gli effetti del cambiamento climatico: l’aria si fa più sovranista, e i nostri cari colleghi si precipitano a modificare il tiro.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.