2021-06-02
Ora Dazn cambia le tariffe in tavola. Ecco quanto si pagherà per la serie A
Per vedere tutte le gare del campionato (sette in esclusiva e tre in co-esclusiva con Sky) la piattaforma chiede dall'1 luglio 29,99 euro al mese. Che scendono a 19,99 per i nuovi clienti. Previste offerte future per i già abbonati.La si attendeva da tempo, la rivoluzione copernicana nel mondo televisivo dedicato al pallone, e dopo mesi di tira e molla, duelli all'ultimo sangue e all'ultimo dispetto tra Dazn e Sky sull'assegnazione dei diritti, il mosaico della prossima stagione è completo. Sarà Dazn a presidiare le partite del campionato italiano di Serie A in partenza alla fine di agosto. Un cambiamento destinato a durare, per ora, fino al 2024. Con molte novità per gli abbonati di primo pelo e per quelli di lungo corso. Iniziamo con la suddivisione della torta: tutti i dieci match di ogni turno di campionato saranno appannaggio di Dazn, tre dei quali in co-esclusiva con Sky. L'emittente satellitare con sede a Rogoredo, periferia di Milano, che fa capo al gruppo americano Comcast, potrà rifarsi sul fronte europeo: assieme a Amazon Prime Video e Mediaset si spartirà gli incontri di Champions League, con il Biscione di Cologno Monzese pronto a trasmettere in chiaro su Canale 5 una gara ogni martedì e la finale. L'Europa League e la neonata Conferenze League saranno disponibili solo su Sky, così come tutto il campionato di Serie B. Sempre su Sky, gli abbonati potranno godere delle disfide di Premier League, Bundesliga e della Ligue 1 francese. Ma in Italia, si diceva, la parte del leone la svolgerà Dazn, che oltre al massimo torneo nazionale, ruggirà con Liga spagnola, Copa Libertadores, Copa Sudamericana, Fa Cup, Carabao Cup, Mls, oltre ai canali tematici di Inter e Milan. Non scordando, per i suoi abbonati, la possibilità di seguire MotoGP, Moto2 e Moto3, Nfl, Ufc, Matchroom, Golden Boy, Indycar e freccette e i canali tematici Eurosport 1 e 2. Ora resta da capire come districarsi nel dedalo degli abbonamenti, percorso a ostacoli che elargisce gioie al pubblico, pur alleggerendone il portafoglio. Lo spettro delle casistiche contempla in prima istanza l'abbonato nuovo di zecca alla piattaforma. In quel caso, chi deciderà di sottoscrivere il contratto dal primo al 28 luglio, beneficerà di un'offerta da 19,99 euro al mese per 14 mesi, altrimenti il prezzo piano è di 29,99 euro. Attivarla non sarà complesso. Basterà collegarsi al sito Dazn, seguire le indicazioni per la creazione del profilo personale, pagare e scaricare l'app dedicata. Chi fosse già cliente, pagherà 19,99 euro, ma solo a partire da settembre, ottenendo gratis luglio e agosto. Un aumento di 20 euro (prima se ne pagavano 9,99), in cambio di un bouquet di eventi sportivi assai pingue. In entrambi i casi, per disdire sarà sufficiente un clic. Poi ci sono gli abbonati Sky. Fino al 30 giugno, l'offerta congiunta Sky-Dazn consentirà loro di godere del doppio binario di fruizione. Ma a partire da luglio, il voucher non sarà rinnovabile, e i canali Dazn spariranno dall'universo Sky. Si imporrà dunque la sottoscrizione di un nuovo abbonamento. Diversi utenti sui social si chiedono se ciò avverrà con qualche particolare agevolazione, per ora non annunciata. Molta curiosità destano pure le modalità di fruizione di cotanto materiale agonistico. La banda larga in Italia non è ancora sviluppata alle massime condizioni di efficienza e una delle partite decisive per l'emittente in streaming che fa capo all'imprenditore di origini ucraine Len Blavatnik sarà mettere lo spettatore a suo agio durante gli incontri, evitando sorprese nefaste come lo schermo nero. A oggi, lo sport su Dazn è visibile, in diretta e on demand, su smart TV, Apple TV, Android TV. Si può visualizzare anche su smartphone o tablet attraverso l'app (gratuita sia per Android, sia per iOS), oppure sul pc fisso e sulle console PlayStation4 e Xbox One. Piccoli tecnicismi che contano: sono richiesti 2.0 Mbps - unità di misura che indica la capacità di trasmissione dei dati su una rete informatica - di download con un livello di definizione standard utilizzando il telefonino. Per l'alta definizione è richiesta una capacità di 3.5 Mbps. Si passa a 6.5 Mbps per il full HD, un livello ancor più particolareggiato. Sul televisore, la velocità minima raccomandata è 8.0 Mbps. Non dimenticando che Dazn è al culmine di trattative serrate con Urbano Cairo per acquistare frequenze sul digitale terrestre e alleggerire la rete in caso di traffico troppo pesante. Un salvagente essenziale, considerato come sono andate le cose nella stagione passata. C'è chi si domanda se gli spazi saranno utilizzati pure per imbastire ulteriori accordi di condivisione con la concorrenza (per esempio proprio Sky). E c'è di più. Nel mare magnum di mutamenti profondi, non sfugge all'occhio degli appassionati la presenza di Amazon Prime Video, che ha messo il suo piedino nel mondo del calcio nazionale assicurandosi i diritti per una partita ogni mercoledì sera di una squadra italiana impegnata in Champions League, inserendole senza costi aggiuntivi nei suoi pacchetti. A questo si aggiunge la voce di corridoio, a oggi non confermata, di un possibile approdo del Vate delle telecronache Sandro Piccinini alla corte di Jeff Bezos. Indizi polposi per avvalorare l'ipotesi che si stia vivendo soltanto l'inizio di uno smottamento mica da ridere.
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Giorgetti ha poi escluso la possibilità di una manovra correttiva: «Non c'è bisogno di correggere una rotta che già gli arbitri ci dicono essere quella rotta giusta» e sottolinea l'obiettivo di tutelare e andare incontro alle famiglie e ai lavoratori con uno sguardo alle famiglie numerose». Per quanto riguarda l'ipotesi di un intervento in manovra sulle banche ha detto: «Io penso che chiunque faccia l'amministratore pubblico debba valutare con attenzione ogni euro speso dalla pubblica amministrazione. Però queste sono valutazioni politiche, ribadisco che saranno fatte solo quando il quadro di priorità sarà definito e basta aspettare due settimane».
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