2025-04-05
Dazi, l’impresa italiana scaccia l’isteria. Forum Ambrosetti: «Impatto minimo»
Valerio De Molli, ad di The European House - Ambrosetti (Imagoeconomica)
L’ad Valerio De Molli: «Situazione gestibile». Confindustria Veneto: «L’Ue tratti con gli Usa». Federmeccanica: «Guerra da evitare».Sangue freddo e diplomazia. È la voce univoca che si alza dal fronte imprenditoriale nel secondo giorno di passione dopo l’annuncio dei dazi al 20% da parte di Donald Trump. Le borse a picco potrebbero spingere a una reazione umorale, giustificando meccanismi di ritorsione, che sembrano non dispiacere a Bruxelles. Ma la risposta muscolare rischia di fare più danni della strategia di Trump, innescando una reazione a catena il cui esito è difficile da prevedere, ma con la certezza che a perderci sarebbe comunque l’Europa. Per questo il mondo delle imprese, se pur in allarme per le esportazioni, suggerisce di agire con cautela. «Sangue freddo e diplomazia», appunto. Dare per spacciato il made in Italy negli Usa è prematuro ed esagerato. In questa direzione un aiuto per capire la situazione dovrebbe venire da un documento che The European House - Ambrosetti, presenterà oggi. «Le analisi di Teha sull’impatto della politica tariffaria statunitense sull’Ue e sull’Italia, evidenziano impatti mediamente contenuti e gestibili per il sistema Paese, pur mantenendo la consapevolezza che alcune aziende e singoli settori potrebbero essere pesantemente colpiti», ha dichiarato l’ad Valerio De Molli. Ma se lo scenario è questo, gettare altra benzina sul fuoco, come sarebbero i controdazi, non farebbe che aggravare il quadro. Tant’è che la settimana prossima le Confindustrie regionali saranno a Bruxelles per proporre idee su come affrontare questa situazione. Lorenzo Delladio, presidente di Confindustria Veneto, ribadisce con forza che «i controdazi sono l’ultima spiaggia, prima bisogna tentare un negoziato per far ragionare l’amministrazione americana e trovare un accodo che consenta loro di riequilibare la bilancia commerciale senza ricorrere alle tariffe doganali. In questa fase l’Ue deve reagire compatta». Delladio è dell’idea che «forse questo aiuterà a compattare gli Stati» a raggiungere quell’unità di azione che è il tallone d’Achille dell’Ue. Sulla stessa linea è Federico Visentin, presidente di Federmeccanica che, pur sottolineando le «conseguenze importanti su tutta la filiera della componentistica», sostiene anche che «una guerra combattuta a suon di dazi fa male a tutti, perché porta a un aumento dei prezzi per imprese e cittadini di tutti i Paesi coinvolti, nessuno escluso. Lo scenario che si sta delineando è preoccupante anche per la recrudescenza di tensione e conflitto che si porta dietro. Per questo spero che l’Ue rifletta bene rispetto a una controffensiva che si ponga sullo stesso livello».Nel settore della moda, le imprese confidano sull’alto valore aggiunto della produzione che dovrebbe mitigare l’impatto dei dazi. Ecco cosa dice Katia Pizzocaro, presidente Federazione della moda di Confartigianato Veneto: «Ci auguriamo che i nostri prodotti di qualità e molto apprezzati all’estero convincano i consumatori americani a pagarli qualcosa in più». Poi spiega che il settore subirà l’impatto delle nuove tariffe in modo diverso al suo interno: «Mi sono già confrontata con alcuni imprenditori, c’è chi è più fortunato e negli anni ha diversificato le destinazioni. Chi invece ha negli Usa il principale sbocco. La decisione si somma ai fattori che hanno condizionato negativamente le economie delle imprese di questi ultimi anni. È l’ennesima sfida che il settore di moda e calzature veneto dovrà affrontare». La parola d’ordine è cercare nuovi mercati di sbocco. «Ma non è semplice, l’Italia e l’Europa faticano un po’».Germano Scarpa, presidente Biofarma, è per la linea diplomatica: «A preservare le aziende del nostro settore è in primis il fatto che sono già fortemente insediate negli Usa».Per il presidente del Cluster Arredo Fvg, Edi Snaidero, è fondamentale distinguere tra i diversi segmenti del comparto. «Il rischio è elevato, soprattutto per i prodotti più facilmente sostituibili ed economici. Diverso il discorso per l’arredo di fascia alta e il made in Italy, inimitabile per design e identità: questo segmento è più protetto, poiché meno replicabile».Il presidente di Confindustria Veneto, Raffaele Boscaini, è secco: «No a ritorsioni, i dazi al 20% mi fanno dire che con Trump si può trattare». Confida nella via diplomatica «per trovare soluzioni in grado di mitigare l’impatto dei dazi», Martin Figelj, presidente della Coldiretti del Friuli-Venezia Giulia.Heiner Oberrauch, presidente della Confindustria Alto Adige, vede in questa situazione anche un’opportunità: «In tutta questa tragedia l’Europa deve unirsi e diventare più forte. Forse alla fine potremo ringraziare Trump se avremo un’Europa più coesa. Trump ci ha svegliato: dobbiamo concentrarci sulle nostre forze restando uniti. Una guerra dei dazi non vede mai vincitori, si perde da entrambi le parti».Ma c’è chi in questo braccio di ferro commerciale vede un pericolo più grande all’orizzonte. «Serve un patto con gli Usa. Il vero nemico è la Cina», avverte il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi.
Silvia Salis (Imagoeconomica)
Il vicepresidente americano J.D. Vance durante la visita al Santo Sepolcro di Gerusalemme (Getty Images)
Roberto Cingolani, ad di Leonardo (Getty Images)
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)