2019-10-02
Trump fissa la batosta dazi per l'Europa. Vedremo quanti miliardi toccheranno a noi
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L'Organizzazione mondiale del commercio ha appena dato il via libera a pesanti dazi statunitensi su un'ampia lista di beni di importazione europea come ritorsione ai sussidi illegali ricevuti dal colosso Airbus. Il giro d'affari complessivo a essere colpito sarà di circa 7,5 miliardi di dollari, nonostante la richiesta originaria di Washington fosse di 11,2 miliardi. Bruxelles, dal canto suo, ha già reso noto di essere pronta per una rappresaglia commerciale, sebbene i tempi di reazione potrebbero rivelarsi particolarmente lunghi.L'elenco provvisorio di prodotti che potrebbero essere presi di mira con dazi fino al 100% comprende merci con un valore commerciale annuo di 25 miliardi di dollari e spazia dagli stessi jet Airbus a elicotteri, vino, borse e formaggi. Con ogni probabilità, a finire maggiormente nel mirino risulterà il settore agroalimentare italiano, le cui esportazioni nel mercato statunitense valgono circa 4,2 miliardi di dollari. In particolare, nella blacklist potrebbero finire prodotti come parmigiano, pasta, olio e salumi.Insomma, lo scenario non appare particolarmente roseo. E il paradosso principale risiede nel fatto che l'Italia rischi di pagare il prezzo maggiore nell'ambito di un conflitto commerciale di cui non ha responsabilità. La disputa tra Boeing e Airbus è iniziata nel 2004, quando le autorità dell'Unione Europea dichiararono che Boeing avesse ricevuto 19 miliardi di dollari in sussidi illegali da parte del governo americano tra il 1989 e il 2006. Per tutta risposta, Washington presentò un reclamo simile quell'anno, puntando il dito contro i sussidi europei ad Airbus. Successivamente l'Organizzazione mondiale del commercio ha emesso sentenze favorevoli a entrambe le parti, sottolineando la complessità della controversia. Tuttavia, negli ultimi anni, questa disputa ha assunto una connotazione nuova, visto che l'amministrazione Trump l'ha di fatto inserita nel più complessivo quadro di uno scontro commerciale diretto tra Washington e Berlino. È del resto noto che Trump abbia sempre considerato la Germania di Angela Merkel - insieme alla Cina - come uno dei principali rivali commerciali degli Stati Uniti. Fu d'altronde proprio grazie a questa linea dura che il magnate newyorchese riuscì a conquistare - nel 2016 - il fondamentale sostegno della classe operaia impoverita della Rust Belt: una quota elettorale che non vede troppo di buon occhio il surplus commerciale tedesco. In tal senso, il presidente americano ha inserito la disputa su Airbus in questo tumultuoso contesto, rendendola uno dei vari fronti di scontro con Berlino: forse il più importante, insieme alle aspre diatribe inerenti al settore automobilistico.Per questa ragione la sfera commerciale non può essere scissa da quella geopolitica. E il problema principale è forse costituito dall'attuale politica estera dell'Italia: una politica estera molto (forse troppo) ambigua, come testimoniato anche dalla visita del segretario di Stato americano, Mike Pompeo, a Roma. Se infatti da una parte l'esecutivo giallorosso sta cercando di cucire una convergenza con Washington, dall'altra parte la sua profondissima vicinanza a Berlino rischia seriamente di annullare ogni anelito atlantico. Non solo le principali forze politiche che costituiscono il governo Conte bis hanno votato a favore di Ursula von der Leyen a presidentessa della nuova Commissione europea. Ma, più in generale, l'esecutivo giallorosso ha assunto un atteggiamento assai conciliante verso Angela Merkel. Va da sé che una simile linea di politica estera non possa che creare difficoltà nei rapporti con Washington. Soprattutto in una fase acuta del suo scontro commerciale con Berlino. Fase acuta che rischia, tra l'altro, di peggiorare ulteriormente. Non dobbiamo infatti dimenticare che, in patria, Trump sia già in campagna elettorale, in vista delle presidenziali che si terranno nel novembre del 2020. Un elemento che, con ogni probabilità, porterà l'inquilino della Casa Bianca ad alzare il livello di tensione tariffaria tanto con la Cina quanto con l'Unione Europea. In tal senso, una convergenza così forte con Berlino da parte dell'Italia rischia di rivelarsi particolarmente imprudente. Senza poi trascurare che - come dimostra proprio la questione Airbus - restare silenziosamente sotto l'ombrello tedesco non sembra recare grandi benefici al nostro Paese.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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