2022-07-29
«Datti una calmata» «Ti spiego cosa fare». Fra i Letta boys volano gli stracci
Il presunto «fronte repubblicano» è una polveriera: Andrea Orlando e Carlo Calenda litigano, Renzi sgomita e il segretario dem sonnecchia.Il camper rosso ha bucato. Sta ancora sul raccordo anulare fermo in corsia di emergenza. Mentre Emma Bonino frigge europeismo draghiano e Nicola Fratoianni ricorda che «l’agenda Draghi non sarà mai la nostra», mentre Pierluigi Bersani decide di non candidarsi e Clemente Mastella pretende di salire con l’ombrellone post democristiano aperto, la prima lite da predellino si consuma fra Andrea Orlando e Carlo Calenda. Il ministro della cassa integrazione «a 35 gradi percepiti» ha finito la pazienza prima di cominciare e alla festa de L’Unità di Roma non si trattiene: «Abbiamo una situazione eccezionale, dobbiamo dare un messaggio netto. Ieri Calenda si è candidato a fare il presidente del Consiglio, oggi ha censurato gli interventi che non gli piacevano alla direzione del Pd. Domani probabilmente ci dirà che per fare l’alleanza dovremo indossare le magliette di Azione. A Calenda lancio un appello: datti una calmata!». Il Pericle dei Parioli lascia passare la notte e replica: «Dovrei darmi una calmata secondo la sinistra? Sto solo cercando di spiegare quali devono essere le cose da fare per il prossimo governo. Non sono polemiche o picconate ma cose da fare».Cose che Orlando, leader dei piddini postmarxisti, non vuole neppure sentire perché gli provocano la gastrite: spese Nato secondo le richieste americane, riduzione del debito con il taglio dei sussidi a pioggia (caposaldo dei grillodem), revisione del reddito di cittadinanza, abolizione del bonus 110%, rigassificatori a palla, riapertura delle centrali nucleari, abolizione dello slogan «acqua pubblica», salario minimo deciso da una commissione indipendente, quote d’ingresso per un’immigrazione qualificata, riprivatizzazione dell’Ilva, separazione delle carriere nei Tribunali. Matteo Salvini è molto meno liberista. Per Orlando e la Babele rossa sono autentiche bestemmie. Del resto Calenda li ha sempre definiti: «Frattaglie di sinistra». Enrico Letta finge di non sentire e continua a ripetere la metafora del camper: «Voglio con noi chi porta un valore aggiunto, chi si approccia con spirito costruttivo e chi non arriva con veti. In una vacanza di due settimane in camper non porti qualcuno che, appena salito, chiede a un altro di scendere. Ma voglio essere chiaro: la coalizione non è il cuore, contano le idee». Quelle di Calenda sono irricevibili per tre quarti degli altri, Goffredo Bettini se n’è andato a gambe levate in Thailandia appena le ha lette («No grazie, senza il Movimento 5 stelle non mi candido») ma il segretario alla guida del mezzo ha gli AirPods con Imagine a tutto volume e non ascolta. È più facile additare i fascisti su Marte.Sulla roulotte col motore dei «Democratici e progressisti» (l’accozzaglia si chiama così) c’è nervosismo anche per i collegi. L’argomento non è mai all’ordine del giorno perché aprirebbe faide interne senza fine. Il Nazareno ne ha già promessi a Roberto Speranza in arrivo da Articolo 1, ai transfughi Renato Brunetta e Mariastella Gelmini, a pasionarie senza base elettorale come Laura Boldrini, Alessia Morani, Beatrice Lorenzin. E soprattutto al protagonista della più inutile scissione dell’anno: Luigi Di Maio. L’ex grillino lavora per rientrare in Parlamento a tutti i costi e Letta gli avrebbe parlato di un collegio sicuro in una storica roccaforte (Emilia Romagna e Toscana), già presidiato da candidati locali molto riottosi a fare un passo indietro. Riecco la sindrome del Mugello, dove il Pd aveva regalato la poltrona ad Antonio Di Pietro. C’è la possibilità che Giggino finisca a Bolzano dove Matteo Renzi aveva piazzato a suo tempo Maria Elena Boschi. Ma la nemesi vorrebbe che finisse a chiedere voti dalle parti di Bibbiano. Mentre il centrodestra dipinto allo sbando dai media ha già deciso modalità e quote nei collegi uninominali, il camper dei migliori sembra quello di Breaking Bad; si parla d’altro per non prendersi a schiaffi. Con due ulteriori motivi di attrito. Il primo è Matteo Renzi, tenuto fuori dalla porta fino a ieri, quando Letta ha dichiarato a sorpresa: «Con lui nulla di personale. Non mettiamo veti. Quando sono ritornato qualcuno ha pensato che fossi animato da spirito di vendetta come il Conte di Montecristo, ma non sono così». Il senatore di Scandicci ha subito preso la palla al balzo: «Nel Pd dicevano che Renzi fa perdere voti e non mi volevano, evidentemente hanno fatto due conti e hanno cambiato idea. La politica sembra impazzita, sarà il caldo». Una partenza davvero liscia per il discount delle idee. Mentre Orlando rimpiange il flirt con Giuseppe Conte («L’alleanza con i 5 stelle aveva un valore, tra cui quello dei numeri, ma penso sia difficilmente recuperabile») e tutta Base riformista vorrebbe buttare a mare la sinistra-sinistra per fare posto a Italia viva, c’è un professionista della braciola centrista che spinge: chi se non l’immortale Clemente Mastella? Lui non ha bisogno di pietire voti, nella marca beneventana li ha da mezzo secolo: «Mi auguro che Letta, forte della sua esperienza da democristiano, eviti e faccia evitare veti. Se non farà questo, dopo le elezioni sarà l’ex segretario del Pd».