La mortalità in Italia, dopo il picco del primo anno di pandemia, è calata lentamente, nonostante misure vessatorie e vaccini. Per certe fasce d’età, addirittura, gli anni dopo il 2020 sono stati peggiori. Sulle cause dei decessi, l’ente di statistica va a rilento.
La mortalità in Italia, dopo il picco del primo anno di pandemia, è calata lentamente, nonostante misure vessatorie e vaccini. Per certe fasce d’età, addirittura, gli anni dopo il 2020 sono stati peggiori. Sulle cause dei decessi, l’ente di statistica va a rilento.«I dati dimostrano che i vaccini hanno fermato la strage», dichiarava ieri Il Messaggero in un articolo dal tono trionfalistico: «Covid 5 anni dopo. La sconfitta dei No vax». Gli spunti, per tanto ottimismo, sarebbero arrivati da dichiarazioni Istat rese durante l’audizione di martedì alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione pandemica in Italia. In realtà basta riascoltare gli interventi di Cristina Freguja, direttrice del dipartimento per le statistiche sociali e demografiche Istat e delle altre dirigenti presenti in Aula, per capire che la situazione presentata è ben diversa. Nel 2020, anno d’inizio dell’emergenza sanitaria, i morti nel nostro Paese furono 746.146, quasi 100.000 in più rispetto alla media (645.620) del quinquennio 2015-2019. Nel 2021 partono le campagne vaccinali, si inaspriscono lockdown, limitazioni di accessi e circolazioni legate al possesso del green pass, eppure i decessi calano solo del 5% rispetto all’anno nero 2020: risultano 701.000 morti su tutto il territorio nazionale. Rispetto alla media del quinquennio precedente sono +63.000 decessi (+9,8%). Nel 2022 i morti risalgono, diventano 721.974 (+76.354 rispetto al periodo 2015-2019). Altro che riduzione della mortalità per effetto vaccino. Non a caso, gli esponenti di Fdi della commissione, in una nota, hanno preso le distanze dai toni euforici con i quali sono stati accolti «i presunti dati positivi sulla mortalità da Covid». Anzi, sottolineano che dall’audizione Istat è emerso «il persistere del tasso elevato di mortalità anche nella seconda fase della pandemia. Questi elementi dimostrano, fra le altre cose, l’inefficacia delle misure fortemente lesive delle libertà personali, più che altrove in Europa, adottate dai governi italiani dell’epoca».I dati della relazione dell’Istituto nazionale di statistica sono chiari: il tasso standardizzato di mortalità per tutte le cause che era di 4,9 decessi per 10.000 abitanti nel 2019, sale a 5,1 nel 2020 e raggiunge il valore di 5,3 nel 2021. Nel 2022 scende a 5,2, ma rimane superiore a quello del 2019. «Per le classi 50-64 e 65-79 anni la mortalità complessiva nel 2022 resta più elevata rispetto ai valori osservati nel 2019». Quanto alle cause di morte, per Covid-19 risultano 78.673 decessi nel 2020 (10,5% del totale), scendono a 63.915 nel 2021 (9,0%) e a 51.630 nel 2022 (7,2%). Non è che campagne vaccinali e restrizioni abbiano dimezzato la mortalità, per quanto si voglia affermare il contrario. Negli under 50 il virus è stato ritenuto responsabile di 785 decessi nel 2020, di 922 nel 2021 e di 611 nel 2022. Basta guardare il grafico in pagina, per accorgersi che rispetto al 2020 e malgrado il vaccino e il lockdown, le morti non si sono fermate. «Le limitazioni erano molto blande», scrive Il Messaggero. Affermazione che ha dell’incredibile se consideriamo che l’Italia ha adottato misure tra le più restrittive. Secondo il Covid-19 Community mobility report di Google, gli spostamenti per lavoro si erano ridotti del 62%, dell’82% verso supermercati e farmacie, del 94% verso negozi e locali, del 95% per raggiungere aree verdi o spiagge. L’unico dato in crescita era quello della permanenza in casa (+ 24%), eppure starsene rintanati tra le mura domestiche non è servito nemmeno a dimezzare il numero di morti.l lockdown hanno avuto un impatto negativo sulla salute mentale e fisica delle persone, sono stati pesantissimi per gli studenti costretti alla didattica a distanza e all’impoverimento scolastico; a livello economico hanno provocato una profonda recessione con migliaia di attività ed esercizi costretti a chiudere e che più hanno riaperto. Però si è continuato a morire più che nel quinquennio precedente. E come documenta un’elaborazione a cura del Comitato difesa minori, la fiducia nei vaccini Covid si è drasticamente ridotta. Da oltre 111 milioni di dosi del 2021 si è scesi a 32,9 milioni nel 2022, a 2,6 milioni di dosi nel 2023 fino a 1,18 milioni di dosi dello scorso anno.Sui decessi successivi al 2022 dovremo ancora aspettare prima di conoscerne le cause. L’Istat riceve le denunce delle cause di morte effettuate dai medici su un modulo cartaceo (le cosiddette schede di morte), dopodiché deve registrarle e codificarle avvalendosi della Classificazione internazionale delle malattie (Icd) dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Una perdita di tempo surreale, in tempi di intelligenza artificiale. Alcuni dei commissari presenti durante l’audizione, Alice Buonguerrieri, Andrea Tremaglia, Ignazio Zullo di FdI assieme al presidente Marco Lisei e Alberto Bagnai della Lega, hanno chiesto all’Istat di fornire i dati grezzi sulla mortalità nel periodo Covid, per fasce di età. Con possibili raffronti rispetto agli altri Paesi europei. I tassi standardizzati di mortalità elaborati dall’istituto non considerano, infatti, età e sesso dei deceduti. «Mentre risultano importanti per formulare un giudizio politico e adeguare future politiche sanitarie», ha tenuto a precisare Lisei.
Cristiano d'Arena (foto da Facebook)
È Cristiano D’Arena l’ultimo nome finito nell’inchiesta di Brescia: avrebbe venduto a Venditti e Mazza vetture a prezzi bassi in cambio di accordi per favorire un’altra sua società monopolista nel settore delle intercettazioni.
Il supporto tecnico per le intercettazioni, le auto in leasing per la Procura e il ristorante che era diventato il punto di ritrovo della «Squadretta» di investigatori che lavoravano a stretto contatto con l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e con il sostituto Paolo Pietro Mazza (ora in servizio a Milano). Nell’inchiesta bresciana sulla presunta corruzione dei due magistrati ricorrono i nomi delle società del gruppo imprenditoriale riconducibile a Cristiano D’Arena, titolare della Esitel, monopolista, per molti anni, delle intercettazioni per la Procura di Pavia (comprese quelle del fascicolo del 2017 su Andrea Sempio per il delitto di Garlasco), alla guida della Cr Service che aveva fornito le vetture per le indagini e ospitale gestore del ristorante.
Luca Palamara (Ansa)
La nostra intervista ad Amara mette sotto i riflettori le azioni dei pm. Che così si mobilitavano per pilotare i giornali.
L’intervista rilasciata a questo giornale da Piero Amara ha fatto rumore. Le parole dell’ex legale sulla conduzione delle indagini nell’inchiesta per corruzione (che corruzione non era) nei confronti di Luca Palamara hanno innescato un comunicato dei legali dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Gli avvocati, Benedetto Buratti e Roberto Rampioni, dopo avere letto La Verità, hanno annunciato un esposto «per accertare la correttezza dell’operato del pubblico ministero sulla vicenda Palamara».
Ansa
Volkswagen taglia 30.000 posti in Germania e sposta la produzione e lo sviluppo tecnologico più avanzato delle elettriche in Asia. Intanto Rheinmetall smobilita dai siti italiani (Toscana e Abruzzo) che realizzano componenti per vari tipi di veicoli.
Mentre a Belém inizia lo stanco rito della COP (la numero 30), con il consueto corollario di allarmi sulla fine del mondo, in Europa la transizione green prosegue la sua opera di deindustrializzazione e di annientamento del lavoro. Le grandi case automobilistiche, in difficoltà, tagliano l’occupazione e delocalizzano, mentre il governo tedesco, con i consueti magheggi contabili, corregge le politiche climatiche che aveva sbandierato come irreversibili.
Ursula von der Leyen (Ansa)
S&D: «Modifiche di facciata». Carlo Fidanza: «Inaccettabile». Coldiretti: «Fuori dalla realtà».
Dopo la lettera con richiesta di retromarcia, firmata dai capigruppo dei 4-5 partiti che sostengono la sua maggioranza, Ursula von der Leyen tenta di ricomporre l’equilibrio politico attorno al nuovo Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea, ma la mossa sembra aver prodotto l’effetto opposto: le modifiche introdotte per andare incontro alle richieste dei gruppi parlamentari hanno finito per irritare quasi tutti.






