2023-07-01
Dario Nardella triste, solitario y final. Dal sogno segreteria all’isolamento
Dario Nardella (Imagoeconomica)
Il sindaco di Firenze sperava di ripercorrere le orme del suo predecessore Matteo Renzi, però i rapporti con quest’ultimo si sono deteriorati. Voleva essere il primo sponsor di Stefano Bonaccini, ma le ha sbagliate tutte.Il dado è tratto. Con l’affondo di venerdì mattina in Palazzo Vecchio, Matteo Renzi ha esplicitato il proprio dissenso, totale, sull’operato di Dario Nardella. Qualcosa più di una lite di condominio tra l’ex sindaco e il suo successore (messo lì proprio da Renzi ai tempi del grande sogno di Palazzo Chigi). Lo stadio Franchi è il pretesto per entrare in campo. Nardella per mesi ha sventolato ai quattro venti l’intervento di riqualificazione dello stadio comunale attingendo ai fondi del Pnrr e, a quanti cercavano di farlo ragionare, rispondeva con la spocchia del «so tutto io, voi non capite». Che poi è il marchio di fabbrica del futuro ex sindaco, in cerca di poltrona oltre che di visibilità. Davanti al mancato riconoscimento della quota Pnrr (circa 55 milioni), per il progetto di ristrutturazione di uno stadio che cade letteralmente a pezzi, Nardella ha attaccato il governo Meloni dicendosi pronto a far causa allo Stato. Roba da far tremare i polsi e sollevare non poche perplessità sull’operato del sindaco. Che, per inciso, non ne sta azzeccando una da troppo tempo.Renzi lo ha «esortato» a cambiare registro e passo, a cercare un’intesa con la Meloni, a «portare a casa quante più risorse possibili per Firenze», premettendo che «non c’entra niente la campagna elettorale per il nuovo sindaco», parola di lupetto (visto che l’ex premier è stato persino uno scout).Ma è la visione d’insieme della città a preoccupare. Perché è evidente a tutti che un’intera classe dirigente sia ormai al capolinea.Lo è il Pd fiorentino, preso a ceffoni dall’onda Schlein. A un certo punto, lo scorso anno, Nardella si era convinto di poter essere lui il candidato ideale per la segreteria nazionale dei democratici. Aveva tessuto la trama con i colleghi di Bologna e di Milano, arrivando a portare doni a Sala (la formazione dell’assessore alla cultura, nuove intese con la Fiera di Milano, l’unione tra le due città nel nome della moda). Tutto, ma proprio tutto, nel nome di una candidatura a «sindaco dei sindaci». Che poi, puntualmente, non c’è stata.A quel punto Nardella, in scadenza di secondo mandato e con l’unica prospettiva di un seggio in Europa (ammesso che abbia i numeri), ha iniziato ad accarezzare l’idea di poter correre in solitaria, cercando di calcare le orme del predecessore Renzi. Ha convocato i suoi al teatro Tenda, con la scusa di presentare il proprio libro (che pochi hanno letto), ma alla fine l’adunata è risultata un mezzo flop. E anche quando ha annunciato la successiva tappa di avvicinamento al potere, con un meeting a Roma, ha pure sbagliato data costringendo il suo portavoce a correggerlo, appena 24 ore dopo.Fallito anche questo secondo tentativo, si è proposto a Bonaccini con tono di sfida, per la serie «se corro io tu esci indebolito». Bonaccini lo ha fatto riflettere e Nardella è diventato il suo più potente sponsor. Dietro le quinte, in realtà, lo stesso Nardella si era già tutelato (secondo lui). Aveva contribuito a far fuori gli ex renziani, primo tra tutti Luca Lotti già inviso a Enrico Letta, si era accordato con Emiliano Fossi (uomo della corrente Schlein) ovvero con il nemico pubblico numero uno dello sviluppo dell’aeroporto di Firenze. Peccato che Fossi gli abbia rifilato un accordo capestro, per la serie: io (Fossi) vado a Roma lasciando libera la casella di sindaco di Campi Bisenzio, tu prendi un mio delfino (Giorgio) come assessore all’ambiente e poi ci mettiamo d’accordo.Così Nardella, bello-bello (come nella canzone tormentone della scorsa estate), si è sentito protetto. Salvo risvegliarsi nell’incubo.Perché nel frattempo Bonaccini ha perso sonoramente. Fossi è diventato coordinatore regionale del partito. E neppure i disastri di Fossi (ha perso tutto alla prima uscita, ovvero Siena, Pisa, Massa e la stessa Campi Bisenzio dove il Pd della Schlein è stato battuto da una lista civica di sinistra) hanno potuto rallegrare Nardella.Lo scenario d’inizio 2023 è stravolto, ai suoi occhi. Il Maggio Musicale è stato commissariato e oltre alle sorti dell’ex sovrintendente Pereira a nessuno è passato inosservato che il presidente del Maggio fosse proprio Nardella.Parallelamente l’aeroporto di Firenze è rimasto fermo, nonostante il presidente sia da oltre un decennio Marco Carrai, grand commis renziano ora in corsa per l’Ente Cassa di Risparmio, dove Renzi medesimo lo vorrebbe per metter mano all’ultimo bancomat rimasto in città. Nel frattempo ci si è messa pure la questione stadio comunale. Parentesi: Rocco Commisso, proprietario della Fiorentina, si è detto disgustato delle promesse dei politici e si è fatto il nuovo centro sportivo a Bagno a Ripoli, ovvero in un comune che non è Firenze, tanto per intendersi.In questo iniziano a vacillare le poltrone fiorentine. Leonardo Bassilichi, presidente della Camera di commercio, longa manus di Nardella ha incassato appena due giorni fa il «no» secco e convinto delle categorie al rifinanziamento di Firenze Fiera che, con un’esposizione di circa 28 milioni di euro, non sta più in piedi. E si potrebbe continuare, con il cerchietto magico nardelliano sempre più arroccato alle poltrone delle direzioni comunali che salteranno come tappi all’arrivo del nuovo sindaco, chiunque esso sia, dopo anni di gestione caotica della «città più bella del mondo».Ecco perché dopo settimane di sussurri, dopo le multe alla signora Nardella «cancellate», dopo mesi di stampa amica, Nardella scopre adesso l’inizio del tramonto. Con un fulmine di Matteo Renzi. Che parte dalla questione Franchi per scatenare una guerra all’ultimo stadio.
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