2022-10-11
Daniela Poggi: «Col cinema indago i social per capire se vogliamo essere o solo apparire»
La protagonista di «Ritorno al presente»: «Quanto ho sofferto per mia madre, ma sono sicura che la rincontrerò in cielo».Daniela Poggi, attrice di cinema e teatro, si racconta con lo sguardo dell’anima. Riflette sulla sua vita e su una società smarrita, talvolta indecifrabile, quella di oggi, traducendo gli inciampi dell’esistere, il proprio e quello degli altri, in creatività e azioni provvidenziali.Dove vive ora? «Vivo a Roma ma non sono più soddisfatta, perché ha mille criticità».Ad esempio? «La sporcizia, i disservizi sanitari e dei trasporti».È nata a Savona. A quanti anni è andata via e cosa più le manca? «L’ho lasciata a 14 anni, quando sono entrata in collegio. Mi manca la sua luminosa realtà quotidiana, il mare, il paesaggio, mi manca la mia terra e anche il dialetto ligure (sorride)».Ha fratelli, sorelle? «Sono figlia unica».Quanti anni aveva quando i suoi genitori si separarono? «Credo intorno ai 2-3 anni».Quale professione hanno svolto? «Mio padre mercante d’arte, mia madre lavorava nell’estetica, aveva un istituto di bellezza e una profumeria sempre a Savona».Il suo percorso di studi? «Linguistici. Ho iniziato francese già dalle elementari, con lezioni private. Poi il liceo linguistico in collegio, due anni di scuola interpreti a Milano e poi mi sono diplomata a Londra per l’inglese e, prima, in francese a Grenoble».Che ricordo ha del suo primo fidanzato? «Il mio primo amore è un meraviglioso ricordo. Occhi verdi, capelli mori, un bellissimo ragazzo, persona dolcissima. Ero innamorata di lui da quando avevo 9 anni e finalmente a 14 sono riuscita ad averlo tutto per me».L’ha più rivisto? «Storia finita male per colpa mia. L’ho rivisto una volta quando facevo teatro e lui è venuto con la moglie a salutarmi».Incontro positivo? «Sì, ma è come aver messo una piccola pezza, sotto è rimasto il buco, ecco».Com’è nato in lei il desiderio di fare l’attrice? «Ho iniziato già in collegio dalle suore. Ero ragazzina e mi fecero interpretare un’Andromaca di Racine in francese e feci commuovere tutta la platea. È stato forse anche il bisogno di uscire da me stessa per andare in altri mondi, in altre vite. E poi andavo ogni sera a teatro, ero affascinata dal mondo degli attori, fidanzata con un attore inglese. Partii per il Club Méditerranée, un anno in Tunisia, recitavo, cantavo, ballavo, da lì è partito tutto…».Com’era da bambina? «Non ho molti ricordi di me da bambina. Credo tenerona, bisognosa di coccole. Nell’adolescenza, dagli 11-12 anni, sono stata molto ribelle».Ha partecipato a 33 film. A quali è più affezionata? «Per la commedia sono affezionata a Culo e camicia, con Enrico Montesano, il nostro episodio era molto carino: in quell’epoca in cui magari venivo “utilizzata” per interpretare ruoli da amante, da fidanzata, facevo la giornalista abbottonata. Poi mi ha fatto molto piacere lavorare con Ettore Scola nella Cena e con Ciro Formisano nell’Esodo, film sociale e politico, da protagonista».Che effetto le fece diventare un’icona sexy, negli anni Settanta? «All’epoca ero molto ingenua… Certo, avevo debuttato con Walter Chiari, lavorato con Gino Bramieri, ma quando sono arrivata a Roma sono stati un po’ la società cinematografica, i produttori, i registi, forse lo stesso agente che mi rappresentava, a dare di me quell’idea. Sono stata venduta come un’icona sexy e poi, chiaramente, avendo un bel corpo…».Mica è una cosa negativa… «No, ma io non ho fatto nulla “per”, questo è importante. Non è che ho fatto qualcosa per ottenere un ruolo. Artisticamente sono nata nel 1978, per cui era una commedia già in caduta libera… Se fossi nata negli anni Quaranta, negli anni Cinquanta e Sessanta avrei potuto fare quel cinema di Antonioni, Visconti…».Nel cortometraggio Ritorno al presente, regia di Nardari, presentato al Festival del cinema di Venezia 2022, si confronta con la società cambiata da Facebook. «Una volta, a cena, con Max Nardari, lui mi diceva: “Sei così divertente, perché fai sempre ruoli drammatici?”. Dissi: “Non lo trovi assurdo il periodo che stiamo vivendo? Inventiamoci un personaggio…”. Lui ha sviluppato la storia, ironica e divertente, quella di un’attrice venticinquenne, Palmira, famosa, che entra in coma nel 1992 e si risveglia 30 anni dopo, coinvolta in un linguaggio che non riconosce, in una società in cui ci si relaziona solo con sé stessi e un cellulare. Sarà sottoposta a un percorso con un influencer per sfruttare al meglio questo coma, quindi c’è anche il sarcasmo… Non demonizziamo i social ma mi chiedo: vogliamo essere come siamo, al di là dell’apparire?».Come la vede l’Italia di oggi? «Vedo i due anni e mezzo di pandemia disastrosi, ma anche quelli precedenti. È un’Italia che sta scendendo in un baratro, secondo me. Non è più quell’Italia cui aspiravo e in cui credevo. È venuto fuori di tutto, non è solo il dramma di un virus che ha ucciso tante persone, ma anche una gestione disastrosa. Poi tutto quello che c’è dietro alla pandemia… C’è qualcosa che non mi quadra, a livello anche mondiale, l’Italia è in questo calderone. Poi è arrivata la guerra: non sono d’accordo con l’invio delle armi».Daniela, si sente cambiata da questo incubo? «Mi sono resa conto di quanto una persona può essere sola ma anche di quanto possa basare le forze su sé stessa. Ho costruito relazioni più forti e tagliate altre molto più deboli. Quindi c’è anche stata una specie di pulizia. E poi puoi renderti conto della gioia del silenzio. Quindi: approfondimento e consapevolezza».Nel 2021 è uscito il suo libro Ricordami! (Edizioni La vita felice) sull’esperienza con sua madre. «Mia mamma, Lydia, era una donna molto elegante e riservata, direi quasi una donna perfetta. Purtroppo è stata colpita dall’Alzheimer, ha cambiato completamente identità. Una donna che, con la perdita della memoria, non sapeva di aver avuto una figlia e quindi è tornata una bambina, gestita dalla propria figlia. Sono stati 10 anni difficili, convulsi, faticosi, violenti, sofferti. È un dono che Dio mi ha dato quello di sublimare questo percorso con lei in creatività artistica, prima con il recital Io madre di mia madre, poi con il libro. Ricordami!, con il punto esclamativo perché è una preghiera, un’esortazione, non un imperativo. Vuol dire: “Fa’ sì che tu non ti dimentichi di me”».Ha scritto e cantato anche una nuova canzone, Sulle ali di un angelo. «Sulle ali di un angelo / Salirai, sarai luce…» «Sì, ho pensato che sarebbe stato bello donare anche una canzone tratta dal libro, dove, alla fine, scrivo: “Vieni angelo, la mamma è pronta a salire sulle tue ali”. È ciò che ho pensato quando se ne andò».Dove immagina trasvolino le persone dopo la morte? «Sono credente e cristiana, la vita terrena è un transito in cui prepariamo la nostra partenza per trovare la serenità nell’abbraccio di Dio. Penso che diventeremo tante stelle, quindi non morirò. Probabilmente non sarò riconoscibile nel mio corpo ma la mia anima continua a vivere e l’anima racchiude tutta la tua esperienza, ciò che sei, hai fatto e non hai fatto, detto e non detto». Pensa che ci si possa re-incontrare? «Penso che ci potremo riconoscere, sì, non fisicamente così come siamo. Mi piace pensare che ci sarà un punto-luce, qualcosa in cui mi riconoscerò come figlia di mia mamma e di mio papà. E sono anche convinta che ritroverò tutti i miei cagnoloni e tutte le anime che ho amato».Incontreremo anche i cattivi, tipo Hitler e Stalin? «Io spero di no, diciamo che spero ci siano delle suite diverse (ride). Poi magari hanno avuto modo di pentirsi e ravvedersi».Ci parla di Bottega Poggi? «Bottega Poggi è un’impresa sociale iscritta al terzo settore, che produce e promuove cultura e formazione, vedi C’era una volta un pezzo di legno, uno spettacolo su un Pinocchio ecologico, oppure il Festival del romanzo storico. È in via di sviluppo un corso di formazione per Oss volontari da affiancare a famiglie con malati di Alzheimer. Capofila del progetto è la Regione Toscana, ma vorrei svilupparlo anche in Puglia. I proventi del libro sono devoluti all’associazione Salento Alzheimer».È stata sposata. Che ne pensa del matrimonio? «Beh, se funziona, è la cosa più bella di questo mondo».Non ha mai nascosto di aver desiderato molto diventare mamma. È ambasciatrice Unicef. Aiuta i bambini. «La mia è una maternità biologica mancata. Ma, anche nel dolore per questo, ho ricevuto dei doni. La maternità non è venuta con un parto, ma con l’accoglienza. Dove c’è necessità, una richiesta, io ci sono, con braccia, cuore e testa. Ho avuto una bambina che veniva dalla Bosnia durante il conflitto bosniaco. Non abbiamo potuto proseguire con l’affidamento, ma per due mesi è stata a casa con me. Sono diventata madrina di una bimba, Ximena, che aveva 5 anni e l’ho accompagnata, con la sua famiglia, fino a oggi, siamo legatissime, ha 26 anni, è laureata. Un percorso meraviglioso, sono stata la sua seconda mamma. Ora mi sto occupando di una mamma con due bambini».Dal 2000 al 2004 ha condotto Chi l’ha visto?. Una storia la colpì particolarmente? «Sì, la storia di una figlia, ci ha chiamato per la mamma uscita dicendo che andava dal medico e poi scomparsa. La ritrovarono, seduta su un’aiuola, mentre contava i fiorellini. Era la prima avvisaglia dell’Alzheimer. Dieci minuti prima sei una persona normale, dieci minuti dopo qualcosa succede nel tuo cervello».Giucas Casella, a Domenica in, la «ipnotizzò». Poi le disse di trovarsi in un tunnel davanti a un gigantesco ragno: lanciò un urlo terrificante. «(pausa) Sono un’attrice straordinaria».Il suo più bel sogno? «Ero tornata a casa disperata dopo una dichiarazione di mia mamma, nel 2005. Mio padre, Angelo Franco, venne in sogno, stavo tra i pietroni di Savona, guardavo il mare, mi chiamava al cellulare, dichiarandomi che ero esattamente la bambina che lui desiderava. E mi disse questa cosa incredibile: “Noi siamo legati da un filo d’argento. Se alzi occhi vedrai che tra l’infinito del cielo e la profondità del mare c’è un filo d’argento che ci lega”».
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