2020-05-24
Dal regime sanitario di Giuseppi non si esce con la sbornia da movida
Lo sballo organizzato, usato dal governo come capro espiatorio da reprimere, è esso stesso parte del problema. Lungi da stimolare creatività e voglia di vivere, è un rito nichilista che ottunde i giovani già atterriti dal morbo.La movida, salita in questi giorni agli onori del Parlamento italiano, non può essere risolta con esortazioni paternalistiche e norme di polizia; le sole d'altra parte che siano nelle corde di Giuseppi, non proprio uno studioso delle forme e dei movimenti sociali del nostro tempo. Essa non è solo terreno di coltura del Covid-19, come della maggior parte dei virus e batteri che hanno impestato il sud Europa da quando nacquero le movide, ma uno dei principali protagonisti dello stile di vita dell'Europa triste e malata di passività e stanchezza. Le nostre care movide, così spesso lodate e apprezzate dalle autorità locali, sono parte integrante (come i fritti di pipistrelli o di zibetti di Wuhan) del tempo della pandemia, ma prima ancora delle canne e del Kiss the devil che si stava cantando all'inizio della strage al Bataclan di Parigi. Sono le forme con le quali le nuove generazioni dell'Europa più priva di forze e idee hanno cercato di tenere insieme divertimento e disperazione. E di adattarsi al malessere e al disorientamento della civiltà dei padri e dei sindaci avidi di voti e dello sviluppo del mondo dei bar, in assenza di quello delle istituzioni culturali o produttive. Un modo di vita cui il Covid-19 partecipa oggi nel doppio ruolo di comprimario di tutti gli altri comportamenti distruttivi (canne e movide comprese) e di angelo sterminatore. Per uscirne, superando virus e movide, è però necessario alzare lo sguardo al di sopra delle norme di polizia, verso i principi fondativi della stessa convivenza sociale, che ha ben poco a che vedere con il peana strettamente utilitario del «distanziamento sociale» che oggi tanto eccita gli attuali reggitori del potere, essi stessi parte integrante della stessa compagnia di giro di cui fa parte la movida. Come tutti gli «stili di vita» superficiali, la movida (fin dalla sua origine, ai tempi del governo Gonzalez in Spagna, dove nacque), ha origini molto profonde: la questione del bene e del male, e della scelta tra i due. E fin da subito si lega a manifestazioni di malessere: l'epidemia dell'Aids all'inizio, e via via tutte le altre. Non a caso il suo apice settimanale, la serata del sabato, è da tempo sinonimo di stragi, soprattutto automobilistiche degli sfortunati festeggianti che cercano di tornare a casa, ma spesso tragicamente finiscono da tutt'altra parte (come Sguardo selvatico ha raccontato). Anche qui per un fatto molto preciso: il motore delle movide sono le sostanze: l'alcol e le droghe, con il sesso come rinforzo. I risultati sono stati raccolti, con grande preoccupazione di organi come la polizia della strada, (molto più competenti del presidente del Consiglio), quotidianamente impegnati in queste vicende, che hanno fornito sulla materia studi documentati ed esemplari. Accompagnati anche da richieste di intervento, finora per lo più inascoltate dalle autorità superiori. La movida è spesso associata dai suoi cantori alla libera creatività; ma, sterilizzata dalle sostanze, ha creato ben poco. Malgrado l'appoggio massiccio dei governi socialisti spagnoli, allora impegnati a promuovere una Spagna diversa dal franchismo e dalla sue chiusure, la movida non ha espresso in 40 anni né in Spagna né altrove personalità artistiche rilevanti, al di fuori del regista Pedro Almodòvar il cui cinema ha illustrato senza sconti, con amara comicità, la totale mancanza di senso dell'orizzonte esistenziale e culturale di quel modo di vivere e divertirsi, e la disperazione da esso prodotta. Niente di nuovo naturalmente: il nichilismo non ha mai fatto felice nessuno. Il nulla non nutre né il corpo né l'anima; e le sue compagne abituali, le droghe e l'alcol, non migliorano certo la situazione, come le cronache storiche, culturali e mediche ci raccontano da sempre. Né l'edonismo, la ricerca sfrenata del piacere, è in grado di rimediare la mancanza di senso della vita, che si nutre di appartenenze autentiche e di un impegno sincero e non di maniera nel viverle.Le movide insomma, con le loro ricerche di divertimento tutto estroverso, pubblico, fortemente consumista, e le vicende biografiche che in esse maturano, non sono il risultato solo di indiscipline personali, ma della bancarotta culturale, spirituale e formativa dei Paesi occidentali dove sono state incoraggiate (in particolare nel Sud Europa), con costi sociali e umani altissimi: le numerose vittime del Covid-19 tra i loro frequentatori ne sono solo l'ultima manifestazione. Il sindaco di Milano che ora si «incazza» perché i giovani affollano i Navigli alla prima domenica di riapertura (senza presenza di vigili), dovrebbe ricordare tutte le volte in cui ha citato orgogliosamente la vivacità della movida milanese (e dei fenomeni ad essa collegati) come un segno dell'«avanzamento» della città. Forse non è informato della diffusione di questo modo di divertirsi tra i giovani colpiti da gravi disturbi psichici, epatici, cardiaci, e di diabete. Un ripensamento dovrebbero farlo anche gli altri numerosi primi cittadini che hanno citato le varie movide tra le attrazioni culturali delle rispettive città e paesi; addirittura nei «Comuni più belli d'Italia» che potrebbero vantare presenze artistiche e tradizioni culturali e storiche molto più importanti e assai meno pericolose.Nella loro fondamentale distruttività le movide si sono rivelate come una delle sovrastrutture sociali più pericolose del nostro tempo, capaci di corrodere anche fisicamente zone integre e forti, come si è visto in questa ultima epidemia in certe zone della provincia bergamasca che ne sono state devastate. Nella «ripartenza» fuori dalla pandemia cinese l'uscita dalla sottocultura di movida sarà dunque un elemento indispensabile, non semplice da realizzare. Si tratterà di superare sia il paternalismo poliziesco dei Giuseppi che l'indifferentismo etico di quei primi cittadini che scambiano per progresso la perdita dei valori e delle tradizioni di cui sono essi stessi espressione. Ciò richiede, innanzitutto, il recupero di obiettivi autentici e non solo funzionali alla conquista di posizioni di potere o di guadagno: una rigenerazione che gran parte dell'attuale classe politica non è probabilmente in grado di attraversare.Si tratta di riscoprire il senso, per sé stessi e per la società, di riferimenti trascendenti (come quelli autenticamente religiosi o filosofici), in grado di fornire motivazioni forti e nutrire volontà capaci di andare oltre al piccolo cabotaggio dell'interesse individuale, che ha invece strangolato negli ultimi anni la respirazione della vita personale e pubblica in Italia, e in buona parte dell'Europa. Il monumento alla paura che ha inutilmente accompagnato l'indispensabile confinamento nella quarantena ha rischiato di indebolire la volontà degli italiani di ripartire nel mondo della vita. Dobbiamo uscire al più presto da questa ragnatela di imbrogli e codicilli da giuristi di mezza tacca e tornare a lavorare e vivere. Fuori anche dalle consolazioni deboli delle noiosissime movide.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)