2018-07-05
Dai giudici che lo hanno inguaiato arriva un aiuto insperato a Salvini
Due settimane prima della sentenza di maxi sequestro alla Lega, i medesimi giudici di Cassazione scrissero che «un terzo» non è responsabile delle azioni di Umberto Bossi e Francesco Belsito. I lumbard al presidente Sergio Mattarella: «Ora intervenga».Da un lato la richiesta di incontro al presidente della Repubblica Sergio Mattarella («per-ché chiudere un partito è un attacco alla democrazia mai visto in Europa»), dall'altro l'ennesimo ricorso contro la Procura di Genova che, il 3 luglio, si è vista riconoscere in Cassazione la legittimità di chiedere alla Lega 49 milioni di euro dopo le condanne dell'ex segretario Umberto Bossi e del tesoriere Francesco Belsito. Matteo Salvini risponde colpo su colpo agli attacchi politici di queste ore, tra cui quello dell'ex segretario del Pd Matteo Renzi che ha chiesto al ministro «di spiegare che fine hanno fatto i soldi della Lega». Ironia della sorte, a venire incontro al Carroccio potrebbe essere la stessa seconda sezione penale della corte di Cassazione che - se il 3 luglio ha disposto la confisca diretta «ovunque e presso chiunque» della somma contestata -, il 20 giugno, cioè neppure due settimane prima, ha avuto un altro orientamento. Sembra incredibile ma è così. Secondo la sentenza in possesso della Verità, infatti, i giudici Matilde Cammino, Giovanna Verga, Sergio Di Paolo, Anna Maria De Santis e Sergio Beltrani, hanno deciso che non è possibile sequestrare i soldi a soggetti terzi alla Lega Nord, nello specifico la Lega Nord Toscana. Ma gli stessi giudici che ora dicono che vanno confiscati i 49 milioni di euro, nella sentenza precedente sottolineano «la tutela dei terzi di buona fede, estranei al reato» e chiedono di «verificare sul piano oggettivo se il terzo abbia conseguito vantaggi, o, comunque apprezzabili utilità dall'operazione che si ipotizza abbia comportato il trasferimento di beni dal soggetto» che ha tenuto la condotta illecita, ovvero Bossi e Belsito. Se la Lega Nord Toscana non sapeva, perché dovrebbe saperlo Salvini? Ma andiamo con ordine. Nell'ultimo anno, dopo la condanna a carico di Bossi e Belsito, la Procura di Genova ha fatto di tutto per pignorare i conti del Carroccio. Il tribunale di Genova ha in parte respinto quelle accuse. Ma la Procura, oltre a chiedere il blocco dei conti della sede centrale di via Bellerio, ha chiesto di pignorare anche quelli delle cosiddette «nazioni» del partito, cioè le singole federazioni regionali. Poi ci sono stati vari ricorsi in Cassazione, tra cui quello depositato il 16 novembre dalla Lega Nord Toscana che ha impugnato la richiesta di sequestro dei propri conti. E il 20 giugno scorso la Suprema corte ha dato ragione alla federazione regionale del Carroccio, sottolineando punti interessanti che potrebbero valere contro la stessa sentenza della Cassazione del 3 luglio seguente. Si legge infatti a pagina 3 che il ricorso della Lega Nord Toscana è fondato, innanzitutto perché secondo statuto il movimento politico «Lega Nord per l'indipendenza della Padania» è una confederazione composta dalle «nazioni» costituite come associazioni «non riconosciute» a livello regionale sul territorio italiano, per questo motivo slegate dalla sede centrale. Del resto la Lega Nord Toscana è nata il 20 giugno del 2015 e «gode di autonomia organizzativa, gestionale, patrimoniale e finanziaria».In pratica le «nazioni», dislocate in tutte le regioni, possiedono una soggettività giuridica distinta e autonoma rispetto alla confederazione. Anzi, scrive la Cassazione che l'impugnazione del sequestro è valida, perché «va rilevata l'assenza di dati indiziari che abbiano consentito di individuare specifiche operazioni di trasferimento di fondi da Lega Nord per l'Indipendenza della Padania a Lega Nord Toscana». La Cassazione quindi rinvia tutto al tribunale del Riesame, stesso Riesame che dovrà appunto valutare anche l'altra sentenza. Nel frattempo si fa sentire la Procura di Genova, che tramite il capo Francesco Cozzi risponde alle accuse di Salvini: «Dire che è un processo politico è come dire che un chirurgo quando opera compie un intervento politico su un paziente perché è di un partito o di un altro. La Procura di Genova lavora solo su profili tecnici». E in più aggiunge: «Ci sono stati altri procedimenti avviati dai nostri uffici che hanno riguardato esponenti di partiti diversi, basti pensare all'alluvione», un processo dove è stata condannata l'ex sindaco di centrosinistra Marta Vincenzi. Eppure nel passato del procuratore di Genova c'è stata qualche collaborazione con la politica. È una vicenda che riporta le lancette indietro di più di 25 anni fa, quando nel 1992 Cozzi era un semplice sostituto procuratore nel capoluogo ligure. Ma fu lui il titolare dell'inchiesta sulla tangentopoli genovese che coinvolse anche l'ex sindaco del Pds Claudio Burlando, poi assolto. Caso vuole che in quel processo Burlando fosse difeso dall'avvocato Giovanni Maria Flick. E caso vuole ancora che nel 1996, lo stesso Flick diventerà ministro di Grazia e giustizia del governo di Romano Prodi. E chi sceglierà come collaboratore Flick? Proprio Cozzi, che resterà con lui fino al 1998. In quel governo c'era anche lo stesso Burlando, come ministro dei Trasporti. Forza Italia depositò un'interrogazione in merito, ancora consultabile sulla banca dati della Camera, dove si leggeva «se non costituisse un'anomalia censurabile sul piano dell'opportunità il fatto che un ministro della Giustizia, già avvocato difensore di un procedimento di un collega ministro dello stesso governo, acquisisse fra i propri più stretti collaboratori il magistrato titolare finora di tale procedimento».