2020-06-03
Da Ue e Onu atti di vandalismo contro gli Usa
New York, 2 giugno (Ansa)
Josep Borrell detta la politica estera di Bruxelles mimando quella di Pechino: «Siamo inorriditi per la morte di Floyd». Berlino va in scia: «Proteste legittime». Smontato anche il G11: «No aperture alla Russia». E pure le Nazioni Unite infieriscono: «Razzismo endemico».Definendo lunedì il razzismo «una malattia cronica della società americana», la Cina ha inaugurato una nuova strategia politica contro gli Stati Uniti: attaccare Washington, ricorrendo al caso di George Floyd (l'afroamericano ucciso durante un controllo di polizia a Minneapolis la scorsa settimana). Non può quindi essere un caso che esattamente su questa linea si siano mossi, nella giornata di ieri, altri soggetti internazionali tendenzialmente vicini a Pechino: dall'Ue, alla Germania, passando per le Nazioni Unite. È stato l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri, Josep Borrell, a dare «fuoco alle polveri», dichiarando: «In Europa come negli Usa siamo inorriditi e scioccati dall'omicidio di George Floyd […] Un abuso di potere che deve essere combattuto negli Usa e altrove». «Siamo d'accordo», ha proseguito, «con il diritto alle manifestazioni pacifiche, condanniamo la violenza ed il razzismo e chiediamo che si eviti un'escalation. Ci auguriamo che gli americani possano riappacificarsi reciprocamente e ripeto che tutte le vite sono importanti, dunque anche la vita della popolazione nera». Per quanto non si possa parlare di una critica esplicita alla Casa Bianca, Bruxelles ne approfitta comunque per lanciare una stoccata agli Stati Uniti. Tra l'altro, che le parole di Borrell avessero una connotazione di carattere politico è testimoniato anche dal fatto che l'Alto rappresentante abbia criticato la proposta, avanzata sabato da Donald Trump, di reintegrare la Russia nel consesso del G7. «Cambiare il formato del G7 non è prerogativa della presidenza», ha dichiarato Borrell. Ricordiamo che Mosca è stata espulsa nel 2014, ai tempi dell'annessione della Crimea. E che, in più di un'occasione, Trump abbia cercato di farla riammettere, incontrando tuttavia il secco rifiuto di vari leader: a partire dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel. Non trascuriamo del resto che la Germania intrattenga al momento salde relazioni economiche con il Dragone. Non sarà un caso quindi che, ieri, il ministro degli esteri tedesco, Heiko Maas, abbia dichiarato: «Le proteste pacifiche che vediamo negli Stati Uniti, che coinvolgono molti gesti commoventi, anche da parte di ufficiali di polizia americani, sono comprensibili e più che legittime». «Posso solo esprimere la speranza», ha aggiunto, «che le proteste pacifiche non diventino violente e ancor più la speranza che possano avere un impatto». In tutto questo, sempre ieri, l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha affermato che, negli Stati Uniti, avrebbero luogo «discriminazioni razziali endemiche». Quello stesso Onu, in cui - ricordiamolo - la Cina riveste un peso politico non indifferente.Insomma, nel ricorrere al caso Floyd per attaccare politicamente Washington, Pechino può contare sulla sponda di Bruxelles e Berlino, oltre che di ampi settori del Palazzo di Vetro. La partita a scacchi tra cinesi e americani è d'altronde solo all'inizio. Non dimentichiamo infatti che, oltre a proporre il reintegro della Russia, Trump abbia anche espresso la volontà di formare un G11 in funzione chiaramente anti cinese. Un G11 che includa Australia, India e Corea del Sud: tre nazioni che, per motivi differenti, si trovano ad affrontare situazioni di significativa turbolenza con la Repubblica Popolare. Lo stesso auspicato coinvolgimento della Russia andrebbe nella medesima direzione. Il presidente americano punta infatti a sganciare Mosca dall'orbita di Pechino, approfittando dei (più o meno) sotterranei attriti, consumatisi tra le due capitali negli ultimi mesi. L'idea sarebbe quindi quella di guadagnare i russi alla causa anticinese: un obiettivo non facile da raggiungere, ma - tutto sommato - neanche impossibile. Pur ostentando una certa freddezza, Mosca non ha infatti chiuso completamente alla proposta di Trump. Ma non è tutto. Perché, con la sua idea del G11, la Casa Bianca mira anche a modificare gli equilibri interni al consesso dei grandi della Terra. L'obiettivo è, in questo senso, quello di ridurre l'influenza della Germania, la cui posizione è strenuamente difesa dalla stessa Commissione europea. Quando Borrell invoca il mantenimento dell'attuale formato del G7, ha come primario fine quello di tutelare la preminenza di Berlino. Certo, non sono solo i tedeschi che si oppongono alla strategia americana: Canada e Regno Unito si sono per esempio detti contrari a una riammissione della Russia. Resta tuttavia il fatto che -complice soprattutto il riesplodere del dossier Hong Kong- Londra e Washington condividano al momento una linea di ostilità verso Pechino. Da chiarire sarebbe semmai quale tipo di conseguenze un simile G11 avrebbe per l'Italia. Se a Biarritz Giuseppe Conte assecondò Trump sulla questione russa, molto più difficile risulterebbe per il premier italiano seguire la Casa Bianca nel duello con Pechino. Palazzo Chigi è ormai sempre più filocinese. E al Dipartimento di Stato americano la cosa non può non creare irritazione.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)