2020-06-11
Da Londra a Milano è iniziata la grottesca guerra della sinistra alle statue
I radical vogliono abbattere i monumenti ai personaggi «razzisti» come Indro Montanelli. Se si seguisse il loro delirio non verrebbero risparmiati neanche Immanuel Kant e il Colosseo.Il prossimo a svolazzare dal piedistallo dovrebbe essere Immanuel Kant. Il padre della filosofia moderna, che dalla statua di bronzo in piazza a Kalinigrad ammonisce gli ignoranti a studiare, secondo le categorie dei black bloc della cultura era un razzista di prim'ordine. Razzismo biologico, il peggiore.Scriveva papale papale: «I negri d'Africa non possiedono per natura alcun sentimento più elevato della stupidità. Si collocano al livello più basso tra quelli individuati in termini di diversità razziali». Nessuno lo ricorda per questo, anzi il suo trattato Per la pace perpetua viene considerato il caposaldo morale del diritto sovranazionale alla base dell'Onu e dell'Unione europea. Praticamente il bisnonno del globalismo progressista e di quella grande Chiesa «che va da Che Guevara a Madre Teresa» come puntualizzò uno dei guru di riferimento d'area, Jovanotti. Il dilemma è pressante: si trasforma Kant in un'ancora da mar Baltico, ci si limita a imbrattarne la palandrana come a Winston Churchill o lo si lascia lì perché ha la patente postuma? In attesa che Laura Boldrini e la pattuglia dem letteralmente in ginocchio dal nuovo Black power diano il contributo italiano, arriva l'ultima moda planetaria dell'oscurantista mondo radical: la destituzione delle statue scomode. Cominciarono un paio d'anni fa le sardine americane prendendosela con Cristoforo Colombo, adesso la tendenza ha varcato l'Oceano Atlantico sull'onda di indignazione per la morte di George Floyd. E la questione razziale attecchisce presso i rampolli annoiati della buona borghesia metropolitana, quella che abitualmente angaria i domestici filippini.In Italia la strumentalizzazione si abbatte su Indro Montanelli, pilotata dalla sinistra radicale e dal Pd milanese. I Sentinelli e alcuni attempati dem sono tornati alla carica per far togliere la statua del grande giornalista dai giardini pubblici di Milano perché «fino alla fine dei suoi giorni ha rivendicato con orgoglio il fatto di avere comprato e sposato una bambina eritrea di 12 anni». Chiedono che il monumento venga spazzato via da dove Montanelli fu gambizzato dalle Brigate rosse. Due rimozioni in una. Tesi sposata con conformismo da scendiletto dalla consigliera comunale Diana De Marchi: «Le motivazioni sono valide, farò in modo che se ne discuta in consiglio». E rigettata con indignazione dalla Lega. Stefano Bolognini, assessore regionale e commissario per Milano: «Basta con questa furia iconoclasta. Sarebbe meglio occupare il tempo a risolvere problemi concreti che a infangare la memoria di un grande giornalista, colpevole di non essere allineato al loro pensiero». Niente è al sicuro. Neppure il Colosseo, luogo in cui gli antichi romani mandavano gli schiavi a morire. L'epicentro internazionale del delirio è Londra. Dove studenti che non distinguono fra Cecil Rhodes, Abraham Lincoln e il Mahatma Gandhi ormai teorizzano che tutto «must fall», deve cadere perché puzza di colonialismo e di razzismo. «Must Fall» è il nome del movimento di sfaticati casseur tollerati dalla polizia, che in nome di un'investitura divina giudicano il passato con i canoni e le sensibilità di oggi (memorabile su Twitter la stroncatura di Nonexpedit: «Come tacciare di ignoranza Isaac Newton perché non conosceva la teoria della relatività»). Peggio di loro c'è il sindaco di origini pachistane Sadiq Khan, che ha visto inabissarsi nell'Avon a Bristol la statua dello schiavista e filantropo Edward Colson, e per non contraddire il fremito pop ha deciso di individuare nuovi reprobi di bronzo. Ha cominciato facendo rimuovere il busto di Robert Milligan (armatore del Settecento, proprietario di schiavi, uno dei maggiori finanziatori del porto di Londra), poi ha deciso che altri simboli imperialisti potrebbero essere cancellati e ha istituito un'apposita commissione per garantire che «i monumenti della capitale britannica riflettano la sua diversità». La task force si chiamerà appunto Commissione per la Diversità e passerà in rassegna statue, targhe delle vie, iscrizioni commemorative per poi decidere quali confermare e quali togliere. Impegno improbo, forse di anti-imperiale a Londra ci sono Victoria Beckham, Roger Waters e Mister Bean. La regina rischia. Il manicomio non si ferma a marmi e bronzi ma si estende agli spettacoli. Per timore di rappresaglie, Netflix e la Bbc hanno tolto dalle piattaforme la serie comica Little Britain, campione d'incassi, perché nella sitcom si fa uso di blackface, con attori bianchi che si travestono e si truccano da persone di colore. Di questi tempi il politicamente correttissimo imperversa, chi sbadiglia è perduto. Il record spetta di diritto alla piattaforma video in streaming americana Hbo che ha deciso di togliere dal catalogo Via col vento, kolossal immortale da dieci Oscar perché «contiene troppi pregiudizi etnici e razziali», dimenticandosi che è del 1939. Verrà riproposto solo con un'appendice di scuse postume. Domani è un altro giorno.