2024-11-24
Cuciniamo insieme: coppette di mandarini
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Si avvicina il Natale e già nell’aria si sente voglia di doni, di cose buone, di casa. Ebbene, noi abbiamo deciso di rispolverare l’antichissima tradizione che comandava di regalare a Natale gli agrumi ai bambini. Bando alle ciance andiamo in cucina per una ricettina che fa dessert e allegria.
Si avvicina il Natale e già nell’aria si sente voglia di doni, di cose buone, di casa. Ebbene, noi abbiamo deciso di rispolverare l’antichissima tradizione che comandava di regalare a Natale gli agrumi ai bambini. Bando alle ciance andiamo in cucina per una ricettina che fa dessert e allegria.Allora era festa non consumistica, ma di gioia del focolare e dobbiamo confessare che abbiamo acceso il camino per dare luogo a questa preparazione. Se avanzano le bucce degli agrumi metterle nel fuoco profuma tutta casa. L’idea di donare arance non è come si legge in tanti blog frutto di una invenzione di marketing per riempire di più le calze durante la grande depressione americana, è infinitamente più remota e infinitamente più mediterranea. Per gli antichi greci le arance erano il frutto delle Esperidi, cioè venivano da Ponente e infatti hanno attecchito nella Magna Grecia. L’arancia, ma anche i suoi “parenti” sono comunque il simbolo del sole - i greci navigavano verso Ponente inseguendo l’astro - ma anche augurio di prosperità. Regalare una pianta di agrumi significa offrire prosperità e riconoscere rispetto. Pensate che i Medici erano cultori degli agrumeti - forse perché nello stemma avevano delle “palle” simili alle arance - e non v’è villa medicea che non abbia la sua limonaia. Anche per i re di Francia l’agrume era simbolo di ricchezza, prosperità e potere. Bando alle ciance andiamo in cucina per una ricettina che fa dessert e allegria.Ingredienti - 5 mandaranci di generose dimensioni assolutamente non trattati, 200 ml di latte, 5 cucchiai di farina 00, 125 gr di zucchero semolato, un uovo, 100 gr di cioccolato fondente. Volendo qualche fogliolina di menta fresca.Preparazione – Tagliate a metà i mandaranci, conservandone uno intero, spremeteli con cautela in modo da non romperli, poi con l’aiuto di un cucchiaino (meglio se da agrumi: sono quelli appuntiti) svuotateli più che potete raccogliendo altro succo. In un pentolino scaldate il latte, aggiungete il succo dei mandaranci filtrato al colino cinese, la farina, lo zucchero e l’uovo e preparate una crema. Grattugiate la buccia del mandarancio che avete lasciato da parte nella crema avendo cura di non intaccare l’albedo. Fate intiepidire la crema e con l’aiuto di un mestolino colmate con la crema i mezzi mandaranci che avrete sistemato su di un piatto. Mandateli in frigorifero per almeno una mezz’ora. Quando saranno ben freddi guarnite le coppette di mandaranci con una generosa grattugiata di cioccolato fondente e, se piace, con qualche fogliolina di menta.Come far divertire i bambini - Date a loro il compito di svuotare le metà dei mandaranci, raccomandatevi che non le rompano.Abbinamento - Un classico è il Fior d’Arancio spumante dei Colli euganei a base di Moscato giallo, va benissimo l’Asti Spumante. Altrimenti ci sono passiti che hanno proprio sentori di agrume come ad esempio la Malvasia del Lazio passita Igp.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)