2020-09-05
Criminalizzare chi esercita il dubbio accende il fuoco delle piazze estreme
Soffocare il dissenso a colpi di «negazionismo» è il modo migliore per alimentarlo.Non è passato poi troppo tempo da quando Michele Serra, chirurgico cantore di una certa idea della sinistra, spiegava che «la lettura quotidiana della stampa di destra dimostra che il trionfo del pensiero sbrigativo, per meglio affermarsi, necessita di un disprezzo uguale e contrario per il pensiero complicato». In dodici anni - era il settembre 2008, e ovviamente era Repubblica - tante categorie si sono sciolte e mescolate. Ma è un'impressione, quella del pensiero semplificato, che oggi si sarebbe tentati di registrare proprio leggendo quella stampa da cui provenivano gli strali.Di decenni passati a spiegare quanto fosse complessa la realtà, quanto sfaccettate e relative le sue manifestazioni, è rimasto una specie di manganello che il Covid ha indurito: di qua c'è la «scienza», di là la barbarie. Da giorni la stessa Repubblica, in ottima compagnia di politici di molti schieramenti, esalta la pericolosità e l'estremismo della manifestazione che si terrà oggi a Roma (previste qualche migliaio di persone). La corsa a prendere le distanze dai «negazionisti» sembra preoccupare più delle dinamiche che motivano il ricorso alla piazza. In un certo senso, infatti, è proprio la brutale polarizzazione imposta nella battaglia contro il Covid ad alimentare l'estremismo che poi si denuncia con foga, e non senza ragioni.È come se qualunque perplessità, qualunque domanda, qualunque dubbio, venisse immediatamente confinato nel recinto dell'impresentabilità, del pericolo pubblico, del crimine - addirittura a sua volta patologizzato. Così facendo, l'incapacità della politica e più in generale del dibattito pubblico a farsi carico di queste perplessità, domande, dubbi, finisce per creare forme, linguaggi e istanze ancor più radicali. Ieri, per dire, Avvenire dedicava la sua apertura al «partito del complotto», sotto il surreale titolo «Il contagio dei no». Scavando con decisione sul fondo esausto del barile delle metafore sanitarie, il quotidiano dei vescovi scomunicava le «falsità dei negazionisti che conquistano spazio», ovviamente grazie alla «politica che specula».Non c'è dubbio che, come è fisiologico, nel dibattito su un fatto sconvolgente come una pandemia costata la vita a oltre 35.000 persone non manchino eccentricità spesso corredate da suggestioni dirette o indirette a comportamenti rischiosi o discutibili; ma non è meno pericoloso pensare che queste posizioni non debbano poter esistere, e non possano essere marginalizzate dalla prevalente ragionevolezza. A sbalordire è questa mordacchia assoluta, che estremizza tutto togliendo proprio l'incertezza che caratterizza la convivenza con il Covid: è un problema che investe maggioranza (Nicola Zingaretti ha auspicato «rivolte» contro i «negazionisti», dichiarandosi pronto a denunciarli), opposizione e protagonisti della vita pubblica.Si può ritenere il virus una localizzata catastrofe sanitaria che ha fatto temere per la tenuta del sistema sanitario e al tempo stesso riconoscere che oggi questa catastrofe non è più in atto? Si può ritenere il lockdown una misura prudenziale e contemporaneamente interrogarsi sul comportamento di altri Paesi, in assenza di controprove perfette? Si può dubitare della legittimità procedurale con cui, a colpi di Dpcm, si è agito nell'emergenza senza per questo mancare di rispetto alle famiglie di chi è morto? Si può domandare una maggior chiarezza comunicativa sui numeri attuali (Quanti dei ricoveri sono legati a sintomi causati dal Covid, e quanti dovuti a problemi diversi che contestualmente portano a un tampone positivo? Quanti dei decessi sono conseguenza diretta di sintomi del Covid, e quanti sono soggetti negativizzati scomparsi per altre cause?) senza che questo implichi pensare che il virus «non sia mai esistito»? Si può, ancora, invocare un limite al potere sanitario (biopolitico, direbbe qualcuno) applicabile sul corpo e sull'uomo, in termini di trattamenti sanitari, misure di isolamento, obbligatorietà di eventuali vaccini senza finire incaprettati con etichette (No vax, No mask, complottisti) utili solo a estromettere la praticabilità di qualunque dissenso?A maggior ragione in un frangente in cui gli esperti - giustamente - si dividono e confutano le loro ipotesi, come prevederebbe peraltro il metodo scientifico, rispondere «no» a queste domande vuol dire fomentare direttamente le piazze dei cosiddetti «negazionisti», e contribuire ad accenderle ed esasperarle.