2019-01-17
CR7 gol, vince la Juve. Ma nello stadio arabo che isola le donne l’Italia perde la faccia
Rete decisiva del portoghese, Gonzalo Higuain verso l'addio al Milan. Nella storia, però, resterà la partita con settori per soli uomini. Quella che era una finale di Supercoppa come tante altre (sette vittorie a testa nella storia prima di questa sfida) diventa improvvisamente la più elettrizzante dell'ultimo quarto di secolo. La partita del burqa non ha segreti, nel cuore dell'islam la decide il solito Cristiano. A un'ora esatta dall'inizio, Ronaldo cambia marcia, ha uno sprazzo da fenomeno e manda tutti a casa (1-0). Soprattutto regala un trofeo in più a una Juventus lenta, che soffre il dinamismo del Milan, subisce un palo di Patrick Cutrone, balla a centrocampo, con l'arbitro che non vede un possibile rigore di Emre Can su Andrea Conti nel finale. Ma alla fine mette sulla bilancia la sua immane potenza fisica e tecnica. E trionfa in faccia a un'avversaria che nella partita più importante deve rinunciare al suo giocatore più rappresentativo, quell'imbarazzante Gonzalo Higuain già con la testa a Londra. Si comincia con la polemica, anzi la vergogna, di avere barattato i diritti umani per 7 milioni di euro. Quelle riserve indiane per le donne allo stadio di Gedda in Arabia Saudita sono un grido di dolore, l'ultimo esempio di inciviltà d'una lunga lista: non hanno diritto di aprire un conto in banca, non hanno diritto di farsi operare senza l'autorizzazione del padre o del marito, non hanno diritto di parlare con gli uomini non di famiglia. Insomma, la prossima volta che i calciatori decideranno di pitturarsi di rosso le guance, lo facciano per giocare agli indiani. La Federcalcio porta sulle spalle la responsabilità della scelta, la Rai glielo ricorda a qualche minuto dal fischio d'inizio con un comunicato tagliente: «Censurabile il mancato passo indietro, non si doveva giocare in Arabia. Il calcio italiano sta dando un calcio ai diritti umani».Per questo, per l'esotismo della sede e per il sapido affaire Higuain, quella che era una finale di Supercoppa come tante altre (sette vittorie a testa nella storia prima di questa sfida) diventa improvvisamente la più elettrizzante dell'ultimo quarto di secolo. Con una Juventus sontuosa - bello poter scegliere 10 titolari in mezzo a 18 fenomeni - e un Milan che in questi casi si trasforma, diventa bohémien e prova a far male come a Doha due anni fa. Subito il colpo di scena: Higuain è in panchina. Parte titolare Cutrone, letale quando entra a gara già sudata dagli altri, un po' meno quando si ritrova sulle spalle (a 21 anni) il peso di tutto l'attacco fra due tipacci come Leonardo Bonucci e Giorgio Chiellini. Unico assente alla foto ufficiale nel divin salone del principe Al Feisal, Higuain gioca una partita tutta sua, fatta di malumori privati e pubblici sorrisi, di linee di febbre a orologeria. Non sono ancora trascorsi sei mesi dalla rottura con la Juventus (con CR7 nei paraggi non avrebbe avuto più spazio, neppure salariale) che il Pipita se ne vuole andare anche dal Milan. Maurizio Sarri lo attende al Chelsea e lui anela a tornare dal tecnico che lo ha messo in condizione di segnare gol a valanga. Così sbuffa e prova a indirizzare il destino, come ha sempre fatto quando si è sentito a disagio in un luogo: Madrid, Napoli, Torino, Milano. Essendo un timido lui non saluta, rompe. Per questo il Milan sta cercando Krzysztof Piatek subito. Enrico Preziosi è un amico storico del club e 40 milioni fanno sempre comodo.Tiriamo in lungo anche perché nel regale campo di patate (le zolle si alzano come a San Siro negli anni Novanta), davanti a 72.000 spettatori, non succede niente per 30 minuti. Periodo nel quale si rivede il genio di Douglas Costa, c'è la conferma del valore di Joao Cancelo in attacco - rasoiata in diagonale a un millimetro dal palo - e si ricordano un'uscita a vuoto di Wojciech Szczesny e uno scatto di nervosismo di Gattuso che vede ammonire Hakan Calhanoglu per lo stesso fallo sul quale, qualche minuto prima, era stato graziato Rodrigo Bentancur. È l'impressionismo arbitrale di Luca Banti. Il Milan è spinto dalla foga e dai nervi, con un centrocampo più dinamico in Bakayoko e Kessiè, un Paquetà dal piede fatato ma comprensibilmente fuori dagli schemi, e scontate difficoltà a sfondare in area avversaria. Ci riesce quasi Calhanoglu alla fine del primo tempo, ma il suo diagonale è moscio. La Juventus sta sorniona nella cesta, è corta e bassa, cerca spazi per lanciare Douglas Costa e CR7. Un devastante contropiede sprecato dai due con tiro finale di Chiellini alla Mecca e un gol di Blaise Matuidi in chilometrico fuorigioco non schiodano lo 0-0. La coppia d'oro ci riprova al 42°: cross di Douglas Costa, sforbiciata al volo di Cristiano, alta con Gigio Abdullah Donnarumma (sontuosa barba da muezzin) a tremare con lo sguardo. Fino all'intervallo Paulo Dybala non pervenuto. Perla Rai: l'intervista volante ad Alessio Romagnoli avviene col microfono chiuso.Si ricomincia con una scena simbolica: Higuain va a scaldarsi e saluta tutta la panchina della Juventus neanche fosse una parata, proprio mentre Cutrone, su assist involontario di Miralem Pjanic, centra la traversa. Adesso la Juventus sembra soffrire le folate rossonere. È lenta, terribilmente compassata, crede di addormentare la partita ma rischia di addormentarsi lei. Cristiano Ronaldo colpisce il braccio di Cristian Zapata in area e chiede il rigore, poi brucia Davide Calabria e scalda le mani a Donnarumma.Si vive sugli episodi e Gattuso ancora una volta sta incartando Max Allegri. Ma le imprese stanno sempre sulle spalle dei campioni e dopo un'ora, nel momento più grigio per la Signora, arriva il cavaliere bianco. Su delizioso appoggio di Pjanic, CR7 spizza di testa in mezzo a una difesa pietrificata e buca il Milan. È una mazzata, adesso servirebbe Higuain con maglia e cuore rossonero. Infatti entra per Paquetà, ma il destino ha deciso le sorti altrove: Kessiè entra duro su Emre Can e viene espulso dopo controllo Var. Nessun risvolto epico, Banti non vede Emre Can abbattere Conti e non chiama il Var. Fine delle trasmissioni. Tornano a casa tutti, anche le donne dai loro «settori protetti» medioevali. La Juventus porta a casa dopo due anni di magra una Supercoppa che il Milan ha giocato a testa alta come spesso gli accade. Per quel che serve.