Passata la sbornia per Gaza, che ha riportato in piazza anche i progressisti in pantofole, la sinistra si è prontamente mobilitata per condurre questa nuova battaglia. Ieri, infatti, è nato ufficialmente il comitato per il no. Tra i promotori, figurano anche Maurizio Landini (Cgil), Gianfranco Pagliarulo (Anpi) e persino una rediviva Rosy Bindi. La direzione del comitato, invece, è stata affidata al piddino Giovanni Bachelet. Che, durante la conferenza di presentazione, ha affermato che «l’unico obiettivo che persegue» questa riforma sarebbe «quello di indebolire il controllo di legalità sulle scelte di chi esercita il potere».
Non la pensa così, però, un ex magistrato come Antonio Di Pietro, di certo non sospettabile di simpatie destrorse. Anzi, attraverso il comitato «Sì separa», l’ex leader dell’Italia dei valori è sceso in campo in prima fila per perorare la bontà della riforma. Durante un convegno a Napoli, Di Pietro ha colto l’occasione per denunciare il rischio brogli al referendum: «Si stanno già costituendo organizzazioni per controllare il voto degli italiani all’estero che, come già avvenuto in passato, raccolgono gli elenchi degli elettori, costruiscono e spediscono queste lettere, ci mettono il voto, all’insaputa del diretto interessato».
Più in particolare, l’ex pm di Mani pulite si riferisce agli iscritti all’Aire: «Parliamo di 2 milioni di voti che spostano il risultato», ha precisato Di Pietro. Che poi ha spiegato: «Ci sono gruppi organizzati, appartenenti a specifici partiti politici e sindacati, che con questo sistema stanno già organizzando le “buste” di voti da far arrivare in Italia. Un fatto che rischia di determinare una falsificazione del risultato. Lo voglio denunciare oggi prima che sia troppo tardi. Invito il governo, perché fa ancora in tempo, a fare una legge di un solo articolo che permetta agli elettori all’estero di votare di persona, alle ambasciate o ai consolati, con il proprio documento di identità. Una norma con la quale si applicano al referendum le stesse modalità di voto previste per le elezioni europee». Per scongiurare qualsiasi truffa elettorale, peraltro, Di Pietro ha anche lanciato l’idea di istituire il comitato «Giustizia senza confini», proprio per tutelare il voto dei nostri connazionali all’estero.
Mentre la campagna referendaria inizia a entrare nel vivo, Carlo Nordio ha assicurato che questa riforma costituzionale è solo l’inizio di un piano d’azione molto più ampio. «Quando avremo chiuso la parentesi del referendum, metteremo subito mano al processo penale», ha dichiarato ieri il ministro della Giustizia. Secondo Nordio, occorre ripensarne l’impianto per renderlo davvero «garantista», basandolo su pochi ma irrinunciabili pilastri: la presunzione d’innocenza, la certezza di una pena umana e la rieducazione del condannato. «Questi principi spero che troveranno attuazione in questa legislatura e l’esito del referendum dovrebbe facilitarle», ha affermato il Guardasigilli.
In serata è poi arrivata la notizia di una nuova richiesta di referendum sulla giustizia (da parte di 15 cittadini) che potrebbe far slittare la data della consultazione sulla riforma Nordio. Un’eventualità che non incontrerebbe il favore della maggioranza, intenzionata ad affrontare al più presto l’esame delle urne.