2024-06-19
I costruttori esaltano la casa green ma i loro guadagni li pagheremo noi
L’Ance definisce la direttiva Ue «un’opportunità da cogliere al volo». Poi chiede: «Aiuti alle famiglie». Dopo il buco delle agevolazioni di Conte i soldi non ci sono più ma c’è la procedura d’infrazione.Un popolo di privilegiati, con troppe case di proprietà, che però paga poche tasse e ha un mostruoso debito pubblico. Ecco chi sono gli italiani nell’immaginario demagogico di Bruxelles e dei cosiddetti Paesi frugali del Nord Europa. Si spiega così la filosofia della direttiva case green approvata in Europa, che rischia di costare almeno 50.000 euro a famiglia per mettersi a norma, di far crollare il valore degli appartamenti non efficienti, di drogare il mercato dei mutui penalizzando chi non ristruttura «green» e di favorire un massiccio rastrellamento di case da parte di grandi società di capitali. E tra chi vede nella nuova direttiva una chance, pur non in termini di mera speculazione, c’è anche l’Ance. L’associazione dei costruttori, che aderisce a Confindustria, ieri ha affermato che siamo davanti «a un’opportunità che bisogna cogliere senza timore». Per il settore che rappresenta non c’è dubbio che la direttiva Ue sia grasso che cola, ma per gli italiani rischia di essere un salasso memorabile. Del resto l’Ance è stata un’entusiasta sostenitrice anche del Superbonus di Giuseppe Conte, che nelle casse pubbliche ha aperto una voragine. Che la transizione green sulle case abbia dei costi che colpiranno in particolar modo l’Italia è facile da argomentare. Tra i grandi Paesi del Vecchio Continente, secondo Eurostat, la Penisola conta il 74% di proprietari di casa, contro il 49% della Germania e il 64% della Francia. Il fatto che in nazioni come Bulgaria, Romania, Albania e Kosovo si sia intorno al 95%, mentre la Svizzera non arriva al 42% di proprietari, fa anche capire come il modello ritenuto finanziariamente più «evoluto» preveda l’affitto. Meglio se da grandi gestori immobiliari. Se invece guardiamo all’Italia, per Confedilizia circa il 60% degli oltre 32 milioni di abitazioni è destinato ad abitazione principale, il 10% è dato in locazione e quasi il 18% è costituito da abitazioni a disposizione o seconde case. È su questa platea che piomberà la transizione ecologica a tappe forzate, con l’Enea che ha già fatto qualche calcolo: da noi il 34% delle abitazioni è in classe G; il 23,8% in classe F; e il 15,9% in classe E, ovvero nelle classi più inefficienti. Quindi, in Italia oltre il 65% del patrimonio immobiliare dovrà essere ristrutturato, contro il 45% della Germania e il 21% della Francia. I costi? Secondo Unimpresa, nei prossimi vent’anni gli italiani spenderanno circa 270 miliardi, con un costo medio per famiglia compreso tra 20.000 e 50.000 euro. Con cifre del genere, i costruttori sono ovviamente ben disposti e ieri lo hanno detto con chiarezza. Per il presidente di Ance, Federica Brancaccio, «la direttiva case green appena approvata in Europa è un’opportunità che dobbiamo saper cogliere senza timore». Servono risorse, ha continuato, «ed Europa e Stato devono fare la propria parte per sostenere la spesa delle famiglie e soprattutto di chi non ha i mezzi per farvi fronte. Allo stesso tempo banche e operatori dovranno immaginare strumenti finanziari innovativi». Il richiamo alla fascia di popolazione che potrebbe andare in difficoltà riecheggia quello contenuto in uno studio di Bankitalia della scorsa settimana, in cui si chiede espressamente di aiutare i proprietari (ed eventualmente gli inquilini) con minor reddito. Nello stesso studio, si fa notare che chi può permettersi una bella ristrutturazione green nelle prime quattro classi di efficienza energetica (A1, A2, A3 e A4) avrà una casa che alla fine varrà il 25% in più di una in classe G, a parità di dimensioni e ubicazione. Il punto è che quanto chiede l’Ance e suggerisce Banca d’Italia, ovvero aiuti pubblici anche sotto forma di sgravi fiscali, cade in una stagione di finanza pubblica decisamente difficile. Oggi dovrebbe essere aperta ufficialmente la procedura d’infrazione Ue per deficit eccessivo a carico di una decina di Paesi, tra i quali l’Italia. Nulla di drammatico (il Patto di stabilità, «congelato» dalla procedura sarebbe più severo), ma la spesa in deficit diventa una chimera e fare la Finanziaria diventerà ancora più difficile, se non si vogliono aumentare le tasse. Purtroppo, tra le misure del passato che hanno pesato in modo abnorme sui conti pubblici svetta il Superbonus. Sempre da Via Nazionale, la scorsa settimana, sono arrivati un po’ di calcoli sul costo di bonus facciate e bonus 110%: oltre 170 miliardi nel periodo 2021-2023, pari a circa il 3% di Pil l’anno. Bankitalia stima che circa un quarto della spesa relativa agli investimenti sussidiati (45 miliardi) sarebbe stata sostenuta anche senza incentivo pubblico. E il settore costruzioni, tra il 2020 e il 2023 è salito del 13,5%, con i due bonus che hanno pesato per il 3% circa. Va ricordato che a maggio del 2020 la stessa Ance esultava così al lancio del Superbonus: «Sarà una vera e propria scossa per il mondo dell’edilizia. […] Prevediamo 100.000 posti di lavoro in più e un effetto totale di 21 miliardi, come conseguenza del rafforzamento dell’ecobonus e del sismabonus». In realtà, è costato di più. Il 14 maggio scorso, alla giornata della Verità, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha parlato di 150 miliardi di detrazioni straordinarie e della necessità di intraprendere «un percorso di disintossicazione». Il castigo per la «droga» del Superbonus è già pronto e ce lo manda l’Europa sotto forma di direttiva case green.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.