2019-07-05
Così toglievano i figli alle famiglie senza nemmeno fare le verifiche
Chi l'ha visto? mostra i metodi utilizzati per strappare i piccini ai genitori: «Fateci entrare, siamo delle protezione animali». A un genitore contestarono che la casa era sporca. Ma non l'avevano vista.Investigatori al lavoro sul centro Hansel e Gretel. Il Parlamento vota per l'inchiesta.La vicepresidente della Camera: «Donazioni a Hansel e Gretel? Dobbiamo valutare meglio a chi dare soldi».Lo speciale contiene tre articoli. Una delle assistenti sociali ha addirittura ammesso, dopo aver descritto la casa di una delle famiglie alle quali sono stati sottratti illecitamente i bambini come fatiscente e inadeguata, di non essere mai stata nell'abitazione. Dalla carte dell'inchiesta «Angeli e demoni» della Procura di Reggio Emilia continuano a saltare fuori particolari inquietanti che descrivono quel sistema che ancora oggi qualcuno cerca di difendere. Un sistema che cercava a tutti i costi abusi sessuali che, in realtà, non c'erano mai stati. «Vi sono una serie di elementi indiziari», sottolineano gli inquirenti, «che inducono a ritenere che vi fosse una consapevole volontà da parte del servizio sociale di spingere sulla dubbia situazione di dubbio di abuso sessuale, in modo da accreditarne l'effettività, a prescindere dalle prove esistenti». Una delle testimoni, infatti, ha riferito agli investigatori che «un'assistente sociale molto vicina alla Anghinolfi (Federica Anghinolfi, responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza, ndr) aveva chiesto alla madre di una delle bimbe di fare denuncia contro il papà». Ecco le sue parole: «Lo so perché eravamo presenti anche noi. Quando la donna è andata da loro da sola continuava a dire che i servizi sociali insistevano perché lei facesse la denuncia». In un altro passaggio i magistrati scrivono: «Confermativi anche i ricordi sul punto della madre, in ordine alle istanze della Anghinolfi per sollecitare l'avvio di un procedimento penale riguardante i pretesi abusi sessuali». Ecco le parole della mamma: «La Anghinolfi ci ha chiesto come mai non avevamo fatto la denuncia riguardo alle dichiarazioni della bimba. Io le ho spiegato che ci era stato detto che la segnalazione avrebbe attivato un procedimento d'ufficio che sarebbe comunque andato avanti. La Anghinolfi mi disse che era grave che io non lo facessi e mi chiese se io credevo o no alle dichiarazioni della bambina. Lì i servizi sociali ci hanno chiesto di recarci da loro per notificarci l'altro decreto di allontanamento». L'assistente sociale, a quel punto, secondo l'accusa, «era perfettamente consapevole che le frasi attribuite alla bambina erano artatamente modificate». In un altro caso, dopo la solita segnalazione, l'autorità giudiziaria per i minorenni delegò i servizi sociali a verificare le condizioni in cui viveva uno dei bimbi vittima d'allontanamento. Nella relazione gli assistenti sociali scrivono: «La casa appare spoglia e le operatrici non hanno visualizzato giocattoli». Quel documento ufficiale, però, come hanno verificato i carabinieri, presentava elementi di falsità. «In un sopralluogo di pochi mesi successivi, i militari rilevavano nel domicilio una condizione positiva e assolutamente diversa da quella riscontrata e descritta nella relazione del servizio sociale». Infatti c'erano giochi di società, videogiochi di ultima generazione, un piccolo calcio balilla e molte foto del bambino durante le sue fasi di crescita in compagnia dei genitori e dei nonni (anche loro demonizzati negli incartamenti degli assistenti sociali)». Le relazioni sembrano una la fotocopia dell'altra. Si faceva leva sulle condizioni della casa, sulla salute dei bambini, sui litigi familiari e soprattutto sugli abusi sessuali. C'era una strategia, insomma, per scippare i bambini alle loro famiglie. Bugie create ad arte, come dimostrano anche i servizi mandati in onda l'altra sera da Chi l'ha visto?, tra i pochi, oltre alla Verità, a continuare a raccontare il caso. In un tweet, dall'account ufficiale, la redazione di Federica Sciarelli mostra un verbale d'interrogatorio di una delle assistenti sociali che ha ammesso davanti ai magistrati di aver riportato particolari falsi in una relazione di servizio. Dall'altro lato, però, c'è chi critica il lavoro d'inchiesta. Dopo l'associazione dei magistrati per i minorenni e per la famiglia che ha descritto le notizia di stampa pubblicate nei giorni scorsi una «semplificazione dei fatti, non approfonditi né contestualizzati», è arrivato il commento del garante regionale dell'Emilia Romagna per l'infanzia e l'adolescenza Maria Clede Garavini. La difesa d'ufficio: «I servizi sociali e sanitari da tempo sono impegnati a tutelare e curare bambini e adolescenti al fine di favorire le condizioni necessarie al loro benessere e alla loro salute». In Emilia Romagna secondo la Garavini, «per affrontare queste situazioni così impegnative, la Regione ha emanato fin dal 2013 il documento sulle linee di indirizzo regionale per l'accoglienza e la cura di bambini e adolescenti vittime di maltrattamenti abuso, che indicano un percorso dettagliato di prevenzione, valutazione e presa in carico». E come se nulla fosse accaduto, difende «le competenze professionali maturate e sedimentate negli anni». Le stesse messe in campo dai servizi sociali in Val d'Enza, supportate dalla Onlus Hansel e Gretel, e che sono crollate sotto l'inchiesta «Angeli e demoni». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cosi-toglievano-i-figli-alle-famiglie-senza-nemmeno-fare-le-verifiche-2639084443.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-la-procura-di-torino-indaga-si-accelera-sulla-commissione" data-post-id="2639084443" data-published-at="1757939186" data-use-pagination="False"> Anche la Procura di Torino indaga. Si accelera sulla commissione I metodi usati dalla Hansel e Gretel, la Onlus di Moncalieri al centro dell'inchiesta che a Reggio Emilia hanno ribattezzato «Angeli e demoni», non sono passati inosservati anche a Torino, dove in Procura hanno aperto un fascicolo. Sotto la lente degli investigatori è finita una consulenza della psicoterapeuta Nadia Bolognini, agli arresti domiciliari insieme al marito Claudio Foti, direttore scientifico e guru della Onlus (l'altro giorno si è difeso sostenendo che gli inquirenti hanno dato una lettura distorta dei fatti). Ma ora anche a Torino verificheranno se, come segnalato ai magistrati da alcuni avvocati, gli abusi venivano affibbiati con troppa nonchalance. Da tempo, infatti, Procura e Tribunale di Torino non assegnano consulenze tecniche d'ufficio al guru di Hansel e Gretel e al suo pool. Il caso, riporta Repubblica sulla cronaca torinese, è stato affidato al pm Giulia Rizzo. La bestia nera del metodo Foti, che negli anni si è scontrata spesso nelle aule giudiziarie con gli strizzacervelli della Hansel e Gretel, è la penalista Elena Negri. A Reggio Emilia, invece, gli interrogatori di garanzia andranno avanti. Oggi hanno appuntamento col gip Imelda Bonaretti e Matteo Mossini, psicologi dell'Ausl reggiana, e Nadia Campani, responsabile dell'ufficio di piano dell'Unione Val d'Enza. Con altri cinque indagati, il giudice si è trovato davanti un muro d'omertà. La coordinatrice dei servizi sociali della Val d'Enza, Marietta Veltri, la psicoterapeuta Bolognini, l'assistente sociale Annalisa Scalabrini, Fadia Bassmaji e Daniela Bedogni, le Lgbt che avevano in affidamento una bambina, poi allontanata dalla coppia, si sono avvalse della facoltà di non rispondere. Ma a contrastare i tentativi di proteggere il sistema Hansel e Gretel ora c'è anche una Commissione d'inchiesta sulle case famiglia. L'ha chiesta e ottenuta ieri mattina il presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Andrea Ostellari. Ostellari, in accordo con i ministri Matteo Salvini e Lorenzo Fontana, ha sollecitato il trasferimento in sede deliberante del disegno di legge, fortemente voluto da Fontana, per l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività connesse alle comunità che accolgono minori. L'obiettivo, ha spiegato Ostellari, «è quello di far luce sui casi sospetti e garantire protezione dei minori e controlli mirati». «Bene, non possiamo più aspettare. Dalle parole ai fatti. E conto di essere presto in provincia di Reggio Emilia, dove è successo un caso allucinante che non può e non deve ripetersi», ha annunciato Salvini. «Avanti decisi e uniti con l'operazione trasparenza e per dare le massime garanzie di protezione e tutela a minori e famiglie», ha commentato soddisfatto Fontana. E mentre oggi alle 12 Fratelli d'Italia sarà davanti al Comune di Bibbiano per tenere alta l'attenzione sullo scandalo, il presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Emilia, Giuseppe Spadaro, ha avviato un'indagine interna per rivalutare e riverificare da capo i casi di cinque bambini presi in carico dagli indagati. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cosi-toglievano-i-figli-alle-famiglie-senza-nemmeno-fare-le-verifiche-2639084443.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="il-sindaco-dem-e-indifendibile-si-dimetta" data-post-id="2639084443" data-published-at="1757939186" data-use-pagination="False"> «Il sindaco dem è indifendibile, si dimetta» Maria Edera Spadoni, vicepresidente della Camera del Movimento 5 stelle, è nata a Montecchio Emilia, paese in provincia di Reggio Emilia tra i più importanti della Val d'Enza. In sostanza, è cresciuta proprio nel cuore di quel territorio che oggi viene scosso dall'inchiesta «Angeli e demoni» riguardante gli affidi illeciti e gli abusi sui minori. Anche per questo motivo, nei giorni scorsi, la Spadoni, ha deciso di prendere di petto la vicenda, invitando i numerosi protagonisti a prendersi le proprie responsabilità, personali ma soprattutto politiche. Spadoni, lei ha chiesto le dimissioni del sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, che però non è interdetto dai pubblici uffici. «Io parto da quello che è scritto nell'ordinanza che lo riguarda. Certo, ciascuno è innocente fino a prova contraria, ma qui parliamo di uno che è agli arresti domiciliari. La giustizia deve fare il suo corso e sarà la magistratura a stabilire quali siano le sue responsabilità in questa storia. Ma secondo noi dovrebbe essere messo alla porta a livello politico». In tutta questa vicenda sembra emergere un vero e proprio sistema a cui il Pd ha fatto da sponda politica. Che ne pensa? «Sempre nell'ordinanza che riguarda Carletti c'è scritto che la sua “copertura politica" degli altri indagati era “continuativa e sistematica". Dunque che ci fosse un sistema non lo si può negare in alcun modo. Tra i 29 indagati, ricordiamo, c'è l'assistente sociale Federica Anghinolfi, che veniva presentata dal Pd come un modello durante le audizioni... Che ci fosse un sistema, ripeto, era evidente». E che questo sistema non andasse lo si poteva capire anche prima, forse. No? «Già la nostra Natascia Cersosimo, due anni fa, aveva sollevato dei dubbi sul numero di minori dati in affido in Val d'Enza. E infatti Carletti e l'Anghinolfi nel 2016 sono stati invitati in commissione per l'infanzia e l'adolescenza a parlare proprio di questo argomento. Come risulta dal resoconto stenografico, la Anghinolfi parlava di 900 minori seguiti dai sevizi sociali su 12.000 totali. È una percentuale allarmante. E invece di verificare quello che stava succedendo, lo hanno giustificato». Federica Anghinolfi, però, è difesa dall'avvocato Rossella Ognibene, già candidata del Movimento a sindaco di Reggio Emilia. «Infatti ha deciso di farsi da parte. Ovviamente è tutto lecito: lei può difendere chi vuole, ma la sua decisione cozzava con gli indirizzi politici del M5s. Io avrei preferito che rimanesse come consigliere comunale perché è professionale e molto attenta ai dettagli, ma nessuno può obbligare un avvocato a non difendere un cliente. Non lo nego: il dispiacere c'è. Da qui però a scrivere che ci siamo spaccati su questa storia...». Il Movimento del Piemonte ha donato 195.000 euro a varie associazioni tra cui il centro Hansel e Gretel che è coinvolto nell'inchiesta. «Siamo rimasti tutti un po' sconvolti. È stata una notizia che ci ha amareggiato. I consiglieri piemontesi hanno chiesto la restituzione della somma. Ma questo episodio deve permetterci di aprire una riflessione sulle restituzioni, cioè sui nostri soldi che non finiscono al partito ma al microcredito o altre iniziative utili». Ovvero? «Io da sola ho restituito oltre 200.000 euro. Dobbiamo aprire un confronto sulla destinazione di questi soldi. Noi li possiamo donare in buona fede a una Onlus, ma come facciamo a essere del tutto sicuri? Come facciamo a escludere che poi salti fuori un'inchiesta? Per questo serve iniziare una riflessione».
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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