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2019-07-05
Così toglievano i figli alle famiglie senza nemmeno fare le verifiche
Ansa
Una delle assistenti sociali ha addirittura ammesso, dopo aver descritto la casa di una delle famiglie alle quali sono stati sottratti illecitamente i bambini come fatiscente e inadeguata, di non essere mai stata nell'abitazione. Dalla carte dell'inchiesta «Angeli e demoni» della Procura di Reggio Emilia continuano a saltare fuori particolari inquietanti che descrivono quel sistema che ancora oggi qualcuno cerca di difendere. Un sistema che cercava a tutti i costi abusi sessuali che, in realtà, non c'erano mai stati.
«Vi sono una serie di elementi indiziari», sottolineano gli inquirenti, «che inducono a ritenere che vi fosse una consapevole volontà da parte del servizio sociale di spingere sulla dubbia situazione di dubbio di abuso sessuale, in modo da accreditarne l'effettività, a prescindere dalle prove esistenti». Una delle testimoni, infatti, ha riferito agli investigatori che «un'assistente sociale molto vicina alla Anghinolfi (Federica Anghinolfi, responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza, ndr) aveva chiesto alla madre di una delle bimbe di fare denuncia contro il papà». Ecco le sue parole: «Lo so perché eravamo presenti anche noi. Quando la donna è andata da loro da sola continuava a dire che i servizi sociali insistevano perché lei facesse la denuncia».
In un altro passaggio i magistrati scrivono: «Confermativi anche i ricordi sul punto della madre, in ordine alle istanze della Anghinolfi per sollecitare l'avvio di un procedimento penale riguardante i pretesi abusi sessuali». Ecco le parole della mamma: «La Anghinolfi ci ha chiesto come mai non avevamo fatto la denuncia riguardo alle dichiarazioni della bimba. Io le ho spiegato che ci era stato detto che la segnalazione avrebbe attivato un procedimento d'ufficio che sarebbe comunque andato avanti. La Anghinolfi mi disse che era grave che io non lo facessi e mi chiese se io credevo o no alle dichiarazioni della bambina. Lì i servizi sociali ci hanno chiesto di recarci da loro per notificarci l'altro decreto di allontanamento».
L'assistente sociale, a quel punto, secondo l'accusa, «era perfettamente consapevole che le frasi attribuite alla bambina erano artatamente modificate». In un altro caso, dopo la solita segnalazione, l'autorità giudiziaria per i minorenni delegò i servizi sociali a verificare le condizioni in cui viveva uno dei bimbi vittima d'allontanamento. Nella relazione gli assistenti sociali scrivono: «La casa appare spoglia e le operatrici non hanno visualizzato giocattoli». Quel documento ufficiale, però, come hanno verificato i carabinieri, presentava elementi di falsità. «In un sopralluogo di pochi mesi successivi, i militari rilevavano nel domicilio una condizione positiva e assolutamente diversa da quella riscontrata e descritta nella relazione del servizio sociale». Infatti c'erano giochi di società, videogiochi di ultima generazione, un piccolo calcio balilla e molte foto del bambino durante le sue fasi di crescita in compagnia dei genitori e dei nonni (anche loro demonizzati negli incartamenti degli assistenti sociali)».
Le relazioni sembrano una la fotocopia dell'altra. Si faceva leva sulle condizioni della casa, sulla salute dei bambini, sui litigi familiari e soprattutto sugli abusi sessuali. C'era una strategia, insomma, per scippare i bambini alle loro famiglie. Bugie create ad arte, come dimostrano anche i servizi mandati in onda l'altra sera da Chi l'ha visto?, tra i pochi, oltre alla Verità, a continuare a raccontare il caso. In un tweet, dall'account ufficiale, la redazione di Federica Sciarelli mostra un verbale d'interrogatorio di una delle assistenti sociali che ha ammesso davanti ai magistrati di aver riportato particolari falsi in una relazione di servizio.
Dall'altro lato, però, c'è chi critica il lavoro d'inchiesta. Dopo l'associazione dei magistrati per i minorenni e per la famiglia che ha descritto le notizia di stampa pubblicate nei giorni scorsi una «semplificazione dei fatti, non approfonditi né contestualizzati», è arrivato il commento del garante regionale dell'Emilia Romagna per l'infanzia e l'adolescenza Maria Clede Garavini. La difesa d'ufficio: «I servizi sociali e sanitari da tempo sono impegnati a tutelare e curare bambini e adolescenti al fine di favorire le condizioni necessarie al loro benessere e alla loro salute». In Emilia Romagna secondo la Garavini, «per affrontare queste situazioni così impegnative, la Regione ha emanato fin dal 2013 il documento sulle linee di indirizzo regionale per l'accoglienza e la cura di bambini e adolescenti vittime di maltrattamenti abuso, che indicano un percorso dettagliato di prevenzione, valutazione e presa in carico». E come se nulla fosse accaduto, difende «le competenze professionali maturate e sedimentate negli anni».
Le stesse messe in campo dai servizi sociali in Val d'Enza, supportate dalla Onlus Hansel e Gretel, e che sono crollate sotto l'inchiesta «Angeli e demoni».
Anche la Procura di Torino indaga. Si accelera sulla commissione
I metodi usati dalla Hansel e Gretel, la Onlus di Moncalieri al centro dell'inchiesta che a Reggio Emilia hanno ribattezzato «Angeli e demoni», non sono passati inosservati anche a Torino, dove in Procura hanno aperto un fascicolo. Sotto la lente degli investigatori è finita una consulenza della psicoterapeuta Nadia Bolognini, agli arresti domiciliari insieme al marito Claudio Foti, direttore scientifico e guru della Onlus (l'altro giorno si è difeso sostenendo che gli inquirenti hanno dato una lettura distorta dei fatti). Ma ora anche a Torino verificheranno se, come segnalato ai magistrati da alcuni avvocati, gli abusi venivano affibbiati con troppa nonchalance.
Da tempo, infatti, Procura e Tribunale di Torino non assegnano consulenze tecniche d'ufficio al guru di Hansel e Gretel e al suo pool. Il caso, riporta Repubblica sulla cronaca torinese, è stato affidato al pm Giulia Rizzo. La bestia nera del metodo Foti, che negli anni si è scontrata spesso nelle aule giudiziarie con gli strizzacervelli della Hansel e Gretel, è la penalista Elena Negri. A Reggio Emilia, invece, gli interrogatori di garanzia andranno avanti. Oggi hanno appuntamento col gip Imelda Bonaretti e Matteo Mossini, psicologi dell'Ausl reggiana, e Nadia Campani, responsabile dell'ufficio di piano dell'Unione Val d'Enza.
Con altri cinque indagati, il giudice si è trovato davanti un muro d'omertà. La coordinatrice dei servizi sociali della Val d'Enza, Marietta Veltri, la psicoterapeuta Bolognini, l'assistente sociale Annalisa Scalabrini, Fadia Bassmaji e Daniela Bedogni, le Lgbt che avevano in affidamento una bambina, poi allontanata dalla coppia, si sono avvalse della facoltà di non rispondere. Ma a contrastare i tentativi di proteggere il sistema Hansel e Gretel ora c'è anche una Commissione d'inchiesta sulle case famiglia. L'ha chiesta e ottenuta ieri mattina il presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Andrea Ostellari.
Ostellari, in accordo con i ministri Matteo Salvini e Lorenzo Fontana, ha sollecitato il trasferimento in sede deliberante del disegno di legge, fortemente voluto da Fontana, per l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività connesse alle comunità che accolgono minori. L'obiettivo, ha spiegato Ostellari, «è quello di far luce sui casi sospetti e garantire protezione dei minori e controlli mirati».
«Bene, non possiamo più aspettare. Dalle parole ai fatti. E conto di essere presto in provincia di Reggio Emilia, dove è successo un caso allucinante che non può e non deve ripetersi», ha annunciato Salvini.
«Avanti decisi e uniti con l'operazione trasparenza e per dare le massime garanzie di protezione e tutela a minori e famiglie», ha commentato soddisfatto Fontana.
E mentre oggi alle 12 Fratelli d'Italia sarà davanti al Comune di Bibbiano per tenere alta l'attenzione sullo scandalo, il presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Emilia, Giuseppe Spadaro, ha avviato un'indagine interna per rivalutare e riverificare da capo i casi di cinque bambini presi in carico dagli indagati.
«Il sindaco dem è indifendibile, si dimetta»
Maria Edera Spadoni, vicepresidente della Camera del Movimento 5 stelle, è nata a Montecchio Emilia, paese in provincia di Reggio Emilia tra i più importanti della Val d'Enza. In sostanza, è cresciuta proprio nel cuore di quel territorio che oggi viene scosso dall'inchiesta «Angeli e demoni» riguardante gli affidi illeciti e gli abusi sui minori.
Anche per questo motivo, nei giorni scorsi, la Spadoni, ha deciso di prendere di petto la vicenda, invitando i numerosi protagonisti a prendersi le proprie responsabilità, personali ma soprattutto politiche.
Spadoni, lei ha chiesto le dimissioni del sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, che però non è interdetto dai pubblici uffici.
«Io parto da quello che è scritto nell'ordinanza che lo riguarda. Certo, ciascuno è innocente fino a prova contraria, ma qui parliamo di uno che è agli arresti domiciliari. La giustizia deve fare il suo corso e sarà la magistratura a stabilire quali siano le sue responsabilità in questa storia. Ma secondo noi dovrebbe essere messo alla porta a livello politico».
In tutta questa vicenda sembra emergere un vero e proprio sistema a cui il Pd ha fatto da sponda politica. Che ne pensa?
«Sempre nell'ordinanza che riguarda Carletti c'è scritto che la sua “copertura politica" degli altri indagati era “continuativa e sistematica". Dunque che ci fosse un sistema non lo si può negare in alcun modo. Tra i 29 indagati, ricordiamo, c'è l'assistente sociale Federica Anghinolfi, che veniva presentata dal Pd come un modello durante le audizioni... Che ci fosse un sistema, ripeto, era evidente».
E che questo sistema non andasse lo si poteva capire anche prima, forse. No?
«Già la nostra Natascia Cersosimo, due anni fa, aveva sollevato dei dubbi sul numero di minori dati in affido in Val d'Enza. E infatti Carletti e l'Anghinolfi nel 2016 sono stati invitati in commissione per l'infanzia e l'adolescenza a parlare proprio di questo argomento. Come risulta dal resoconto stenografico, la Anghinolfi parlava di 900 minori seguiti dai sevizi sociali su 12.000 totali. È una percentuale allarmante. E invece di verificare quello che stava succedendo, lo hanno giustificato».
Federica Anghinolfi, però, è difesa dall'avvocato Rossella Ognibene, già candidata del Movimento a sindaco di Reggio Emilia.
«Infatti ha deciso di farsi da parte. Ovviamente è tutto lecito: lei può difendere chi vuole, ma la sua decisione cozzava con gli indirizzi politici del M5s. Io avrei preferito che rimanesse come consigliere comunale perché è professionale e molto attenta ai dettagli, ma nessuno può obbligare un avvocato a non difendere un cliente. Non lo nego: il dispiacere c'è. Da qui però a scrivere che ci siamo spaccati su questa storia...».
Il Movimento del Piemonte ha donato 195.000 euro a varie associazioni tra cui il centro Hansel e Gretel che è coinvolto nell'inchiesta.
«Siamo rimasti tutti un po' sconvolti. È stata una notizia che ci ha amareggiato. I consiglieri piemontesi hanno chiesto la restituzione della somma. Ma questo episodio deve permetterci di aprire una riflessione sulle restituzioni, cioè sui nostri soldi che non finiscono al partito ma al microcredito o altre iniziative utili».
Ovvero?
«Io da sola ho restituito oltre 200.000 euro. Dobbiamo aprire un confronto sulla destinazione di questi soldi. Noi li possiamo donare in buona fede a una Onlus, ma come facciamo a essere del tutto sicuri? Come facciamo a escludere che poi salti fuori un'inchiesta? Per questo serve iniziare una riflessione».
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Chi l'ha visto? mostra i metodi utilizzati per strappare i piccini ai genitori: «Fateci entrare, siamo delle protezione animali». A un genitore contestarono che la casa era sporca. Ma non l'avevano vista.Investigatori al lavoro sul centro Hansel e Gretel. Il Parlamento vota per l'inchiesta.La vicepresidente della Camera: «Donazioni a Hansel e Gretel? Dobbiamo valutare meglio a chi dare soldi».Lo speciale contiene tre articoli. Una delle assistenti sociali ha addirittura ammesso, dopo aver descritto la casa di una delle famiglie alle quali sono stati sottratti illecitamente i bambini come fatiscente e inadeguata, di non essere mai stata nell'abitazione. Dalla carte dell'inchiesta «Angeli e demoni» della Procura di Reggio Emilia continuano a saltare fuori particolari inquietanti che descrivono quel sistema che ancora oggi qualcuno cerca di difendere. Un sistema che cercava a tutti i costi abusi sessuali che, in realtà, non c'erano mai stati. «Vi sono una serie di elementi indiziari», sottolineano gli inquirenti, «che inducono a ritenere che vi fosse una consapevole volontà da parte del servizio sociale di spingere sulla dubbia situazione di dubbio di abuso sessuale, in modo da accreditarne l'effettività, a prescindere dalle prove esistenti». Una delle testimoni, infatti, ha riferito agli investigatori che «un'assistente sociale molto vicina alla Anghinolfi (Federica Anghinolfi, responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza, ndr) aveva chiesto alla madre di una delle bimbe di fare denuncia contro il papà». Ecco le sue parole: «Lo so perché eravamo presenti anche noi. Quando la donna è andata da loro da sola continuava a dire che i servizi sociali insistevano perché lei facesse la denuncia». In un altro passaggio i magistrati scrivono: «Confermativi anche i ricordi sul punto della madre, in ordine alle istanze della Anghinolfi per sollecitare l'avvio di un procedimento penale riguardante i pretesi abusi sessuali». Ecco le parole della mamma: «La Anghinolfi ci ha chiesto come mai non avevamo fatto la denuncia riguardo alle dichiarazioni della bimba. Io le ho spiegato che ci era stato detto che la segnalazione avrebbe attivato un procedimento d'ufficio che sarebbe comunque andato avanti. La Anghinolfi mi disse che era grave che io non lo facessi e mi chiese se io credevo o no alle dichiarazioni della bambina. Lì i servizi sociali ci hanno chiesto di recarci da loro per notificarci l'altro decreto di allontanamento». L'assistente sociale, a quel punto, secondo l'accusa, «era perfettamente consapevole che le frasi attribuite alla bambina erano artatamente modificate». In un altro caso, dopo la solita segnalazione, l'autorità giudiziaria per i minorenni delegò i servizi sociali a verificare le condizioni in cui viveva uno dei bimbi vittima d'allontanamento. Nella relazione gli assistenti sociali scrivono: «La casa appare spoglia e le operatrici non hanno visualizzato giocattoli». Quel documento ufficiale, però, come hanno verificato i carabinieri, presentava elementi di falsità. «In un sopralluogo di pochi mesi successivi, i militari rilevavano nel domicilio una condizione positiva e assolutamente diversa da quella riscontrata e descritta nella relazione del servizio sociale». Infatti c'erano giochi di società, videogiochi di ultima generazione, un piccolo calcio balilla e molte foto del bambino durante le sue fasi di crescita in compagnia dei genitori e dei nonni (anche loro demonizzati negli incartamenti degli assistenti sociali)». Le relazioni sembrano una la fotocopia dell'altra. Si faceva leva sulle condizioni della casa, sulla salute dei bambini, sui litigi familiari e soprattutto sugli abusi sessuali. C'era una strategia, insomma, per scippare i bambini alle loro famiglie. Bugie create ad arte, come dimostrano anche i servizi mandati in onda l'altra sera da Chi l'ha visto?, tra i pochi, oltre alla Verità, a continuare a raccontare il caso. In un tweet, dall'account ufficiale, la redazione di Federica Sciarelli mostra un verbale d'interrogatorio di una delle assistenti sociali che ha ammesso davanti ai magistrati di aver riportato particolari falsi in una relazione di servizio. Dall'altro lato, però, c'è chi critica il lavoro d'inchiesta. Dopo l'associazione dei magistrati per i minorenni e per la famiglia che ha descritto le notizia di stampa pubblicate nei giorni scorsi una «semplificazione dei fatti, non approfonditi né contestualizzati», è arrivato il commento del garante regionale dell'Emilia Romagna per l'infanzia e l'adolescenza Maria Clede Garavini. La difesa d'ufficio: «I servizi sociali e sanitari da tempo sono impegnati a tutelare e curare bambini e adolescenti al fine di favorire le condizioni necessarie al loro benessere e alla loro salute». In Emilia Romagna secondo la Garavini, «per affrontare queste situazioni così impegnative, la Regione ha emanato fin dal 2013 il documento sulle linee di indirizzo regionale per l'accoglienza e la cura di bambini e adolescenti vittime di maltrattamenti abuso, che indicano un percorso dettagliato di prevenzione, valutazione e presa in carico». E come se nulla fosse accaduto, difende «le competenze professionali maturate e sedimentate negli anni». 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Sotto la lente degli investigatori è finita una consulenza della psicoterapeuta Nadia Bolognini, agli arresti domiciliari insieme al marito Claudio Foti, direttore scientifico e guru della Onlus (l'altro giorno si è difeso sostenendo che gli inquirenti hanno dato una lettura distorta dei fatti). Ma ora anche a Torino verificheranno se, come segnalato ai magistrati da alcuni avvocati, gli abusi venivano affibbiati con troppa nonchalance. Da tempo, infatti, Procura e Tribunale di Torino non assegnano consulenze tecniche d'ufficio al guru di Hansel e Gretel e al suo pool. Il caso, riporta Repubblica sulla cronaca torinese, è stato affidato al pm Giulia Rizzo. La bestia nera del metodo Foti, che negli anni si è scontrata spesso nelle aule giudiziarie con gli strizzacervelli della Hansel e Gretel, è la penalista Elena Negri. A Reggio Emilia, invece, gli interrogatori di garanzia andranno avanti. Oggi hanno appuntamento col gip Imelda Bonaretti e Matteo Mossini, psicologi dell'Ausl reggiana, e Nadia Campani, responsabile dell'ufficio di piano dell'Unione Val d'Enza. Con altri cinque indagati, il giudice si è trovato davanti un muro d'omertà. La coordinatrice dei servizi sociali della Val d'Enza, Marietta Veltri, la psicoterapeuta Bolognini, l'assistente sociale Annalisa Scalabrini, Fadia Bassmaji e Daniela Bedogni, le Lgbt che avevano in affidamento una bambina, poi allontanata dalla coppia, si sono avvalse della facoltà di non rispondere. Ma a contrastare i tentativi di proteggere il sistema Hansel e Gretel ora c'è anche una Commissione d'inchiesta sulle case famiglia. L'ha chiesta e ottenuta ieri mattina il presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Andrea Ostellari. Ostellari, in accordo con i ministri Matteo Salvini e Lorenzo Fontana, ha sollecitato il trasferimento in sede deliberante del disegno di legge, fortemente voluto da Fontana, per l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività connesse alle comunità che accolgono minori. L'obiettivo, ha spiegato Ostellari, «è quello di far luce sui casi sospetti e garantire protezione dei minori e controlli mirati». «Bene, non possiamo più aspettare. Dalle parole ai fatti. E conto di essere presto in provincia di Reggio Emilia, dove è successo un caso allucinante che non può e non deve ripetersi», ha annunciato Salvini. «Avanti decisi e uniti con l'operazione trasparenza e per dare le massime garanzie di protezione e tutela a minori e famiglie», ha commentato soddisfatto Fontana. E mentre oggi alle 12 Fratelli d'Italia sarà davanti al Comune di Bibbiano per tenere alta l'attenzione sullo scandalo, il presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Emilia, Giuseppe Spadaro, ha avviato un'indagine interna per rivalutare e riverificare da capo i casi di cinque bambini presi in carico dagli indagati. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cosi-toglievano-i-figli-alle-famiglie-senza-nemmeno-fare-le-verifiche-2639084443.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="il-sindaco-dem-e-indifendibile-si-dimetta" data-post-id="2639084443" data-published-at="1765403493" data-use-pagination="False"> «Il sindaco dem è indifendibile, si dimetta» Maria Edera Spadoni, vicepresidente della Camera del Movimento 5 stelle, è nata a Montecchio Emilia, paese in provincia di Reggio Emilia tra i più importanti della Val d'Enza. In sostanza, è cresciuta proprio nel cuore di quel territorio che oggi viene scosso dall'inchiesta «Angeli e demoni» riguardante gli affidi illeciti e gli abusi sui minori. Anche per questo motivo, nei giorni scorsi, la Spadoni, ha deciso di prendere di petto la vicenda, invitando i numerosi protagonisti a prendersi le proprie responsabilità, personali ma soprattutto politiche. Spadoni, lei ha chiesto le dimissioni del sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, che però non è interdetto dai pubblici uffici. «Io parto da quello che è scritto nell'ordinanza che lo riguarda. Certo, ciascuno è innocente fino a prova contraria, ma qui parliamo di uno che è agli arresti domiciliari. La giustizia deve fare il suo corso e sarà la magistratura a stabilire quali siano le sue responsabilità in questa storia. Ma secondo noi dovrebbe essere messo alla porta a livello politico». In tutta questa vicenda sembra emergere un vero e proprio sistema a cui il Pd ha fatto da sponda politica. Che ne pensa? «Sempre nell'ordinanza che riguarda Carletti c'è scritto che la sua “copertura politica" degli altri indagati era “continuativa e sistematica". Dunque che ci fosse un sistema non lo si può negare in alcun modo. Tra i 29 indagati, ricordiamo, c'è l'assistente sociale Federica Anghinolfi, che veniva presentata dal Pd come un modello durante le audizioni... Che ci fosse un sistema, ripeto, era evidente». E che questo sistema non andasse lo si poteva capire anche prima, forse. No? «Già la nostra Natascia Cersosimo, due anni fa, aveva sollevato dei dubbi sul numero di minori dati in affido in Val d'Enza. E infatti Carletti e l'Anghinolfi nel 2016 sono stati invitati in commissione per l'infanzia e l'adolescenza a parlare proprio di questo argomento. Come risulta dal resoconto stenografico, la Anghinolfi parlava di 900 minori seguiti dai sevizi sociali su 12.000 totali. È una percentuale allarmante. E invece di verificare quello che stava succedendo, lo hanno giustificato». Federica Anghinolfi, però, è difesa dall'avvocato Rossella Ognibene, già candidata del Movimento a sindaco di Reggio Emilia. «Infatti ha deciso di farsi da parte. Ovviamente è tutto lecito: lei può difendere chi vuole, ma la sua decisione cozzava con gli indirizzi politici del M5s. Io avrei preferito che rimanesse come consigliere comunale perché è professionale e molto attenta ai dettagli, ma nessuno può obbligare un avvocato a non difendere un cliente. Non lo nego: il dispiacere c'è. Da qui però a scrivere che ci siamo spaccati su questa storia...». Il Movimento del Piemonte ha donato 195.000 euro a varie associazioni tra cui il centro Hansel e Gretel che è coinvolto nell'inchiesta. «Siamo rimasti tutti un po' sconvolti. È stata una notizia che ci ha amareggiato. I consiglieri piemontesi hanno chiesto la restituzione della somma. Ma questo episodio deve permetterci di aprire una riflessione sulle restituzioni, cioè sui nostri soldi che non finiscono al partito ma al microcredito o altre iniziative utili». Ovvero? «Io da sola ho restituito oltre 200.000 euro. Dobbiamo aprire un confronto sulla destinazione di questi soldi. Noi li possiamo donare in buona fede a una Onlus, ma come facciamo a essere del tutto sicuri? Come facciamo a escludere che poi salti fuori un'inchiesta? Per questo serve iniziare una riflessione».
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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