2025-03-01
«Così scopriamo chi delinque con le cripto»
Il generale della Gdf Antonio Mancazzo (Imagoeconomica)
Il generale della Gdf Antonio Mancazzo, dopo l’operazione che ha permesso di scovare un trader con 270 milioni non dichiarati in valute virtuali: «Siamo in grado di seguire i movimenti sulla blockchain. Il denaro digitale ha fatto spostare i traffici di armi e droga sul Web».Ieri i finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria e del nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche di Roma hanno portato a termine una operazione di grande rilevanza. Hanno scovato un tesoretto da 270 milioni di euro in criptovalute appartenente a un trader di Ravenna che non aveva adempiuto agli obblighi in materia di monitoraggio fiscale e non aveva nemmeno dichiarato le plusvalenze ottenute con le cripto. Grazie ai controlli, le Fiamme gialle hanno potuto recuperare 11 milioni di euro. Davanti a cifre di questa importanza viene, però, da chiedersi quale sia il ruolo delle criptovalute e se non possano anche essere ritenute strumenti che possono favorire attività illecite. La Verità ne ha parlato con il generale Antonio Mancazzo, comandante del nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di finanza. Come è cambiato il suo lavoro da quando le criptovalute hanno iniziato a essere utilizzare su larga scala e soprattutto da quando il governo ha attuato una nuova stretta su questo mondo? «Vorrei iniziare con una premessa. La criptovaluta di per sé non è illecita, è l’uso che se ne fa che può renderla tale. Noi dobbiamo distinguere due situazioni, l’indagine come quella di Ravenna riguarda un soggetto che ha realizzato delle plusvalenze con le criptovalute e non le ha dichiarate al Fisco. Abbiamo dal 1° gennaio 2023 una disciplina organica sulla tassazione delle criptovalute, per cui se uno non dichiara viene colpito, come una normale evasione fiscale. È chiaro che dietro c’è tutto un lavoro di monitoraggio di queste criptovalute, un tracciamento fiscale altamente specializzato che è in grado di seguire le criptovalute sulla blockchain. Ma questo, seppure illegale, è meno pericoloso rispetto ad altri ambiti, dove le criptovalute sono il mezzo di pagamento prediletto dalla criminalità organizzata. Lo strumento preferito dal Dark web, quello dove noi cerchiamo i black market dove si vende di tutto: stupefacenti, armi, documenti contraffatti, banconote false, liste di dati per attacchi hacker. C’è stato uno spostamento dei traffici illeciti dal terreno fisico a quello virtuale».Del resto, ora le cripto sono sulla bocca di tutti. «È chiaro che si tratti di strumenti che hanno avuto una esplosione a livello mondiale. Si tratta di un nuovo mezzo di pagamento, anche se non possiamo definirla una vera moneta. Il compito del mio nucleo è contrastare tutti gli illeciti economico-finanziari che adesso avvengono attraverso il Web. Tra i vari compiti c’è anche quello di monitorare le criptovalute per accertare il corretto adempimento fiscale da parte dei soggetti che fanno trading. Quindi tocca a noi cercare di capire quali sono i wallet (portafogli digitali, ndr) più capienti e capire se su quelle somme sono state versate le relative imposte».In questi casi come riuscite a capire, essendo le criptovalute anonime, a chi appartengono?«Qui entra in gioco la capacità dei militari che sono in forza a questo nucleo di fare il cosiddetto tracciamento delle criptovalute. Noi cerchiamo di individuare i wallet più capienti che sono geolocalizzati in territorio nazionale e poi, con una serie di tecniche, tentiamo di dare a quel wallet una paternità, di ricondurlo a un soggetto fisico in modo da capire se a livello fiscale tutto è stato svolto correttamente». Quante volte vi capita di affrontare casi così importanti come quello di Ravenna? «A prescindere dalle attività investigative, va detto che tanti, anche giovani, hanno patrimoni in criptovalute consistenti. Naturalmente sono soggetti che hanno molta dimestichezza con questi strumenti. Basti pensare che nel 2008-2009 un bitcoin valeva 0,20-0,10 centesimi e a Natale scorso ha superato i 100.000 euro. Noi, solo dal punto di vista fiscale, abbiamo recuperato quasi 30 milioni, poi ci sono altre attività come le truffe dove viene utilizzata l’Intelligenza artificiale per trarre in inganno le persone inducendole a investire. In quell’area stiamo avendo un aumento importante delle denunce».Mi saprebbe quantificare il fenomeno delle truffe?«Non si può avere una stima esatta perché è un fenomeno globale. Non si può parlare più di truffe a livello nazionale o a livello internazionale. Se io subisco una truffa del genere, spesso e volentieri, abbiamo organizzazioni che sono nel Sud Est asiatico, principalmente in quelle zone dove ci sono leggi più permissive. Senza considerare che, una volta che la criptovaluta è sparita, è molto difficile recuperarla perché le tempistiche di un’eventuale cooperazione tra Paesi, ammesso che ci sia, non ne consentono il recupero».
Jose Mourinho (Getty Images)