2023-09-11
Così le grandi città diventano ghetti del lusso
Le politiche green renderanno i centri accessibili solo alle élites Il futuro (distopico) è quello che si sta progettando a Oxford: per uscire da un quartiere si avrà un numero limitato di permessi.Il giuslavorista della Bocconi Maurizio Del Conte: «A Milano il ceto medio si sposta in periferia, ma i prezzi ormai diventano insostenibili anche lì».Lo speciale contiene due articoliEra il 16 febbraio 1980 quando fu inaugurata la seconda linea della metropolitana di Roma che collega Ottaviano a Cinecittà attraversando il centro storico, con fermate a Piazza Barberini e Piazza di Spagna. L’allora sindaco di Roma, Luigi Petroselli, disse che così si sarebbero avvicinate le periferie ai quartieri «nobili» della città mentre gli abitanti delle aree centrali già prevedevano il degrado. Di lì a qualche anno, il cuore della città subì una radicale trasformazione: negozi storici che chiudevano lasciando il posto a jeanserie e rivenditori low cost, antiquari sostituiti da rivenditori di gadget, pizzerie take away al posto di ristoranti blasonati. Era la politica dell’inclusione, bandiera delle giunte di sinistra, realizzata senza un piano urbanistico, senza strategie di tutela delle peculiarità della Capitale. Ora, il percorso inverso, sempre ad opera della sinistra, sempre senza un progetto logico ma solo cavalcando modelli importati dall’estero e a caccia dei nuovi ricchi. È quanto sta accadendo, oltre che nella Capitale, a Milano, Torino, Firenze. Il trend del momento è creare centri urbani esclusivi, «smart» come si dice, ovvero super tecnologici, con servizi alla portata di poche tasche (si pensi ai coworking, gli uffici condivisi), con un mercato immobiliare sempre più esclusivo e con la promessa di un’aria più pulita. Non è un caso se a Milano, ogni mattina, un esercito di persone affolla i mezzi pubblici, in particolare i treni di Trenord, per raggiungere il proprio posto di lavoro in cittàа. Già, perché il milanese medio preferisce abitare in provincia, meno cara, per poi raggiungere Milano, lì dove si reca soltanto perché il suo ufficio, la sua azienda, ha sede.La «dittatura» delle norme green, applicate a edifici e trasporti, è l’ultimo passo di una politica che sta spingendo verso le periferie non solo le classi meno abbienti ma anche il ceto medio. L’ossessione delle Ztl, zone a traffico limitato, è entrata nel Dna delle amministrazioni dei grandi centri urbani. L’auto privata, da bene di massa, sta diventando un lusso. La casa in città è un miraggio anche per chi cerca un affitto. Trasporti e immobiliare spingono al rialzo altri settori come l’alimentare, la ristorazione, i servizi ricreativi. I modelli a cui guardano i sindaci di Roma, Milano, Torino e Firenze, sono quelli di Parigi e Londra. Nella capitale britannica c’è la più grande Ztl al mondo. La scorsa settimana il sindaco laburista, Sadiq Khan, ha allargato la Ulez (Ultra low emission zone) dal centro a tutta la zona della Greater London. Per entrare e circolare in periferia con un veicolo privo di determinati standard sulle emissioni, bisogna pagare una tariffa giornaliera di 12,50 sterline (poco meno di 15 euro). La misura è valida tutto l’anno, escluso il giorno di Natale, h24. Per entrare nel centro storico bisogna invece pagare 15 sterline cioè 18 euro. Le auto elettriche, è ovvio, possono muoversi senza vincoli. Non sono mancate le polemiche anche dalla stampa vicina alla sinistra come il Guardian che ha sottolineato le difficoltà per le classi più povere. Eppure Londra ha un sistema di trasporto pubblico, a cominciare dalle metropolitane, capillare e ramificato. Improponibile il confronto con le nostre città. A Parigi la zona a circolazione ridotta risale al 2015. Da gennaio sarà vietato il transito nei quattro primi arrondissements. Inoltre verranno prese in considerazione le dimensioni dei veicoli, il loro peso e il consumo di carburante per determinare il costo orario di parcheggio. Anche Parigi è dotata di un sistema di metropolitane efficiente che rappresenta una alternativa valida alle auto. La stella polare del sindaco della Capitale francese, Anne Hidalgo, è il modello della «Città di 15 minuti». È un progetto avveniristico di riorganizzazione degli spazi urbani che mira a ridisegnare i quartieri ed avvicinare i servizi essenziali ai residenti, in modo tale che siano raggiungibili a piedi o in bici grosso modo in 15 minuti. L’obiettivo è impedire la circolazione di mezzi che possono produrre emissioni inquinanti. L’ex politico britannico, Nigel Farage, lo ha definito un «piano che susciterebbe l’invidia di Pyongyang». La «Città di 15 minuti» prevede infatti che i residenti di un dato quartiere debbano avere il permesso per poter uscire in auto dal proprio perimetro. Il progetto è già in uno stato avanzato a Oxford, e prevede 100 permessi all’anno, superati i quali le auto verranno multate con sanzioni pesanti (si parla di 100 sterline ad infrazione). In alcune strade sono stati installati anche fittoni mobili per impedire il transito. Il Comune di fronte alla contestazioni ha chiarito che chi ha finito i permessi, potrà sempre uscire dalle aree assegnate seguendo un percorso più lungo.Per quanto folle possa apparire, la logica dei permessi fa parte dei traguardi indicati dal Consorzio di Sindaci C40, una rete globale di quasi 100 amministratori delle principali città al mondo che si sono uniti nell’azione per affrontare la crisi climatica, seguendo quanto detta l’Agenda 2030 dell’Onu. Del Consorzio fa parte anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Tra gli obiettivi c’è proprio la Città di 15 minuti con l’espansione di aree verdi e piste ciclabili, e la fine di investimenti e sovvenzioni pubbliche per i combustibili fossili. Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, si è proprio richiamato al modello della Città in 15 minuti per motivare la creazione di un’immensa Ztl dotata di 51 varchi, dalla quale escludere progressivamente tutte le auto che non rientrano in determinati parametri ecologici. Ci sono Paesi in cui la riorganizzazione urbanistica in chiave ecologica è ancora più avanti. L’Arabia Saudita ha lanciato il progetto The Line, una smart city, a sviluppo verticale, lunga 170 chilometri nel deserto, che dovrebbe ospitare 9 milioni di persone e nella quale gli spostamenti potranno avvenire a piedi o tramite un treno super veloce che impiega 20 minuti per attraversarla. Un report presentato dal World Economic Forum dice che «siccome il problema del riscaldamento globale non si potrà risolvere sostituendo il motore endotermico con quello elettrico, l’unica soluzione è ridurre il numero di macchine private del 75%, perlomeno nelle grandi città». Ecco svelato il vero obiettivo: colpire la motorizzazione di massa. Il punto di caduta di queste politiche è chiaro: siccome i veicoli elettrici sono alla portata di pochissimi e i permessi di accesso sono insostenibili per un portafoglio normale, gli spostamenti tra quartieri diventeranno un lusso perché affidato a mezzi di trasporto pubblici, laddove ci sono. Ecco quindi che il centro delle città tornerà ad essere un luogo per ricchi e le periferie si allontaneranno sempre di più.Un altro fattore che esclude dai nuclei cittadini fasce sempre più consistenti di popolazione, è il caro immobili. I grossi fondi di investimento stanno facendo incetta di mega strutture, le riqualificano e le rimettono sul mercato. A prezzi esclusivi, è ovvio. Le nuove classificazioni energetiche imposte dall’Europa, faranno lievitare i prezzi delle nuove abitazioni che si trascineranno dietro il mercato. Secondo i dati Istat, a Milano la media salariale è di circa 35.000 euro mentre il costo medio di un immobile supera i 5.000 euro al mq. Per l’affitto si oscilla tra 1.300-1.500 euro. L’ufficio studi di idealista.it ha rilevato che per un monolocale in centro città servono in media 1.300 euro al mese, per un trilocale 2.680 euro. In periferia si scende a 886 euro per un piccolo appartamento e 1.700 per tre stanze. Per una famiglia di 4 persone l’onere è di circa 4.500 euro. Anche il carrello della spesa nel centro di Milano pesa di più. Codacons ha calcolato che un chilo di pane costa in media 4,25 euro contro una media nazionale di 3,35. Per un pollo, carne bovina o suina ci vogliono rispettivamente 13,35 euro il chilo, 19,20 euro e 7,42 euro mentre la media nazionale è di 10,57 euro, 17,99 euro e 7,77 euro. Perfino i pomodori sono roba da ricchi: un chilo costa 4,86 euro mentre altrove si trovano 2,50 euro. I parcheggi sono salati: in base alle zone costano in media 3 euro l’ora mentre quelli coperti nelle aree centralissime oltre 5 euro. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cosi-le-grandi-citta-diventano-ghetti-del-lusso-2665154358.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="con-meno-residenti-si-lascia-campo-libero-alla-criminalita" data-post-id="2665154358" data-published-at="1694299152" data-use-pagination="False"> «Con meno residenti si lascia campo libero alla criminalità» «Una giovane coppia che oggi volesse mettere su famiglia a Milano, avrebbe difficoltà a trovare un alloggio ad un prezzo abbordabile anche in periferia. Lo spostamento del ceto medio dal nucleo cittadino verso le periferie sta facendo crescere i prezzi anche qui, creando disparità tra i nuovi arrivati e chi vi risiede da tempo. Assistiamo all’aumento del pendolarismo dall’hinterland verso le città. È una situazione che non mi sembra possa avere una inversione di tendenza». Maurizio Del Conte, professore di Diritto del lavoro all’Università Bocconi, da tempo osserva un mutamento in atto nella sua città. «Milano ha cambiato faccia e per certi aspetti del lavoro diventa complicato». Vivere ma anche lavorare è diventato complicato nel centro città? «Alcune attività si possono svolgere anche da remoto, come quelle negli uffici ma per altre è impossibile. L’azienda municipale dei trasporti fatica a trovare autisti, perché l’85% vive in provincia e con lo stipendio non ce la fa a fare avanti e indietro» Colpa della Ztl sempre più estesa? «Nelle fasi di transizione non si può pensare di essere così drastici nel prendere decisioni che rischiano di tagliar fuori fasce di popolazioni in difficoltà economica ad adeguarsi». Si vogliono imitare modelli stranieri? «A New York e a Londra è difficilissimo girare in auto, ma sono metropoli con un sistema organizzativo di trasporto pubblico rodato da anni. Londra sta diventando una città di pendolari e non so quanto sia positivo. Svuotare di residenti le città, per farne hub dove le persone entrano ed escono solo per lavorare, rischia di aumentare fenomeni di criminalità. Quando manca una comunità di quartiere diventa complicato il controllo del territorio». Ma come si può pensare di applicare un modello del genere in città storiche, come Roma? «A Roma sarebbe impossibile. Per muoversi dal raccordo a Roma è un viaggio, con una metropolitana che spesso è fuori servizio e non copre tutta la città. Milano è messa meglio, ma il problema comunque esiste. Impossibile fare un confronto con Londra. Poi se consideriamo il livello degli stipendi, un londinese guadagna molto di più di un milanese». Ci sono lavoratori in numerosi settori che avrebbero difficoltà a spostarsi dall’hinterland alla città. «Chi è nell’ospitalità e nella ristorazione non può operare da remoto e ha anche orari complicati. Per chi termina il lavoro a sera inoltrata, un conto è restare in città, un altro è raggiungere l’auto in parcheggio fuori dalla zona a traffico limitato e fare 15-20 chilometri per tornare a casa. È un costo, oltre che un disagio». Non si parla più di politica della casa, come mai? «È vero non si investe più nell’edilizia popolare. È una politica che è stata abbandonata da decenni. Alcune zone a Milano erano di edilizia popolare e oggi sono considerate centrali. Mentre negli anni Cinquanta si pensava che una quota della città dovesse essere destinata a edilizia popolare, oggi nessuno aprirebbe più un cantiere per questo tipo di alloggi, nella città. Fa impressione vedere ad agosto nel centro di Milano, negli stessi orari, la fila di turisti davanti ai negozi della moda e a poca distanza la fila davanti alle mense dei frati di chi non ha da mangiare. È un contrasto stridente». Non è che si sono lasciate ampie zone in mano ai fondi immobiliari che hanno investito in residenze di lusso? «Se un immobile può rendere di più mettendoci dentro un albergo a 5 stelle, o appartamenti di lusso, lo si fa, è la legge di mercato. Ma urbanistica vuol dire pianificazione. Il rischio è che se non si fa un ragionamento urbanistico che non sia solo la vendita al prezzo più alto, si crea una spirale di prezzi che rende la città poco fruibile dai residenti. I quartieri di edilizia popolare stanno diventando ghetti dove si spingono le frange marginali della società. Manca un giusto mix tra diverse composizioni sociali dentro una dimensione metropolitana». Le nuove norme di classificazione energetica volute dall’Europa aumenteranno il divario tra centro e periferie? «Abbiamo avuto una grande occasione per ammodernare gli edifici dal punto di vista energetico e l’abbiamo persa con il cattivo uso del meccanismo del superbonus che ha fatto crescere i prezzi e sballare i conti dello Stato. Non è sbagliata l’idea di migliorare la classe energetica ma è stato creato un meccanismo che ha favorito la speculazione».
Ecco #DimmiLaVerità dell'8 settembre 2025. Il generale Giuseppe Santomartino ci parla dell'attentato avvenuto a Gerusalemme: «Che cosa sta succedendo in Medio Oriente? Il ruolo di Hamas e la questione Cisgiordania».