2024-11-08
Il primato europeo non contava niente quando la Corte sentenziò sui vaccini
La Corte di Giustizia Ue (Ansa)
Il tribunale, che è oracolo se si occupa di Paesi sicuri, è stato ignorato allorché ha censurato i contratti opachi con Big Pharma.Il diritto comunitario prima di tutto, anzi «über alles». La germanizzazione (con caratteri runici) serve per attribuire il giusto peso ai pronunciamenti dei giudici europei ed enfatizzare la spasmodica attenzione con cui viene maneggiato ogni foglio protocollo proveniente dalle scrivanie delle toghe di stanza in Lussemburgo, sul pianoro esentasse di Kirchberg. Non c’è brezza del Tribunale europeo che non venga trattata sui media italiani come un soffio divino, soprattutto se va a scompigliare la messa in piega di Giorgia Meloni. Non c’è parola della Corte di giustizia che non venga automaticamente interpretata come l’undicesimo comandamento, soprattutto se trasforma in carta straccia una legge dello Stato italiano. Una Corte suprema senza esserlo. Ce ne siamo accorti con deferente stupore nel caso dei migranti, allorché il tribunale di Roma non ha convalidato il decreto di trasferimento di 12 immigrati illegali nei centri allestiti in Albania (e ripeterà all’infinito la sua posizione) rifacendosi a una sentenza della Corte di giustizia Ue, imitato da giudici di Bologna e Catania che hanno chiesto al Tribunale Ue pareri vincolanti su casi similari. «Non per andare contro il governo, ma per fare rispettare i diritti delle persone», come ha dichiarato il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. Tutto ruota attorno a una sentenza emessa il 4 ottobre dai giudici della corte lussemburghese, che non ha niente a che fare con l’Italia, con la filosofia teoretica dei «Paesi sicuri», con Egitto e Bangladesh, con il diritto internazionale. La magna charta che inchioderebbe all’immobilismo il governo riguarda il caso di un cittadino moldavo che aveva fatto richiesta di asilo nella Repubblica Ceca, dove la Moldavia viene considerata un Paese sicuro a eccezione della Transnistria, la striscia di terra al confine con l’Ucraina in perenne conflitto etnico. La richiesta dell’uomo è stata respinta da Brno, ma provenendo lui proprio dalla Transnistria, i giudici europei hanno accolto il suo ricorso perché «un Paese non può essere considerato sicuro se non sono sicure tutte le sue parti». È questo il granello di sabbia nell’ingranaggio che per proprietà transitiva oggi allunga la sua ombra su ogni decisione italiana. È questo il cavillo al quale la giustizia si aggrappa per bloccare l’operazione Albania. Molto bene? Fino a un certo punto. Perché esistono sentenze prodotte nei due grattacieli neri del regno bancario che riposano sotto quintali di polvere del tempo, per nulla applicate, per nulla paradigmatiche. La più clamorosa riguarda un piccolo inconveniente accaduto al continente europeo nel suo meraviglioso cammino verso la felicità: la pandemia, con i numerosi morti, con la corsa ai vaccini, con i maneggi degli euroburocrati con le case farmaceutiche. Lo stesso Tribunale europeo che oggi viene considerato l’oracolo di Delfi sui migranti, nel luglio scorso ha censurato la Commissione Ue (sentenza firmata dalla quinta sezione) perché «non ha concesso al pubblico un accesso sufficientemente ampio ai contratti di acquisto dei vaccini con riferimento alle clausole relative all’indennizzo, oscurando alcuni dati». È curioso notare come nessun giudice italiano abbia alzato il sopracciglio per guardare dentro quella sentenza e verificare se vi fossero gli estremi per approfondire il tema delle responsabilità civili e penali sugli effetti avversi. Non stiamo parlando di ipotetiche problematiche relative al posizionamento negli indici di sicurezza di Egitto e Bangladesh, ma di un argomento entrato drammaticamente nelle case di migliaia italiani, che ne ha condizionato la vita, la salute, il lavoro, l’equilibrio psicologico. Stiamo anche parlando di 2,7 miliardi di euro passati da Bruxelles alle case farmaceutiche, con accesso «solo parziale ai contratti per verificare che l’interesse pubblico fosse tutelato». Nella sentenza del Tribunale lussemburghese, sollecitato da europarlamentari e da privati, sta scritto che quelle clausole prevedevano a favore delle imprese «un meccanismo di indennizzo dei costi economici relativi ad eventuali danni in cui esse potrebbero incorrere a titolo di responsabilità per i vaccini». Impedendo la divulgazione dei contratti - così sottolinea la sentenza - la Commissione ha violato il principio di trasparenza e ha tradito la fiducia dei cittadini.Va notata una differenza di trattamento che ai tempi di Tangentopoli sarebbe stata sintetizzata con il motto in slang «dos pesos y dos misuras». Mentre i tribunali fanno a gara ad appellarsi a favore degli immigrati illegali in nome dei giudici Ue, nessun togato ha pensato di riaprire la botola sui contratti dei vaccini; nessuno ha impugnato quella sentenza per definire eventuali risarcimenti ai danneggiati; nessuno si è preoccupato di «far rispettare i diritti delle persone», per dirla con Santalucia. Per magìa, una presunta Corte suprema diventa una preturina da romanzo di Piero Chiara e viceversa. Dipende dall’argomento.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)