2022-05-08
Ma il «Corriere» deve ammettere che la priorità è far tacere le armi
Più durerà il conflitto, più ucraini moriranno e più rischieremo di far scoppiare la terza guerra mondiale. Senza contare i danni economici. E ora via Solferino molla l’elmetto per abbracciare una linea realista.Caro Morbidelli, le assicuro che nessuno in redazione desidera buttare gli italiani in braccio alla Russia. Per quanto alla Verità non ci piaccia l’informazione mainstream di giornaloni e talk show (e ne abbiamo dato prova dal giorno in cui siamo nati), le confesso che continuiamo a tenerci stretta la nostra libertà di opinione, senza avere alcuna simpatia per quella condizionata e in pericolo che vige a Mosca.La voglio tranquillizzare anche su un altro aspetto: nutrire dubbi sulla strategia dell’Europa e degli Stati Uniti a proposito della guerra in Ucraina non equivale a sostenere Vladimir Putin, ma prova che siamo abituati a far funzionare la testa, senza farci condizionare da alcun pregiudizio. Da noi vige la regola del buon senso e di buono nella voglia di armarci e far partire gli ucraini per il fronte non ci pare ci sia nulla.Fin dal primo giorno, cioè da quando i carri armati del Cremlino hanno varcato il confine con l’obiettivo di arrivare a Kiev, abbiamo scritto che questa guerra andava fermata. Non per dare ragione allo zar del Cremlino, ma per evitare che il conflitto degenerasse e, oltre a provocare decine di migliaia di morti, coinvolgesse l’Europa, rischiando di trasformarsi nella Terza guerra mondiale. Beh, dopo due mesi e mezzo di combattimenti, dopo intere città rase al suolo, dopo una quantità di vittime civili e militari che al momento nessuno è in grado di stimare, siamo al punto di partenza. Sarò brutale, ma non vedo alternative: ci sono solo tre modi per mettere fine all’eccidio. La prima è che l’Ucraina vinca e respinga l’invasore, ma per farlo credo sia necessario che l’Europa e l’America entrino in guerra, mobilitando le proprie truppe e dando avvio a un conflitto planetario i cui esiti, come sappiamo, sono imponderabili. Certo, esiste una possibilità subordinata, ovvero che grazie ai servizi di intelligence, o a una rivolta interna, Putin venga deposto, instaurando a Mosca un nuovo regime. Tuttavia, al momento questa sembra un’ipotesi auspicabile, ma non facilmente raggiungibile. C’è poi un altro modo per interrompere le manovre belliche e consiste nella vittoria russa. L’armata di Mosca conquista quel che vuole e poi proclama la fine delle ostilità, facendo propri i territori che ha sottomesso, come succede in ogni guerra. Anche questa sembra un’ipotesi difficilmente raggiungibile, perché pure se sconfitte a Mariupol, se cacciate da Kherson e messe in fuga da Odessa, fino a che saranno spalleggiate dall’Occidente, difficilmente le forze armate ucraine deporranno le armi. Dunque, se accantoniamo le prime due possibilità, per risolvere il conflitto ne resta una sola. Per evitare che la carneficina continui, è necessario un negoziato. So che è più facile a dirsi che a farsi, ma a La Verità non vediamo alternative. Anzi, fin dal primo giorno vediamo tanta ipocrisia. A parole tutti sono pronti a difendere l’integrità e la libertà dell’Ucraina, ma nei fatti nessuno è disposto a combattere per essa, perché sa che in molti morirebbero, oppure che i costi economici sarebbero enormi. Per dirla con l’economista americano Jeffrey Sachs, l’America è decisa a resistere fino all’ultimo ucraino. Non so lei, caro Morbidelli, ma io non sono disposto a combattere fino all’ultimo ucraino, perché non voglio quei morti sulla coscienza. Con molto realismo penso che si debba costringere Russia, America, Europa e Ucraina a sedersi attorno a un tavolo. Non ho citato a caso Russia, America ed Europa per prime: perché senza queste potenze non si fa niente. Mosca ha innescato il conflitto, gli Stati Uniti e la Ue lo stanno sostenendo, anche se per interposta nazione. Dunque, se non vogliamo raccontarci balle e pensare che basti solo inviare cannoni e staccare assegni per sentirci in pace, è necessario metterci la faccia e anche qualcos’altro, altrimenti ci rimprovereremo per l’eternità di aver giocato con la vita delle persone. Se un Paese stanzia 33 miliardi a favore di un altro mentre quest’ultimo è in guerra, non lo fa perché ama la pace, ma pensa che la guerra sia destinata a durare: questo mi sembra innegabile. Che lo faccia per nobili ideali o per meno nobili interessi si può discutere, ma è indubbio che se investi in missili e non in ramoscelli d’ulivo ti prepari a un conflitto e non all’abbraccio.I fatti sono talmente inopinabili che perfino il Corriere della Nato, dopo aver definito «immorale» l’idea di indurre gli ucraini a trattare e dopo aver chiamato «pacifista cinico» chiunque non fosse disposto a sostenere Kiev senza se e senza ma, ora sta riscoprendo la realtà. In due editoriali separati, il primo di Federico Fubini e il secondo di Aldo Cazzullo, in via Solferino sembrano aver preso coscienza della realtà, accorgendosi che l’Europa non è disposta a pagare un prezzo più alto di quello sostenuto finora, cioè non solo non è disposta a morire per Kiev, ma neppure a impoverirsi per Zelensky rinunciando a gas e petrolio. La conclusione alla fine è quella a cui eravamo arrivati noi due mesi e mezzo fa: o si elimina Putin o si tratta. So che sarebbe bello inventarsi una terza via che accontenti gli ucraini e anche le nostre vite e il nostro portafogli, ma come hanno dimostrato tanto tempo fa sia Bill Clinton che Tony Blair, le terze vie non esistono. Esiste solo il cinismo di una sinistra planetaria che ogni volta fa la guerra dichiarando però di voler fare la pace. E il numero di morti e di errori non conta mai.
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