2024-08-18
Coppola verso l’estradizione dagli Emirati Arabi. Torzi e Tulliani jr tremano
Danilo Coppola (Getty Images)
L’immobiliarista romano coinvolto nel caso dei «furbetti del quartierino» sarebbe a un passo dalla consegna all’Italia. Nel mirino pure il «cognato» (latitante) di Fini.La latitanza di Danilo Coppola, uno dei celebri «furbetti del quartierino» (per la scalata ad Antonveneta patteggiò una pena a 8 mesi per aggiotaggio), è agli sgoccioli. A quanto risulta alla Verità, il bancarottiere romano sta per essere rispedito in Italia dagli Emirati arabi uniti. Entro poche ore l’immobiliarista dovrebbe essere trasferito in un carcere del nostro Paese. La data del rientro dovrebbe essere mercoledì 21 agosto. Appena tre mesi fa Coppola aveva festeggiato sui social una prima bocciatura dell’istanza di estradizione da parte dei giudici emiratini. In poche settimane questo iniziale verdetto sembra essere stato ribaltato. E la notizia non è buona nemmeno per gli altri fuggitivi che si godono la loro latitanza dorata sulle spiagge del Golfo persico: da Giancarlo Tulliani, il «cognato» di Gianfranco Fini, condannato ad aprile in primo grado a sei anni di reclusione per riciclaggio, a Gianluigi Torzi, il broker punito con 6 anni dalla giustizia del Vaticano per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato e la compravendita di un palazzo di lusso a Londra in Sloan Avenue, a Concordio Malandrino, imprenditore cilentano inseguito da quattro Procure.Coppola, cinquantasettenne romano, era stato arrestato il 6 dicembre 2023 a Dubai, sulla base di un mandato di cattura internazionale (la cosiddetta red notice dell’Interpol). Dopo 9 giorni il latitante era stato scarcerato, ma con il divieto di espatrio. Adesso, però, sono state completate le procedure per la concessione dell’estradizione. Sono già stati informati la Procura generale e la Procura di Milano, il Nucleo di polizia economico-finanziaria che ha condotto le indagini e i carabinieri del Comando provinciale, sempre del capoluogo meneghino, che erano stati incaricati dell’esecuzione dell’arresto. Le pene da scontareCoppola viene estradato per l’ordine di esecuzione per la carcerazione firmato dalla pm milanese Adriana Blasco nel luglio del 2022, registrato nel Sistema informativo esecuzione e sorveglianza (Siep) con il numero 3011.La condanna principale a 7 anni riguarda la bancarotta fraudolenta di tre società: Gruppo immobiliare 2004 (fallita nel 2013 per un buco di circa mezzo miliardo di euro), Mib Prima (il crac risale al 2015) e Porta Vittoria spa (collassata nel 2016), quest'ultima nata per occuparsi dello sviluppo immobiliare della zona a est del centro di Milano. Il Tribunale aveva disposto anche un risarcimento di oltre 153 milioni a Porta Vittoria spa, a garanzia dei quali è stato mantenuto il sequestro di immobili già «congelati», e una provvisionale di 50 milioni al Gruppo immobiliare 2004. È stata ordinata anche la confisca dei titoli delle società lussemburghesi Tikal prima ed Estrella 27, sempre riconducibili a Coppola.La sentenza è del 2018 ed è stata confermata in via definitiva nel 2022. A ciò bisogna aggiungere 3 mesi di reclusione per una diffamazione commessa nel 2011 e la cui pena era stata sospesa a condizione che l’imputato non subisse altre condanne nei successivi 5 anni. Ma visto che così non è stato anche questi 90 giorni sono stati cumulati. Ai 7 anni e 3 mesi vanno scalati i 9 mesi e 18 giorni di custodia preliminare in carcere ai domiciliari. Il che porta la condanna residua da espiare a 6 anni 5 mesi e 12 giorni. Per gli accordi di collaborazione internazionale Coppola non dovrà scontare in carcere anche le nuove condanne, a meno che non venga concesso il via libera dagli stessi Emirati. Infatti, Coppola, il 19 marzo scorso, è stato condannato nuovamente per bancarotta, a 2 anni e 8 mesi, nel cosiddetto processo Porta Vittoria bis. Una condanna che ha portato la pena finale, «in continuazione» con quella del precedente filone, a 9 anni e 8 mesi.Le motivazioniPer i giudici Coppola era «consapevole del grave dissesto societario» del gruppo Tikal «che presupponeva sin dal 2006 la cessazione di ogni attività», ma avrebbe deciso di «mantenerle in vita al solo fine di recuperarne per sé il valore economico precedentemente investito», con «perseveranza», a «discapito degli interessi dei creditori». Lui a maggio, in uno dei numerosi video che pubblica sui social, aveva cantato vittoria: «Sono molto emozionato. È ufficiale: gli Emirati arabi uniti non concedono la mia estradizione all’Italia che mi vuole arrestare. Bene signori, abbiamo già avuto modo di dire che qui negli Emirati Arabi uniti la Giustizia funziona, non c’è il pregiudizio, non c’è il preconcetto, vige la meritocrazia. In questi giorni la Corte di giustizia del Tribunale penale di Abu Dhabi, dopo un’attenta analisi, durata mesi delle mie vicende processuali, di persecuzioni italiane che mi riguardano, portate avanti sempre dagli stessi pubblici ministeri da oltre vent’anni, sempre le stesse persone che fabbricano capi di imputazione sulla mia persona, ha deciso la Corte di non concedere l’estradizione per il mio arresto in Italia ritenendo che la mia persona sia perseguitata». Coppola, a questo punto, aveva aggiunto: «Anche la Svizzera in passato aveva negato la mia estradizione. Non aggiungo altro. Non serve. Ma questo ci dovrebbe fare riflettere di come in effetti in Italia la giustizia sia malata». Il sistema giudiziario degli emirati, come il nostro, ha però tre gradi di giudizio: c’è la Corte di prima istanza, la Corte d'appello e la Corte di cassazione, che, negli emirati, è rappresentata dalla Corte suprema federale. L’avvocato foggiano Gaetano De Perna ci spiega: «Difendevo Coppola, ma da qualche giorno ha cambiato legale. La sentenza di maggio del Tribunale di Abu Dhabi non era definitiva e, dopo il ricorso del nostro governo, ai primi di agosto dovrebbe essere arrivata la decisione inappellabile della loro Cassazione». Che, a quanto ci risulta, avrebbe dato ragione all’Italia. Però il nuovo difensore di Coppola, Francesco Caroleo Grimaldi, legale anche di Gianfranco Fini, appare sorpreso: «Non mi risultano novità. Se ci fossero lo saprebbero tutti. Dello stato del ricorso non so nulla».Il telefono spentoFatto sta che ieri il numero di telefono di Coppola non era raggiungibile. È stato fermato dalle autorità emiratine per la consegna del 21? Oppure l’immobiliarista si è dato alla macchia dopo essere venuto a conoscenza del provvedimento dei giudici? Ieri non siamo riusciti a risolvere l’enigma. Per qualcuno, comunque, la decisione di restituire Coppola all’Italia potrebbe essere collegata alla recente uscita degli Emirati arabi dalla grey list del Gruppo di azione finanziaria internazionale (Gafi), dopo due anni di purgatorio. Il Gafi è un organismo intergovernativo che elabora e sviluppa strategie di contrasto al riciclaggio dei capitali di origine illecita. Gli Emirati Arabi uniti erano finiti nella lista grigia con l’accusa di «vulnerabilità al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo». Una macchia che ha reso per 24 mesi molto più attrattiva per gli investimenti la vicina Arabia Saudita. Per questo il Paese ha introdotto tribunali focalizzati sui crimini finanziari e ha stabilito nuove regole sui beneficiari effettivi di società e patrimoni. I casi eccellentiProcede su binari paralleli a quella di Coppola la vicenda di Torzi, quarantacinquenne originario di Termoli, per cui il Tribunale di Milano ha emesso il 19 maggio 2023 un decreto di latitanza dopo che la Cassazione ha confermato, nel gennaio dello stesso anno, l’ordinanza di misura cautelare per l'ipotesi di aggiotaggio su azioni Aedes, società di investimento quotata in Borsa, reato che il finanziere avrebbe commesso tra il 2017 e il 2019. La Procura generale ha esteso le ricerche del «catturando» in ambito internazionale. A gennaio di quest’anno Torzi è stato arrestato e poi rilasciato dietro pagamento di una lauta cauzione. Il nuovo corso della giustizia emiratina non lascia tranquillo neanche Tulliani, condannato ad aprile a 6 anni per due capi di imputazione, compreso il riciclaggio legato alla compravendita della casa di Montecarlo, e a 6.000 euro di multa. Anche lui, negli anni scorsi, è stato arrestato e liberato. Nel 2019 l’avvocato Alessandro Diddi aveva dichiarato: «La Procura di Roma sta cercando di convincere le autorità di Dubai a dare il via libera all'estradizione […]. Gli Emirati Arabi avevano già respinto una prima richiesta della Procura per mancanza dei presupposti. Ci attendiamo quindi una nuova conferma della decisione». Adesso, con la sentenza di primo grado in mano e quello che appare come un atteggiamento più collaborativo dei tribunali emiratini, i magistrati italiani potrebbero ottenere soddisfazione. Altro caso eclatante è quello del cinquantacinquenne Malandrino. Sulle sue tracce ci sono diverse Procure italiane. L’imprenditore è considerato la mente di diverse evasioni fiscali, una da 57 milioni di euro e un'altra da 30, oltre che di una frode carosello internazionale da 115 milioni. Una delle indagini è coordinata dai procuratori europei delegati di Palermo dell’Eppo (European public prosecutor’s office) e sulla testa di Malandrino pende un mandato di cattura internazionale. Tutti questi fuggiaschi vivono con l’ansia dell’arrivo delle forze di polizia con in mano un ordine di imbarco su un aereo diretto a Roma Fiumicino. Il primo dovrebbe essere Coppola. Il suo posto su un volo di linea sarebbe stato già prenotato. La partenza, salvo sorprese dell’ultima ora, come detto, è prevista per il 21 agosto. Resta solo da attendere l’atterraggio. E probabilmente, in un aeroporto invaso dai turisti e arso dal caldo ferragostano, in pochi riconosceranno quell’uomo abbronzato e scortato. Ma la prevedibile presenza di cameraman e giornalisti non farà passare inosservato l’ultimo atto di una saga tipicamente italiana, quella dei «furbetti del quartierino».
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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