2022-05-19
Contrappasso Me too e Lagioia va all’inferno
Nicola Lagioia (Elisabetta A. Villa/WireImage)
Striscia riesuma una frase di 17 anni fa su Melissa P.: «Se le si mettono le pagine di “Lolita” nel c... impara per osmosi». Sul patron del Salone di Torino cala la scure femminista. E la vittima di sessismo? Fa spallucce, adesso collabora con la moglie dello scrittore...«A dischiudersi nei nostri cuori sia la parte luminosa dell’amicizia, della festa e ovviamente della pace». Non per lui, non per Nicola Lagioia, scrittore caro al potere, punito nel 2015 con il premio Strega e direttore del Salone del libro di Torino, che pensava di aprire la grande libreria del politicamente corretto con incenso e tisane allo zenzero e invece si ritrova, oggi nel giorno dell’inaugurazione, con una tazza di veleno in mano. Niente pace, niente festa, anzi rischia di essere un separato in casa. È bastato che Striscia la notizia trovasse in cantina un reperto, lo rispolverasse e lo mostrasse al mondo editoriale per creare un vespaio che lo sta travolgendo. Sta tutto in una frase dedicata 17 anni fa a Melissa P., la discussa autrice di Cento colpi di spazzola. Siamo a livelli da edicola ferroviaria, ma in mancanza di un Aleksandr Solgenitzin o di un Philip Roth ci si deve accontentare. Allora Lagioia, non ancora venerabile maestro di corte con licenza di dividere i buoni dai cattivi, davanti all’opera seconda di Melissa Panarello (L’odore del tuo respiro) diceva: «Con lei c’è una sola cosa da fare. La prendi, la metti a 90 gradi appoggiata a un tavolo. Poi prendi Lolita di Nabokov, strappi le pagine e gliele infili una per una nel c…o. Dopo un po’ per osmosi qualcosa assimila per forza». La stroncatura intestinale fece scalpore, ma era un altro mondo e dopo qualche ora tutti si dimenticarono del sessismo da osteria. Oggi il prequel riesumato è al curaro, il maschilismo volgare è da bandire perfino a sinistra, il diritto all’oblio esiste solo nei convegni sui rischi del Web. Così la città de Lagioia diventa un inferno. La frase riesumata dall’inviata di Striscia, Rajae Bezzaz, aleggia fra gli stand, fa imputridire il programma e scatena le erinni del Me too all’italiana. Il tema di questa edizione è «Cuori selvaggi», dopo l’uragano di critiche che aspettavano in frigo da 17 anni quello del direttore è a pezzi. Ad aprire il fuoco è Myrta Merlino: «Chissà perché con le donne si finisce sempre a parlare di metterle a 90 e fare aprire le gambe. Chi lo ha detto deve essere seppellito dalle sue parole». «Mi mancava questa perla», ha commentato sgranando gli occhi Lidia Ravera. «Una storia brutta tutta», liquida la querelle Simonetta Agnello Hornby. Anche Chiara Gamberale non perdona: «Frase che offende più chi la dice». Non poteva mancare Laura Boldrini: «Una cosa sconcia, oscena, feroce».Siamo al contrappasso perché Lagioia - da anni vestale del conformismo librario di sinistra, alter ego del custode dell’ortodossia Christian Raimo - merita di assaporare sulla sua pelle la schizofrenia culturale anche da lui alimentata e di subire le conseguenze del settarismo di cui è stato protagonista fino all’altroieri. Non dimentichiamo che fu lui a bandire dal Salone l’editore Altaforte, reo di aver pubblicato un volume-intervista con Matteo Salvini e bollato come «amico di Casa Pound». Disse scandalizzato il direttore: «Non entrerà mai, fa libri brutti». Un marchio dittatoriale per togliersi di torno un problema culturale alla faccia del pluralismo, per evitare di scontrarsi con la parrocchietta progressista che l’anno prima gli aveva voltato le spalle proprio per la presenza dell’editore scomodo. Ancora Lagioia, dopo l’invasione russa in Ucraina, ha deciso di chiudere la porta alle delegazioni russe, provando a salvare il salvabile con la conferma che «diciamo sì agli autori russi, ai forum, ai reading». L’effetto Dostoevskij alla Bicocca sarebbe stato troppo anche per la kermesse radical.Ora a 90 gradi c’è lui, annichilito dal suo passato, appeso a tre frasi che nessuno considera una licenza poetica. Per quattro giorni dovrà camminare rasente i muri e ritirare le copie di Lolita di Vladimir Nabokov (che è pure russo di San Pietroburgo, chissà se putiniano) per non rischiare la dolorosa nemesi. In tutto questo risalta il post pacificato e comprensivo della Panarello su Facebook. La destinataria degli insulti non se la prende con Lagioia, non rivanga, anzi accusa la giornalista di Striscia di essere andata a cercare quelle frasi in un’arrugginita cassetta degli attrezzi: «Un agguato bello e buono, una cosa violenta tanto quanto una battuta sessista. Io non mi sono mai sentita discriminata, ora con lui c’è un rapporto di stima e affetto». Ma come, le sacre ragioni del Me too e le ferite sull’anima del catcalling valgono per Woody Allen e per gli alpini, non per il tenero direttore? Il motivo fa capolino fra le convenienze: l’ex Melissa P. collabora con Chiara Tagliaferri, la moglie di Lagioia, e ha da poco pubblicato un podcast che viene presentato al Salone di Torino. Molto bene, la legge del circolino letterario non tradisce mai. In questa edizione c’è una novità: il bosco degli scrittori, con 1.000 specie vegetali. Nascondersi nel folto può essere un’opzione collettiva.