2023-12-19
Sul Mes ora Conte vuole un giurì d’onore contro la Meloni. Ma rischia l’autogol
Per il leader del M5s il premier ha mentito. Però le audizioni potrebbero certificare che lui ignorò il mandato del Parlamento.Parlare a nuora perché suocera intenda: Giuseppe Conte attacca Giorgia Meloni, chiede un giurì d’onore sulle parole pronunciate in parlamento dal premier a proposito del Mes, ma alla fine l’obiettivo della iniziativa puramente propagandistica del leader pentastellato è Elly Schlein, che infatti si arrabbia non poco.Giuseppi vuole a tutti i costi rompere quell’asse Giorgia-Elly che fa comodo a entrambe: la Meloni cerca di scegliersi l’avversario meno ruvido da affrontare, la Schlein approfitta della visibilità che le viene graziosamente concessa da Palazzo Chigi che la (mal)tratta come se fosse la leader dell’opposizione. Il giurì d’onore è contemplato dall’articolo 58 del regolamento della Camera: «Quando nel corso di una discussione», recita l’articolo, «un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al presidente della Camera di nominare una commissione la quale giudichi la fondatezza dell’accusa».L’ultima volta che è stato convocato è stato il 31 gennaio scorso su richiesta del Pd, per le dichiarazioni in aula di Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia, contro alcuni deputati dem per la visita in carcere all’anarchico Alfredo Cospito. Il giurì procede con audizioni e analisi di documenti e poi si esprime: in quel caso, Donzelli è stato prosciolto. A presiedere il giurì d’onore è, di consueto, un vicepresidente della Camera: in pole position c’è il forzista Giorgio Mulè.Conte ha ufficializzato ieri sera la richiesta di istituire il giurì al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, che ha dato indicazione di svolgere «la verifica in ordine ai presupposti regolamentari necessari per dare riscontro all’istanza formulata». L’ex premier, per riconquistare il centro del ring, sguaina il ciuffo delle grandi occasioni: ieri mattina convoca improvvisamente la stampa e, con tono solenne, affonda il colpo: «Ho appena consegnato al presidente della Camera Fontana», scandisce Giuseppi, «una richiesta di istituire un giurì d’onore per accertare le menzogne denigratorie del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Ha sostenuto che il mio governo ha dato l’ok alla riforma del Mes senza un mandato parlamentare, con il favore delle tenebre, quando si era ormai dimesso. Meloni ha mentito, consapevole di mentire. Peraltro era in quel Parlamento quando, nel dicembre del 2020, c’è stato un ampio dibattito conclusosi con una risoluzione. Al contrario di quanto affermato dalla Meloni», aggiunge Conte, «data la gravità di questi comportamenti ho ritenuto di dover avvertire il presidente Fontana per cortesia istituzionale e anche il presidente Mattarella».Il riferimento di Conte è alla famigerata seduta dello scorso 13 dicembre quando la Meloni, al Senato per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo, sventolando un documento del 20 gennaio 2021, ha accusato Giuseppi di aver dato il via libera al Mes, da presidente del Consiglio, «il giorno dopo essersi dimesso, quando era in carica solo per gli affari correnti, senza mandato parlamentare, senza dirlo agli italiani, con il favore delle tenebre». Il foglio in questione era firmato dall’allora ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e autorizzava l’ambasciatore plenipotenziario presso la Ue, Maurizio Massari, a ratificare la riforma del Mes.Tecnicamente il governo giallorosso era effettivamente ancora in carica il 20 gennaio 2021: Conte si sarebbe dimesso il 26; dal punto di vista politico tuttavia il suo governo era affondato il 19, il giorno prima della nota di Di Maio, quando il Senato confermò la fiducia al governo con 156 voti favorevoli, 140 contrari e 16 astenuti (i senatori di Italia viva). Visto che a Palazzo Madama la maggioranza assoluta era 161, il governo era bello che andato, nonostante i tragicomici tentativi di racimolare voti sparsi per formarne un altro senza i renziani. Rimarrà negli annali il voto in extremis del senatore Lello Ciampolillo, che non aveva risposto alla doppia chiamata della presidente del Senato, Alberti Casellati, e che entrò in Aula in extremis urlando «Sì! Sì!».In realtà una risoluzione parlamentare a sostegno della ratifica del Mes c’era ed è su questo punto, prevedibilmente, che Conte giocherà la sua partita al giurì d’onore: il 9 dicembre 2020, Camera e Senato avevano votato una risoluzione che impegnava il governo giallorosso «a finalizzare l’accordo politico raggiunto all’Eurogruppo e all’ordine del giorno dell’Euro Summit sulla riforma del trattato del Mes».Peccato che il Parlamento impegnava anche il governo «a sostenere la profonda modifica del Patto di stabilità, la realizzazione dell’Edis (assicurazione dei depositi bancari), il superamento del Mes». «Nel M5s», dice alla Verità un autorevole esponente pentastellato, «c’era una fortissima contrarietà ad approvare la ratifica del Mes, mentre Conte voleva il via libera pur di restare in sella. Facemmo riunioni su riunioni e riuscimmo a convincere Conte a inserire il Mes in una logica di pacchetto, per placare gli animi». Se le audizioni confermeranno che Conte e Di Maio si mossero senza tener conto delle indicazioni del Parlamento, per Giuseppi la mossa del giurì potrebbe rivelarsi un autogol.Dal punto di vista politico, come dicevamo all’inizio, la freccia scagliata da Conte è diretta verso il Pd: alla domanda sulla Schlein eventuale federatrice delle opposizioni, l’ex premier risponde acidello: «Mi auguro che Elly Schlein sia la federatrice, sì», ironizza Conte, «una grande federatrice delle correnti del Partito democratico che ha proprio bisogno di fare chiarezza al proprio interno sui vari passaggi. Per quanto riguarda il M5s non abbiamo bisogno di un federatore». Da fonti del Nazareno arriva una replica piccata: «Siamo impegnati a contrastare Meloni e il suo governo, non rispondiamo agli attacchi di Giuseppe Conte».Giuseppi sogna il sorpasso: alle elezioni europee vuole (deve) superare il Pd e per farlo ha bisogno della massima ribalta mediatica, quella che può dargli solo la battaglia a viso aperto contro la Meloni. Non a caso, fino a ieri sera, nessun esponente di Fdi aveva ancora risposto a Conte: siamo al cospetto di raffinatissime strategie di comunicazione politica.
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