2021-02-27
Conte declama il «De Giuseppi» per assolversi sul disastro Covid
Giuseppe Conte (Getty images)
L'ex premier torna prof a Firenze e sciorina una lezione vacua e fintamente dotta in cui giustifica il suo operato. Intanto Beppe Grillo studia il modo di «inocularlo» nel M5s, ma le voci sulla riunione con i big grillini lo fanno infuriare. Parlateci di Bibbona, anzi no: Beppe Grillo, furioso per la fuga di notizie, fino a ieri sera non aveva né confermato né annullato ufficialmente il vertice del M5s convocato per domenica prossima nella sua casa di Marina di Bibbona, in Toscana. «Era già deciso», spiega alla Verità una fonte autorevole del M5s, «ma la notizia è uscita e Beppe si è arrabbiato. Vedremo cosa succederà nelle prossime ore. In ballo c'è il tema dell'ingresso di Giuseppe Conte nel M5s». Al summit dovrebbero partecipare, oltre allo stesso Giuseppi, anche Luigi Di Maio, Roberto Fico, Vito Crimi e qualche altro big o presunto tale pentastellato. Alcune indiscrezioni aggiungono alla lista degli invitati anche Davide Casaleggio, che però smentisce: «Davide Casaleggio», fa sapere l'associazione Rousseau, «sabato e domenica parteciperà alle due nuove tappe del tour La base incontra Rousseau e non ha altri impegni previsti». A proposito di Rousseau: secondo l'Adnkronos, Casaleggio ha inviato una mail ai parlamentari italiani e europei del M5s chiedendo di mettersi in regola con i versamenti all'associazione. «Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere», scrive Grillo su Facebook, citando il filosofo Ludwig Wittgenstein. È il segnale della arrabbiatura del fondatore per la fuga di notizie sul summit in Toscana, la cui convocazione scatena la rabbia di moltissimi parlamentari: «A cosa è servito», scrive su Twitter il deputato Francesco Berti, «fare un anno di stati generali del M5s, se poi la linea cambia sui giornali o nel fine settimana a Bibbona?». In ogni caso, la giornata di ieri, per i grillini, sembra quella dedicata alla filosofia: oltre a Rousseau e Wittgenstein, spuntano anche Popper, Gadamer e addirittura Hegel. Merito di Giuseppi, che cita i tre pensatori nel fluviale, estenuante, tautologico, autocelebrativo «pippone» (il prof ci perdonerà la franchezza) mascherato da lectio con il quale ieri Conte è tornato ad affacciarsi nell'aula magna dell'ateneo fiorentino. La lezione dal titolo «Tutela della salute e salvaguardia dell'economia. Lezioni dalla pandemia» è in realtà una casalinata indigeribile, un lungo elenco dei (presunti) successi di Conte nell'affrontare la pandemia, costellato di banalità degne di un comizietto elettorale. Qualche esempio? «Era impossibile pensare di tutelare la nostra economia senza tutelare il bene primario della salute»; «Durante il periodo della pandemia è tornato prepotente il problema dei rapporti tra scienza e politica»; «Le sfide del tempo presente sono complesse e presuppongono consapevolezza della nostra missione nel mondo»; «La storia dell'Europa moderna e contemporanea è stata segnata da profonde divisioni e lacerazioni». «Quando è scoppiata la pandemia, da subito, sono riandato con la mente a pagine lette molti anni addietro, alle pagine della Peste di Camus, dei Promessi sposi di Manzoni, alle pagine di Cecità di Saramago».Potremmo andare avanti all'infinito, ma non ci sembra giusto infliggere un castigo così severo ai nostri lettori: in sostanza, Conte è tornato alla vita da docente universitario tenendo una lectio su Conte e su quanto è stato bravo a gestire la pandemia. Praticamente il De Giuseppi. Resta irrisolto il dilemma di Grillo: che ne facciamo, dell'ex premier? A quanto apprende la Verità da fonti di primissimo piano del M5s, la soluzione ancora non c'è, anche perché Conte non è iscritto al Movimento, e quindi non potrebbe neppure candidarsi per entrare a far parte del Comitato direttivo a 5 che gli iscritti hanno scelto come guida al posto del capo politico (bisogna essere iscritti da almeno 6 mesi). L'idea di catapultarlo al vertice come segretario unico o come componente del direttivo dunque dovrebbe passare attraverso una nuova modifica dello statuto. Inoltre, c'è il tema del dualismo con Luigi Di Maio, che ha riallacciato buoni rapporti con Giuseppi, ma non accetterebbe di essere un «colonnello» dell'ex premier: le nomine dei ministri e dei sottosegretari hanno ampiamente dimostrato che Giggino è al momento il dirigente pentastellato che ha maggior influenza sui parlamentari, e quindi è complicato mortificarlo in termini politici. Roberto Fico, che tra qualche mese lascerà la presidenza della Camera per candidarsi come sindaco di Napoli, da parte sua, immagina per sé un ruolo da «padre nobile», e vede di buon grado una leadership di Conte. Grande la confusione sotto le 5 stelle, dunque, mentre continua anche il braccio di ferro dei dissidenti: «È arrivata la mail», scrive su Facebook la senatrice Barbara Lezzi, «da parte del collegio dei probiviri nella quale mi si comunica la sospensione dal M5s fino a quando non sarà conclusa tutta la procedura. Ho qualche giorno di tempo per presentare le mie controdeduzioni e lo farò puntualmente ripercorrendo tutte le fasi che mi hanno condotto alla scelta di votare no al governo Draghi. Conosco lo statuto in tutte le sue parti», aggiunge la Lezzi, «conosco bene tutte le regole sottostanti alle diverse procedure e ho agito e agirò rispettando il tutto». Infine, continua la fibrillazione post-nomina dei viceministri e sottosegretari. Vito Crimi è attaccato praticamente da tutti, ma non manca chi punta il dito contro il capogruppo alla Camera, Davide Crippa, nel mirino soprattutto dei parlamentari meridionali: «Dalila Nesci e Carlo Sibilia», dice alla Verità un deputato del Sud, «sono stati indicati come sottosegretari solo e soltanto per la loro vicinanza a Crippa, senza nessun tipo di confronto».
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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