
È il favorito per sostituire Jean Pierre Mustier. È stato advisor degli spagnoli nell'operazione AbnAmro e Antonveneta, poi del Monte e della vendita di Capitalia all'istituto di piazza Gae Aulenti che ora il Mef vuol sposare a Siena.Con la crisi di governo il salvataggio del Monte dei Paschi si fa ancora più complicato, considerando che il Mef è l'azionista di controllo che deve trovare un modo per uscire dal capitale agevolando la fusione della banca con un nuovo partner privato entro la fine dell'anno. L'ipotesi Unicredit diventa sempre più impraticabile ogni giorno che passa. Ma a rendere ancora più pasticciata la situazione sono anche la scarsa trasparenza sulle strategie da parte del management del Monte e, per quanto riguarda Unicredit, il track record passato di uno dei favoriti a prendere il posto di Jean Pierre Mustier come ad dell'istituto di Piazza Gae Aulenti. Vediamo perché. E partiamo da Mps: il cda del 17 dicembre ha approvato il nuovo piano industriale firmato dall'ad Guido Bastianini senza però dare dettagli al mercato sul contenuto spiegando che lo stesso sarebbe potuto essere radicalmente modificato nel corso del confronto tra il Mef e le autorità europee. Il 12 gennaio su Repubblica sono però state pubblicate alcune anticipazioni del documento preliminare. Venerdì in tarda serata la banca ha dunque inviato un comunicato, su richiesta della Consob, per precisare che il piano strategico 2021-2025 «tiene conto della cessione della quota di maggioranza in capo al Tesoro per cui il governo si è impegnato nel 2017» e «non ipotizza una trasformazione radicale del modello operativo e dell'infrastruttura tecnologica della banca». Nulla di nuovo rispetto a quanto letto su Repubblica, insomma. Di certo, il Mef dovrà discutere il piano con la Dg Comp, per i profili antitrust relativi agli aiuti di Stato, e i vertici del Monte dovranno sottoporre alla Bce entro fine gennaio il capital plan per soddisfare un fabbisogno di capitale compreso tra i 2 e i 2,5 miliardi. Chi ci metterà i soldi? Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, sperava nell'arrivo di Unicredit in veste di cavaliere bianco e anche la Fabi, il principale sindacato dei bancari italiani guidato da Lando Sileoni, fino a ora contraria alle nozze, apre alla fusione allo scopo di dare «chiarezza» alle prospettive delle due banche e purché la fusione sia «indolore» per i lavoratori.Ma le trattative sembrano arrivate ormai a un punto morto. Anche perché l'istituto di Piazza Gae Aulenti deve ancora trovare il successore dell'ad uscente, Jean Pierre Mustier. In pole position per prendere il posto del banchiere francese al momento sembra esserci Andrea Orcel che sarebbe gradito anche all'azionista Leonardo Del Vecchio e alle Fondazioni. Un candidato perfetto: italiano ma con curriculum e contatti di caratura internazionale. Il bagaglio di esperienza di Orcel rischia però di essere ingombrante anche alla luce di possibili trattative da riavviare con il Monte. Perché il suo nome, per i senesi, resta ancora legato al peccato originale di Antonveneta: fu lui, quando ancora era presidente della divisione «global markets & investment banking» nella sede londinese di Merrill Lynch, il regista dello spezzatino di Abn Amro che consegnò la banca padovana al Banco Santander e poi nel novembre 2007 al Monte. Di cui un mese dopo, a dicembre 2007, Merrill diventò joint global coordinator dell'operazione di finanziamento collegata al blitz sulla banca veneta. L'ex presidente di Mps, Giuseppe Mussari, trattò attraverso Orcel con Emilio Botín, grande capo del Santander che aveva bisogno di denaro per acquisire con Royal bank of Scotland e Fortis l'olandese Abn Amro. Così Botín vendette a novembre del 2007 a Mussari per 9 miliardi più 7 miliardi di debiti quell'Antonveneta che solo quattro settimane prima aveva comprato proprio da Abn Amro per 6,6 miliardi. Una circostanza che, dicono nei salotti della finanza, deve aver cementato il legame tra Orcel e la famiglia Botín. Tanto che nel settembre 2018 Ana Botín, la figlia di Emilio poi diventata presidente del Santander, gli promette pubblicamente la nomina al timone del Banco spagnolo con un bonus di ingresso che le cronache dell'epoca dicono sfiorasse i 50 milioni di euro. La cosa sembra fatta, sui giornali di tutta Europa escono articoli celebrativi con il profilo di quello che qualcuno si è spinto a dipingere come «il Ronaldo dei banchieri». Peccato che il bonus promesso sia troppo alto anche per una delle banche più grandi del mondo e che, nonostante l'annuncio della Botín, la nomina non vedrà mai la luce per l'opposizione del cda. Il caso desta tale clamore che i fondi azionisti di Santander arrivano a chiedere la testa del presidente che nell'assemblea dei soci di aprile 2019 è costretta a riconoscere l'errore e scusarsi pubblicamente. Quanto a Orcel, scatena un contenzioso legale ancora aperto che si concretizza nella richiesta di 112 milioni di risarcimento alla banca iberica. Se la scelta finale ricadrà su di lui, il banchiere romano lavorerebbe al fianco del presidente Pier Carlo Padoan (ancora in pectore perché la sua nomina deve essere approvata dai soci nell'assemblea di primavera) dal passato altrettanto ingombrante perché sotto di lui il Mef ha preso il controllo di Rocca Salimbeni con la ricapitalizzazione precauzionale e l'istituto è diventato il «Monte di Stato». L'arrivo di Padoan in Unicredit è stato per questo letto da molti osservatori come prodromico al matrimonio con quel Monte di cui il Tesoro non sa che fare, stretto tra le promesse fatte all'Europa e un'operazione di mercato che al momento non esiste. Bisogna però evitare che Mps sia la nuova Capitalia per Unicredit, sostengono alcuni analisti. Che ricordano chi era alla guida del team financial institution group di Merrill Lynch quando da advisor consigliava l'Unicredit sull'acquisto di Capitalia: Andrea Orcel.
Greta Thunberg (Ansa)
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